O, K, X, N*
Sono gli unici mss. che hanno tràdito la melodia.
Presentano un errore congiuntivo al v. 29 (vuit/wit et plain), più numerose varianti che li accomunano (p.e. ai vv. 2, 3, 14 e 23).
O presenta una certa indipendenza da KNX: innanzitutto è l'unico dei quattro ad aver conservato la strofe VI; in secondo luogo, anche la melodia di O si discosta dalle altre tre, compatte tra loro, sia per la tecnica di notazione musicale che per l'altezza delle note.
Al v. 28 c'è una diffrazione nel testo: O offre una versione singolare (nen oient) contro la lezione comune di NKX (ne voien/voient) riconducibile a un subarchetipo comune (neuoien) a cui, se la congettura di Lucilla Spetia, «n'envoient», è corretta, sarebbe mancato il titulus sul primo -e-[1].
Si possono escludere relazioni di derivazione tra i quattro mss. per via dei seguenti errori: O: presenta un'ipometria al v. 12 e un'innovazione al v. 17 (aurai). K: mancano i due envoi. N: presenta un errore singolare al v. 1 e discorda dagli altri al v. 39 (N: por ce que vs. OX: et por ce)[2]. X: ipometria al v. 9, innovazione del v. 17 (X: la mort vs. ONK: lor/leur mort); presenta inoltre alcune microvarianti individuali[3]; è il ms. più vicino a K.
Le versioni di KNX sono da considerare alla stessa altezza nello stemma, cioè derivati da un codice interposito comune, a sua volta derivato da un codice interposito comune ad O.
C, U
C ed U presentano un errore congiuntivo al v. 33 (me di) e uno al v. 27 (mains). C è il manoscritto che in tutta la tradizione presenta il più alto numero di varianti grafiche singolari; tra i manoscritti francesi è quello che innova di più, insieme a Za. Un particolare da segnalare è che gli envois di U sono state aggiunte da una mano successiva: il v. 39 e la grafia di Loweiis suggeriscono una familiarità con C, ma altri elementi lo accomunano ad O (v. 38, U: je m'an clain, O: je m'en clain).
La discordanza macroscopica tra U e C è l'ordine delle strofi V-VI. C concorda con O, mentre U concorda con Zae PS: da qui il problema di individuare l'ordine archetipico. Nessun criterio di maggioranza può venire in soccorso su questo interrogativo, poiché in ogni caso bisogna riconoscere che quest'inversione è di carattere poligenetico: se C avesse invertito l'ordine tradito dal subarchetipo, O l'avrebbe fatto autonomamente; nel caso fosse stata di U l'innovazione, O e C archetipici, PS e Za – concordanti tra loro forse in virtù di una contaminazione – avrebbero invertito le strofi in maniera autonoma.
Si può escludere che C sia stato copiato da U per via di alcune varianti individuali di U[4]; con ancora più certezza possiamo escludere che U sia stato copiato da C[5], basti notare l'innovazione al verso 28, dove C aggira agilmente il passaggio corrotto (lezione di U: formant m'aidaissent mais il ni voient grain) con forment m'amoient mais or ne m'ainme grain.
P, S, f
Del componimento conservato nella prima carta del ms. S è rimasto solo un frammento di pergamena lacerata e talmente rovinata da renderne ardua la lettura, dal v. 20 al v. 26, di cui solo i versi dal 24 al 32 sono pervenuti integralmente. Il ms. di Oxford riporta lo stesso ordine delle strofi di P, U e Za; il ms. f invece non riporta affatto le strofi V e VI.
Questi tre manoscritti sono accomunati da una tendenza alla provenzalizzazione, che in f può essere definita una vera e propria opera di traduzione[6]. Sarà sulla base di questi codici che una longeva tradizione ha annoverato Riccardo fra i trovatori[7]. Non per questo è conveniente privarsi di un'importante serie di dati utili alla costituzione del testo. Principalmente P – ed S quando conservato – ma in minor misura anche f, concordano molte volte con CU quando questi divergono da OKNX. Questo terzo ramo costituisce prezioso aiuto e permette di applicare, con il dovuto discernimento, il criterio di maggioranza o di distinguere una discordanza tra varianti da una vera e propria diffrazione.
La grande prossimità dei mss. P ed S è riscontrabile ai vv. 23, 24, 25, 26, 31, 32, 34. Carattere separativo assume invece la variante al v. 20, dove P mostra la forma provenzalizzata senher, dove S riporta sire conformemente al resto della tradizione[8], elemento che prova la tendenza autonoma di P verso l'occitano, dal momento che anche f riporta la lezione francese. Si veda anche il v. 23 e il v. 33, dove S si affianca a O e Za, (di lor) non copiando, in questo punto di difficile interpretazione, la lezione di P (de lor). Al v. 21, al contrario, è S che innova (remembra) mentre P (menbra) si mostra relativamente conforme ad f e agli altri manoscritti[9].
Nonostante la grafia e la grande autonomia di f[10], la sua vicinanza con P(S) è suggerita da diverse varianti in comune, ai vv. 3, 4, 7, 14, 16, 20, 24[11]. Infine, al v. 38, f concorda significativamente con P, in una lezione quasi certamente erronea e banalizzante: è ragionevole pensare, trovandosi di fronte alla complessa costruzione dell'envoi, che il subarchetipo di P ed f abbia aggirato il problema affidandosi a Dio: (lez. di N) vos saut et gart; Pf: sal Deus/Dieus e garde/guart.
Za
Il manoscritto di Zagabria è particolarmente problematico poiché presenta alternativamente una somiglianza con diversi gruppi di manoscritti[12]. Significative le occasioni in cui Za mostra un'affinità con OXKN dove si oppone a P(Sf)[13]; ma si potrebbe elencare anche una numerosa casistica inversa, dove Za dimostra di preferire la lezione di P(Sf), discordante da quella di OKNX[14].
Negli envois Za è decisamente orientato verso il modello di P, se non fosse per il verso 38 (Pf: sal Dieus/Deus e guart/garde; Za: vos saut, et gart) dove si omologa a OXKN: Za non condivide lo stesso subarchetipo di Pf, perché è a questo livello che si deve essere generata l'innovazione.
Il rapporto con CU è più costante: infatti quando Za si allinea con un ramo della tradizione non si discosta da CU[15]. Non mancano neanche significative varianti in cui è l'unico ms. ad essere solidale con CU, ai vv. 35 e 14, quando P ed f, OKNX e CU sono discordanti fra loro.
Questi elementi potrebbero motivare l'ipotesi di una familiarità con il ramo CU, ma ai versi 4 e 19, Za copia la versione di Pf, contro quella di CUOKNX. Inoltre è solidale con OKNX ai vv. 15, 21 e 36, dove P(Sf) e CU propongono varianti discordi. È possibile affermare dunque che Za non è legato a CU più strettamente che non lo sia a P(Sf) o OKNX.
I vv. 4 e 19 aprono una prospettiva che complica lo stemma; v. 4:
OKXN (lez. di N): | Molt ai amis |
CU (lez. di U): | Molt ai d'amis |
PfZa (lez di Za): | Pro a (ai f) d'amis |
Stando a quanto detto finora, se CU e OKNX concordano, con ottime probabilità P(Sf) presenta un'innovazione. Ma in questo caso Za concorda con Pf: non è quello che ci si aspetta. Pro è una semplice variante adiafora, ma è lezione spiccatamente provenzale[16] e può avere il significato di ‘molto’ o ‘a sufficienza’. Il corrispettivo francese preu[17] è interpretabile solo come sostantivo e l'unica traduzione possibile sarà ‘vantaggio, profitto’. In questo modo si genererà una lezione semanticamente contraddittoria: ‘ho vantaggio dagli amici, ma poveri sono i doni’. La lezione di Za istaura in ogni caso un forte legame con il gruppo PSf. Un'altra piccola variante accomuna P e Za, a d'amis (contro ai d'amis). Anziché spostare il fuoco sulla prima persona, come accade negli altri testimoni, secondo l'interpretazione più probabile[18] il verbo a crea una continuità con il soggetto in terza persona che regge i vv. 1-3.
Si osservino poi le diverse lezioni del v. 19:
OKNX (lez. di O): | N'est pas mervoille se j'ai le cuer dolant |
CU (lez. di U): | N'est pas mervelle se j'ai lo cuer dolant |
Za: | Ne me merveil s'eo hai le cor dolent |
P: | No·m merveill s'eu ai lo cor dolent (-1) |
f: | No·m meravill si g'ai lo cor dolant |
La vicinanza di Za a f, ma soprattutto a P, è evidente, così come la distanza da OKNXCU. In questi la frase ha una costruzione impersonale e mervoille/mervelle è un sostantivo, mentre in Za e Pf il merveil/merveill è un verbo coniugato alla prima persona singolare. La lezione di PfZa, che evita la cesura epica, è evidentemente deteriore.
Spetia (Riccardo, pp. 113-115) sostiene che Za si trovi a monte della famiglia OKNX e che contamini con il ramo provenzale. L'ipotesi si basa sulla lezione faut OKNXZa contro lait CU (v. 15), la quale dovrebbe essere archetipica perché simile a laissent P e laison f, che sono però lezioni evidentemente rimaneggiate. La lezione faut è perfettamente «accettabile quanto al senso» (ibid. p. 113) e l'accordo di Za con OKNX, più che indicare una parentela – per la giustificazione della quale non è tradizionalmente dirimente una variante adiafora –, sembra indicare la lezione archetipica. D'altra parte non è opportuno ritenere che ogni lezione di Za solidale con P(Sf) sia frutto di una collazione; bisognerebbe credere che tutte volte che Za segue OKNX esso non contamini con P(Sf) e crei accidentalmente l'accordo con CU; specularmente si dovrebbe credere che Za abbia contaminato ogni volta che lo troviamo solidale con P(Sf) e che, ancora per contingenza, CU abbia tràdito la stessa lezione. In questo caso i vv. 4 e 19 sarebbero un esito regolare, perché sarebbe venuta a mancare nient'altro che una coincidenza. Non lo credo tuttavia economico: l'ipotesi di collazione è possibile solo se si conferisce a Za una posizione indipendente nello stemma, risalente direttamente all'archetipo. Questo anche perché Za non si mostra mai solidale con CU quando questo innova contro P(Sf) e OKNX fra loro solidali[19]; quando CU e Za si oppongono al resto della tradizione – è il caso dei vv. 3 e 14 –, ci si trova davanti a un passaggio in cui sia P(Sf) che OKNX hanno innovato, e infatti tra loro non concordano[20].
Seppure la contaminazione sia plausibile, l'ipotesi più convincente è quella di una parentela con PSf, ma a un grado più alto. Questa parentela, suggerita dalle lezioni deteriori dei vv. 4 e 19, è confermata dall'errore al v. 31 (PSZa: Mi compaignon contro CUO: Mes compaignons) dove il contesto sintattico richiede un caso obliquo ma PSZa presentano un caso retto[21].
Allo stesso contesto culturale di S (Veneto), P (Italia centrale) – accomunati da un antecedente proveniente dall'Italia settentrionale – appartiene anche il codice miscellaneo di Zagabria, esemplato a Padova nell'ultimo quarto del XIII secolo. Con questi e con f (di Arles) condivide inoltre moltissime varianti e una traccia di provenzalizzazione al v. 20 (PZa: terra contro OKXNCU: terre) e al v. 19 (PSf: pro - Za: eo; P: eu; f: g'; CUOKXN: j'), nonché l'avverbio di negazione non[22] del v. 1, dove in francese ci si aspetterebbe il corrispettivo atono ne, lezione corretta attestata da OKXNCU, mentre è regolare in provenzale.
Inoltre, in fine di canzone Za è presenta un errore congiuntivo con P, l'ipometria del v. 41, PZa: la mere Loys. L'errore è molto facile da emendare, ed è ciò che fa f (la maire de Loys), di cui l'innovazione è palese. Il fatto che invece Za non innovi è significativo, indica una parentela con P e allontana l'ipotesi di contaminazione: un copista dedito all'innovazione come quello di Za, avendo più di un manoscritto a disposizione, non sceglierebbe mai la versione ipometra.
Al v. 23 compare l'unico caso di relativa concordanza tra Za e f, contro CUPS: questo può far nascere dubbi difficilmente risolvibili se non con l'ammettere la facile possibilità di poligenesi del verso, che si ripete quasi identico al v. 13, e nel considerare la tendenza all'inversione degli elementi della frase da parte di Za (verificabile ai vv. 7 e 33). È probabile che vi fosse una lacuna del primo elemento della frase nel subarchetipo comune a PSfZa (P: Bem, S: Ben, f: or, Za: donc)[23] e che per congettura PS abbiano generato una lezione simile a quella di CU.
Lo stemma può quindi configurarsi in questo modo[24]:
[1] Spetia, Riccardo, pp. 127-128.
della lirica trobadorica, a c. di R. Distilo, Messina, 1999 <http://trobvers.textus.org/> se ne possono contare 687 attestazioni. La forma è anche assente dai dizionari di antico francese.