Edizione diplomatico-interpretativa

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G. daresso
T
uttol dolor cheo mai portai
fu gioia. elagioia neente a
pol dolore. delmeo cor lasso
a cui morte socorgha. caltro no(n) uei
ormai sia ualidore. Che pria delpiac
er poco po noia. epoi po forte troppo
om dar tristore. magio conuen che
pouerta siporgha. aloritornator cha
lentratore. Adonqueo lasso inpouer
ta tornato. delpio riccho aquistato.
chemai facesse alcun delmeo parag
gio. sofferra deo cheo piu uiua adol
traggio. ditutta gente e delmeo for
sennato. non credo gia seno(n) uol mio
dannaggio.

I.

G. d'aresso
Tutto ̓ l dolor ch’eo mai portai fu gioia
e la gioia neente apo ̓ l dolore
del meo cor lasso a cui morte sochorga
c’altro non uei ormai sia validore.
Ché, pria del piacer, poco pò noia
e poi pò forte troppo om dar tristore:
magio conven che povertà si porgha
a lo ritornator, ch’a l’entratore.
Adonqu’eo lasso in povertà tornato
del pio riccho aquistato
che mai facesse alcun del meo paraggio,
sofferrà Deo ch’eo più viva ad oltraggio
di tutta gente e del meo for sennato?
Non credo già se non vol mio dannaggio.

 

 

Ailasso chemal uidi amaro amore.
lasoura natoral v(ost)ra bellessa. elonora
to piacenter piacere. etutto ben ch
en uoi somna grandessa. Euidi peg
gio il dibonaire core. cumilio lauos
tra altera altessa. enfar noi dui du(n)
core e dun uolere. percheo piu como m
ai portai ricchessa. Chalo riccor dam
or nullaltro apare. niraina po fare.
riccor como niquanto omo basso. ni
uostra par raina amore passo. don
que chil meo dolor po pareggiare.
che qual piu perde acquista inuer
me lasso.

II.

Ai lasso che mal vidi, amaro amore,
la sovra natoral vostra bellessa
e l’onorato piacenter piacere
e tutto ben ch’è ̓ n voi somna grandessa;
e vidi peggio il dibonaire core
c’umiliò la vostra altera altessa
en far noi dui d’un core e d’un volere
perch’eo più c’omo mai portai ricchessa.
Ch’a lo riccor d’amor null’altro apare,
ni raina pò  fare
riccor, como ni quanto omo basso,
ni vostra par raina amor è passo.
Donque ch’il meo dolor  pò pareggiare?
Ché qual più perde acquista in ver me lasso.

 

 

Aicon pote om chenona uita fiore.
durar contra di mal tutto for grato.
si comeo lasso ostal dogni tormento.
chese lopiu fortom fusse a(m)massato.
siforte esi coralmente indolciore. co
me doloren me gia trapassato. fora
deuita controgni argomento. come
ui lasso uiuo deuita fiore. Aimorte
uillania fai epeccato. chessi mai de
sdegnato. perche uedi morir opo mi
fora. eperchio piu souente eforte
mora. mamal tuo grado eo pur
morro forsato. delemie man seo
mei non posso ancora.

III.

Ai con pote om, che non à vita fiore,
durar contra di mal tutto for grato,
sì com’eo, lasso, ostal d’ogni tormento?
Ché se lo più fort’om fusse ammassato
sì forte e sì coralmente in dolciore,
com’è dolor en me già trapassato
fora de vita contr’ogni argomento.
Come vi lasso vivo de vita fiore?
Ai morte villania fai e peccato
che·sì m’ài desdegnato,
perché vedi morir opo mi fora
e perch’io più sovente e forte mora;
ma mal tuo grado eo pur morrò forsato
de le mie man, s’eo mei non posso ancora.

 

 

Malo piu caltro emen lasso con
forto. cheseo perdesse onor tutto e
auere. amici tutti edelemenbra
parte. simi conforteria per uita
auere. Maqui non posso poi odi
me torto. eritornato inuoi forsa
e(n)sauere. chenon fu amor meo gia
daltra parte. donque diconfortar
como podere. poi sauer non mai
uta e dolore. me pur istringie il co
re. pur conuien cheo matteggi e
sifacceo. perchom mimostra adito
edel mal meo. segabba edeo pur ui
uo a dizinore. creda mal grado d(e)l
mondo edideo.

IV.

Mal ò più c’altro e men lasso conforto
ché s’eo perdesse onor tutto e avere
amici tutti e dele menbra parte,
sì mi conforteria per vita avere;
ma qui non posso poi ò di me torto
e ritornato in voi forsa en savere
che non fu, amor meo, già d’altra parte.
Donque di confortar com’ò podere?
Poi saver non m’aiuta e dolore
me pur istringie il core,
pur convien ch’eo m’atteggi, e sì facc’eo,
perch’om mi mostra a dito e del mal meo
se gabba ed eo pur vivo a dizinore,
creda mal grado del mondo e di Deo.

 

 

Aibella gioia noia e dolor meo.
chepunto fortunal lasso fu quello.
deuostro dipartir crudel mia mor
te. che dobbro mal torno tutto meo
bello. Edeneente ildolor meo par
deo. uer chemme il uostro amor
crudele efello. cheseo torme(n)to du
na parte forte. euoi dallaltra piu
stringel chiauello. Como lapiu di
stretta innamorata. chemai fosse
aprouata. che bealtà o ualore o au
ere. po far bassomo indonnalta ca
pere. manulla deste cose en me t
rouata. donque damor coral ful
ben uolere.

V.

Ai bella gioia, noia e dolor meo
che punto fortunal, lasso, fu quello
de vostro dipartir, crudel mia morte,
che dobbro mal tornò tutto meo bello
ed è neente il dolor meo par Deo
ver’ che·m’è il vostro amor crudele e fello,
che s’eo tormento d’una parte forte
e voi dall’altra più stringe ̓ l chiavello
como la più distretta innamorata
che mai fosse aprovata;
ché bealtà o valore o avere
pò far bass’omo in donn’alta capere,
ma nulla d’este cose en me trovata
donque d’amor coral fu ̓ l ben volere.

 

 

Amor merse perdeo uiconfor
tate. eda(m)me non guardate. che
picciule permia morte dannag
gio. maper lauostra mor sensa p
araggio. eforse anche pero miri
torniate. semai tornare deggio i(n)
allegraggio.

VI.

Amor mersè, per Deo, vi confortate
ed a·me non guardate
ché picciul è per mia morte dannaggio
ma per la vostra mor sensa paraggio
e forse anche però mi ritorniate
se mai tornare deggio in allegraggio.

 

 

Amor amor piu cheueneno am
aro. non gia ben uede chiaro. chi
sse mette in poder tuo uolontero.
che primo emezo negrauozo efero.
elafine diben tuttol contraro. up
rende laude eblasmo onne miste
ro.

VII.

Amor, amor, più che veneno amaro
non già ben vede chiaro
chi·se mette in poder tuo volontero:
che primo e mezo n’è gravozo e fero
e la fine di ben tutto ̓ l contraro
u’ prende laude e blasmo onne mistero.