Revisione di Discussione stemmatica del Sab, 02/07/2016 - 08:53

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O, K, X, N
Sono gli unici mss. che hanno tràdito la melodia.
Presentano un errore congiuntivo al v. 29 (vuit/wit et plain), più numerose varianti che li accomunano (p.e. ai vv. 2, 3, 14 e 23).
O presenta una certa indipendenza da KNX: innanzitutto è l'unico dei quattro ad aver conservato la strofe VI; in secondo luogo, anche la melodia di O si discosta dalle altre tre, compatte tra loro, sia per  la tecnica di notazione musicale che per l'altezza delle note.
Al v. 28 c'è una diffrazione nel testo: O offre una versione singolare (nen oient) contro la lezione comune di NKX (ne voien/voient) riconducibile a un subarchetipo comune (neuoien) a cui, se la congettura di Lucilla Spetia, «n'envoient», è corretta, sarebbe mancato il titulus sul primo -e-[1].
Si possono escludere relazioni di derivazione tra i quattro mss. per via dei seguenti errori: O:  presenta un'ipometria al v. 12 e un'innovazione al v. 17 (aurai). K: mancano i due envoi. N: presenta un errore singolare al v. 1 e discorda dagli altri al v. 39 (N: por ce que vs. OX: et por ce)[2]. X: ipometria al v. 9, innovazione del v. 17 (X: la mort vs. ONK: lor/leur mort); presenta inoltre alcune microvarianti individuali[3]; è il ms. più vicino a K.
Le versioni di KNX sono da considerare alla stessa altezza nello stemma, cioè derivati da un codice interposito comune, a sua volta derivato da un codice interposito comune ad O. 
 
C, U
C ed U presentano un errore congiuntivo al v. 33 (me di) e uno al v. 27 (mains). C è il manoscritto che in tutta la tradizione presenta il più alto numero di varianti grafiche singolari; tra i manoscritti francesi è quello che innova di più, insieme a Za. Un particolare da segnalare è che gli envois di U sono state aggiunte da una mano successiva: il v. 39 e la grafia di Loweiis suggeriscono una familiarità con C, ma altri elementi lo accomunano ad O (v. 38, U: je m'an clain, O: je m'en clain).
La discordanza macroscopica tra U e C è l'ordine delle strofi V-VI. C concorda con O, mentre U concorda con Za e PS: da qui il problema di individuare l'ordine archetipico. Nessun criterio di maggioranza può venire in soccorso su questo interrogativo, poiché in ogni caso bisogna riconoscere che quest'inversione è di carattere poligenetico: se C avesse invertito l'ordine tradito dal subarchetipo, O l'avrebbe fatto autonomamente; nel caso fosse stata di U l'innovazione, O e C archetipici, PS e Za – concordanti tra loro forse in virtù di una contaminazione – avrebbero invertito le strofi in maniera autonoma.
Si può escludere che C sia stato copiato da U per via di alcune varianti individuali di U[4]; con ancora più certezza possiamo escludere che U sia stato copiato da C[5], basti notare l'innovazione al verso 28, dove C aggira agilmente il passaggio corrotto (lezione di U: formant m'aidaissent mais il ni voient grain) con forment m'amoient mais or ne m'ainme grain.
       
P, S, f
Del componimento conservato nella prima carta del ms. S è rimasto solo un frammento di pergamena lacerata e talmente rovinata da renderne ardua la lettura, dal v. 20 al v. 26, di cui solo i versi dal 24 al 32 sono pervenuti integralmente. Il ms. di Oxford riporta lo stesso ordine delle strofi di P, U e Za; il ms. f invece non riporta affatto le strofi V e VI.     
Questi tre manoscritti sono accomunati da una tendenza alla provenzalizzazione, che in f può essere definita una vera e propria opera di traduzione[6]. Sarà sulla base di questi codici che una longeva tradizione ha annoverato Riccardo fra i trovatori[7]. Non per questo è conveniente privarsi di un'importante serie di dati utili alla costituzione del testo. Principalmente P – ed S quando conservato – ma in minor misura anche f, concordano molte volte con CU quando questi divergono da OKNX. Questo terzo ramo costituisce prezioso aiuto e permette di applicare, con il dovuto discernimento, il criterio di maggioranza o di distinguere una discordanza tra varianti da una vera e propria diffrazione.   
La grande prossimità dei mss. P ed S è riscontrabile ai vv. 23, 24, 25, 26, 31, 32, 34. Carattere separativo assume invece la variante al v. 20, dove P mostra la forma provenzalizzata senher, dove  S riporta sire conformemente al resto della tradizione[8], elemento che prova la tendenza autonoma di P verso l'occitano, dal momento che anche f riporta la lezione francese. Si veda anche il v. 23 e il v. 33, dove S si affianca a O e Za, (di lor) non copiando, in questo punto di difficile interpretazione, la lezione di P (de lor). Al v. 21, al contrario, è S che innova (remembra) mentre P (menbra) si mostra relativamente conforme ad f e agli altri manoscritti[9].           
Nonostante la grafia e la grande autonomia di f[10], la sua vicinanza con P(S) è suggerita da diverse varianti in comune, ai vv. 3, 4, 7, 14, 16, 20, 24[11]. Infine, al v. 38, f concorda significativamente con P, in una lezione quasi certamente erronea e banalizzante: è ragionevole pensare, trovandosi di fronte alla complessa costruzione dell'envoi, che il subarchetipo di P ed f abbia aggirato il problema affidandosi a Dio: (lez. di N) vos saut et gart; Pf: sal Deus/Dieus e garde/guart.
 
Za
Il manoscritto di Zagabria è particolarmente problematico poiché presenta alternativamente una somiglianza con diversi gruppi di manoscritti[12]. Significative le occasioni in cui Za mostra un'affinità con OXKN dove si oppone a P(Sf)[13]; ma si potrebbe elencare anche una numerosa casistica inversa, dove Za dimostra di preferire la lezione di P(Sf), discordante da quella di OKNX[14]
Negli envois Za è decisamente orientato verso il modello di P, se non fosse per il verso 38 (Pf: sal Dieus/Deus e guart/garde; Za: vos saut, et gart) dove si omologa a OXKN: Za non condivide lo stesso subarchetipo di Pf, perché è a questo livello che si deve essere generata l'innovazione.
Il rapporto con CU è più costante: infatti quando Za si allinea con un ramo della tradizione non si discosta da CU[15]. Non mancano neanche significative varianti in cui è l'unico ms. ad essere solidale con CU, ai vv. 35 e 14, quando P ed f, OKNX e CU sono discordanti fra loro.        
Questi elementi potrebbero motivare l'ipotesi di una familiarità con il ramo CU, ma ai versi 4 e 19, Za copia la versione di Pf, contro quella di CUOKNX. Inoltre è solidale con OKNX ai vv. 15, 21 e 36, dove P(Sf) e CU propongono varianti discordi. È possibile affermare dunque che Za non è legato a CU più strettamente che non lo sia a P(Sf) o OKNX.           
I vv. 4 e 19 aprono una prospettiva che complica lo stemma; v. 4:
 
 

OKXN (lez. di N): Molt ai amis
CU (lez. di U): Molt ai d'amis
PfZa (lez di Za): Pro a (ai f) d'amis
   
 

Stando a quanto detto finora, se CU e OKNX concordano, con ottime probabilità P(Sf) presenta un'innovazione. Ma in questo caso Za concorda con Pf: non è quello che ci si aspetta. Pro è una semplice variante adiafora, ma è lezione spiccatamente provenzale[16] e può avere il significato di ‘molto’ o ‘a sufficienza’. Il corrispettivo francese preu[17] è interpretabile solo come sostantivo e l'unica traduzione possibile sarà ‘vantaggio, profitto’. In questo modo si genererà una lezione semanticamente contraddittoria: ‘ho vantaggio dagli amici, ma poveri sono i doni’. La lezione di Za istaura in ogni caso un forte legame con il gruppo PSf. Un'altra piccola variante accomuna P e Za, a d'amis (contro ai d'amis). Anziché spostare il fuoco sulla prima persona, come accade negli altri testimoni, secondo l'interpretazione più probabile[18] il verbo a crea una continuità con il soggetto in terza persona che regge i vv. 1-3.
Si osservino poi le diverse lezioni del v. 19:
 

OKNX (lez. di O): N'est pas mervoille se j'ai le cuer dolant
CU (lez. di U): N'est pas mervelle se j'ai lo cuer dolant
Za: Ne me merveil s'eo hai le cor dolent
P: No·m merveill s'eu ai lo cor dolent  (-1)
f: No·m meravill si g'ai lo cor dolant
   

La vicinanza di Za a f, ma soprattutto a P, è evidente, così come la distanza da OKNXCU. In questi la frase ha una costruzione impersonale e mervoille/mervelle è un sostantivo, mentre in Za e Pf il merveil/merveill è un verbo coniugato alla prima persona singolare. La lezione di PfZa, che evita la cesura epica, è evidentemente deteriore.
Spetia (Riccardo, pp. 113-115) sostiene che Za si trovi a monte della famiglia OKNX e che contamini con il ramo provenzale. L'ipotesi si basa sulla lezione faut OKNXZa contro lait CU (v. 15), la quale dovrebbe essere archetipica perché simile a laissent P e laison f, che sono però lezioni evidentemente rimaneggiate. La lezione faut è perfettamente «accettabile quanto al senso» (ibid. p. 113) e l'accordo di Za con OKNX, più che indicare una parentela – per la giustificazione della quale non è tradizionalmente dirimente una variante adiafora –, sembra indicare la lezione archetipica. D'altra parte non è opportuno ritenere che ogni lezione di Za solidale con P(Sf) sia frutto di una collazione; bisognerebbe credere che tutte volte che Za segue OKNX esso non contamini con P(Sf) e crei accidentalmente l'accordo con CU; specularmente si dovrebbe credere che Za abbia contaminato ogni volta che lo troviamo solidale con P(Sf) e che, ancora per contingenza, CU abbia tràdito la stessa lezione. In questo caso i vv. 4 e 19 sarebbero un esito regolare, perché sarebbe venuta a mancare nient'altro che una coincidenza. Non lo credo tuttavia economico: l'ipotesi di collazione è possibile solo se si conferisce a Za una posizione indipendente nello stemma, risalente direttamente all'archetipo. Questo anche perché Za non si mostra mai solidale con CU quando questo innova contro P(Sf) e OKNX fra loro solidali[19]; quando CU e Za si oppongono al resto della tradizione – è il caso dei vv. 3 e 14 –, ci si trova davanti a un passaggio in cui sia P(Sf) che OKNX hanno innovato, e infatti tra loro non concordano[20].
Seppure la contaminazione sia plausibile, l'ipotesi più convincente è quella di una parentela con PSf, ma a un grado più alto. Questa parentela, suggerita dalle lezioni deteriori dei vv. 4 e 19, è confermata dall'errore al v. 31 (PSZa: Mi compaignon contro CUO: Mes compaignons) dove il contesto sintattico richiede un caso obliquo ma PSZa presentano un caso retto[21].
Allo stesso contesto culturale di S (Veneto), P (Italia centrale) – accomunati da un antecedente proveniente dall'Italia settentrionale – appartiene anche il codice miscellaneo di Zagabria, esemplato a Padova nell'ultimo quarto del XIII secolo. Con questi e con f (di Arles) condivide inoltre moltissime varianti e una traccia di provenzalizzazione al v. 20 (PZa: terra contro OKXNCU: terre) e al v. 19 (PSf: pro - Za: eo; P: eu; f: g'; CUOKXN: j'), nonché l'avverbio di negazione non[22] del v. 1, dove in francese ci si aspetterebbe il corrispettivo atono ne, lezione corretta attestata da OKXNCU, mentre è regolare in provenzale.    
Inoltre, in fine di canzone Za è presenta un errore congiuntivo con P, l'ipometria del v. 41, PZa: la mere Loys. L'errore è molto facile da emendare, ed è ciò che fa f (la maire de Loys), di cui l'innovazione è palese. Il fatto che invece Za non innovi è significativo, indica una parentela con P e allontana l'ipotesi di contaminazione: un copista dedito all'innovazione come quello di Za, avendo più di un manoscritto a disposizione, non sceglierebbe mai la versione ipometra.
Al v. 23 compare l'unico caso di relativa concordanza tra Za e f, contro CUPS: questo può far nascere dubbi difficilmente risolvibili se non con l'ammettere la facile possibilità di poligenesi del verso, che si ripete quasi identico al v. 13, e nel considerare la tendenza all'inversione degli elementi della frase da parte di Za (verificabile ai vv. 7 e 33). È probabile che vi fosse una lacuna del primo elemento della frase nel subarchetipo comune a PSfZa (P: Bem, S: Ben, f: or, Za: donc)[23] e che per congettura PS abbiano generato una lezione simile a quella di CU.           
Lo stemma può quindi configurarsi in questo modo[24]:
 

 
[1] Spetia, Riccardo, pp. 127-128.
[2] Autonomia grafica e microvarianti di N rispetto a OKX: vv. 1, 4, 7, 11, 15,  27, 28, 35, 39.
[3] Vv. 10, 15, 17, 22.
[4] Vv. 11, 14, 17, 20, 27, 28, 32, 33, 37, 38.
[5] Oltre alle numerose varianti singolari di C, alla grafia e alle abitudini e scelte fonetiche peculiari, si vedano anche i vv. 1, 28, 29, 33, 34.
[6] Si vedano tra i caratteri più evidenti gli ibridismi (avrant, feron, sachen, repropchemant), e i provenzalismi (adrechamens, amixs, paupres, estauc, compainhon, guap), cfr. Lezioni provenzalizzate.
[7] Per molto tempo si è sostenuto che la canzone avesse due redazioni, una francese e una provenzale. Il fondamentale contributo di L. Spetia, Riccardo, ha dimostrato l'infondatezza di tale tesi e ne ha tracciato l'origine negli scritti di Jean de Nostredame, possessore del codice provenzale f e amante non disinteressato della lirica occitanica. Riduttivo sarebbe cercare di fare una sintesi della vicenda in questa sede e si rinvia per l'intera questione all'articolo di Spetia.
[8] Che presenta la lezione sires, con il suffisso analogico -s del cas sujet.
[9] OKNXZa: membrast; f: membre; CU: menbroit/manbroit.
[10] Oltre alla lacuna, cfr. vv. 6, 9, 11, 13, 15, 18, 22, 23.
[11] Per ulteriore conferma cfr. anche vv. 2, 10, 16, 19.
[12] Per via del gran numero di varianti individuali[12] è facile osservare come non sia imparentato strettamente a nessun manoscritto. Va esclusa sia l'ipotesi che derivi direttamente da uno dei codici qui presi in considerazione, sia che abbia fatto da modello agli altri.          
[13]  Vv. 13, 16, 33, 34.
[14]  Vv. 2, 3, 4, 9, 17, 19, 22, 29, 36, 39, 40, 41.
[15] Ai vv.  9, 17, 35, 39, CU e Za concordano con P(Sf); ai vv. 13, 16, 27, 28, CU e Za concordano con il gruppo OKNX.
[16] Assente in Trouveors. Database della lirica dei trovieri, a c. di P. Canettieri e R. Distilo, 2005 <http://trouveors.textus.org/>, se non in segmenti in latino, mentre in TrobVers. Lessico e concordanze
della lirica trobadorica
, a c. di R. Distilo, Messina, 1999 <http://trobvers.textus.org/> se ne possono contare 687 attestazioni. La forma è anche assente dai dizionari di antico francese.
[17] Che è attestato in molte forme da F. Godefroy, Dictionnaire de l'ancienne langue française et de tous ses dialectes du IXe au XVe siècle - Paris, Librairie des sciences et des arts, 1937-1938: preu, prew, preut, preur, prod, proid, prot, proud, prout [...]. L'ipotesi che si tratti di un latinismo è non mi pare sostenibile in questo contesto.
[18] a può in alcuni casi essere interpretato in francese come prima persona singolare (ma non in provenzale).
[19] Vv. 5, 33, 35.
[20] Altra perplessità che suscita l'ipotesi di una collazione accurata, ma anche una contaminazione "di consultazione", è la lezione ipomentra di PZa al v. 41 (e riconducibile anche ad f, che corregge) cfr. infra.
[21] La questione è però affrontata diversamente da Lee, Nota e RS 1891, cfr. Commento, v. 31.
[22] Nel ms. Za è rappresentato da un n con titulus: Archibald (La chanson, p. 151) sciogle ne; più correttamente Spetia (Il ms. MR della Biblioteca Metropolitana di Zagabria visto da vicino, in La filologia romanza e i codici, Atti del Convegno, Messina 19-22 dicembre 1991 - Messina, Sicania Editrice, 1994, vol. I, pp. 235-272), riporta n'en (p. 254), che però sarebbe una lezione certamente erronea, sia perché non ritrova riscontro in nessun'altro dei mss., sia per il suo senso intriseco («mai prigioniero non ne dirà il proprio discorso»?); credo che l'abbreviazione vada dunque sciolta alla maniera latina - e in latino è redatto tutto il codice miscellaneo in cui è inserito il canzoniere francese di cui Ja nus hons pris è il primo componimento - e cioè non, che è appunto la lezione di Pf.
[23] Ma è anche possibile che la lacuna fosse presente già al livello dell'archetipo dal momento che CU (bien) e OKXN (je) discordano.
[24] La linea tratteggiata indica l'esistenza ipotetica di un archetipo, che si può dimostrare solo in virtù della diffrazione in absentia del v. 28 congetturata da Spetia (cfr. supra): è con una certa cautela che si può ricondurre tutta la tradizione ad un unica fonte. D'altra parte, dal momento e che tale congettura è stata giudicata favorevolmente dagli editori successivi e che in questa stessa edizione la si accetta a testo sarebbe un controsenso non accettarne anche la conseguenza (lo la premessa) logica che la diffrazione si sia generata da un testo da cui derivano tutti gli altri.