Revisione di Discussione stemmatica del Gio, 24/04/2014 - 23:41

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La tradizione del componimento del re Riccardo è complessa per la varietà delle lezioni, l'entità di innovazioni che i copisti non hanno indugiato a inserire, nonché una tendenza alla provenzalizzazione di alcuni manoscritti1. La rotrouenge, come la definisce Gennrich2, è tradita dai manoscritti O, N, K, X, Za, C, U, f, P ed S.
La maggior parte degli editori ha preso come optimus il ms. C per ovvie ragioni: i manoscritti O, N, K e X rappresentano un ramo della tradizione che si oppone a P e ad S. Za ed f riportano molte lezioni singolari. La versione di C e U, in stretta relazione fra loro, è l'indicatore della lezione corretta, a seconda che riporti la lezione di P(Sf) o di OKXN. Ma dato che le tornade di U sono state copiate da una mano diversa da quella delle coblas, C è il meno problematico. É evidente quanto questo criterio sia arbitrario, innanzi tutto perché Za gioca un ruolo simile: salvo lezioni singolari, la lezione di Za segue quasi sempre C ed U, sia che questi si allineino con OKXN che con P(Sf) (non ai vv. 4 e 19, in cui però non c'è motivo di reputare la versione di CU a priori più autorevole ). E se Za ha un elevato numero di innovazioni, anche C non si sottrae a una tale critica: a una grafia del tutto singolare si affiancano innovazioni evidenti ai vv. 28, 30 e 34; si considerino poi le numerose varianti in comune solo con U3. Dovendo indicare un codex optimus anche Za potrebbe essere scelto con gli stessi diritti di C – cosa che non disdegna Archibald4 -; lo stesso potrebbe dirsi di U, che ha anche una grafia e una propensione all'innovazione meno singolare di C o di Za, e che, se non lasciasse aperto il problema delle tornade, sarebbe stato di certo preferito a C.

- O, K, X, N.
Che OKXN siano fra loro legati è intuibile: sono gli unici che hanno tradito la melodia, sono solidali già a un livello grafico e presentano un errore congiuntivo al v. 35 (29 di C e O) (vuit/wit et plain), oltre che numerose varianti che li accomunano (p.e. ai vv. 2, 3, 14 e 23). All'interno di questo ramo si nota una certa indipendenza di O da KNX: innanzitutto è l'unico dei quattro ad aver conservato la cobla V (VI di C e O); in secondo luogo la tecnica di notazione musicale di O è di diversa natura e la melodia è discordante in alcuni luoghi significativi di cui si parlerà nell'analisi delle melodie; al v. 34 (28 di C e O) si verifica una diffrazione nel testo: O offre una versione singolare (nen oient) contro la lezione comune di NKX (ne voien/voient) riconducibile a un subarchetipo comune (neuoien) a cui, se la congettura di L. Spetia5 è corretta, sarebbe mancato il titulus sulla prima e. Una cattiva lettura, o più probabilmente un tentativo di dare un significato al passo, avrebbe generato in O questa innovazione, che lo pone a pari livello degli altri tre manoscritti. Bisogna immaginare una biforcazione dello stemma che separa O da NKX. Anche sul piano grafico e fonetico O dimostra una certa autonomia rispetto agli altri tre6. Riporta poi un errore singolare, l'ipometria del v. 12, e un'innovazione al v. 17 (aurai). É dunque evidente che O non è il modello di KXN.
Nel ms. K mancano le due tornade. Basta questo per escludere K come modello di NX.
N discorda dagli altri al v. 39, presenta un errore singolare al v.1 e si riserva un'autonomia grafica e fonetica nelle lezioni che - nel senso e nella costruzione - concordano con KX7. Infine non è possibile considerare X come modello di K e N per l'ipometria del v. 9, l'innovazione del v. 17 e per la somma delle varianti fonetiche individuali8; è il ms. più vicino a K.
Ritengo che nell'edizione di questo componimento le versioni di NKX siano da considerare alla stessa altezza nello stemma, cioè derivati da un subarchetipo comune, a sua volta derivato da un codice interposito comune ad O.

- C, U.
Oltre alle citate varianti che li accomunano, C ed U presentano un errore congiuntivo al v. 27 (33 di Ce O) (me di) e uno al v 33 (27 di C e O) (mains). C è il manoscritto che in tutta la tradizione presenta il più alto numero di varianti grafiche singolari; tra i manoscritti francesi è quello che innova di più, insieme a Za. Il copista di U, alle prese con il significato torbido dell'envoi, deve averlo reputato un'aggiunta successiva9, perché di cinque versi, di composizione metrica irregolare (due décasyllabes, un hexasyllabe, un décasyllabe, un hexasyllabe) e perché l'ultimo verso non termina con il mot-refrain «pris», ma con l'onomastico Loeys/Loweis; è possibile che il copista di K, di fronte agli stessi dubbi abbia operato in maniera analoga, e non è possibile ritenere la lacuna di qualche valore congiuntivo. La mano successiva, che copia a piccoli caratteri l'envoi in fondo al foglio, spezza la continuità del v.36, che termina al foglio seguente. Il v. 39 e la grafia di Loweiis suggeriscono una familiarità con C, ma altri elementi lo accomunano ad O (v 38, U: je m'an clain, O: je m'en clain).
La più evidente discordanza tra U e C è certamente l'ordine delle coblas V e VI. C concorda con O, mentre U concorda con Za e PS: da qui il problema di individuare l'ordine archetipico.
Nessun criterio di maggioranza può venire in soccorso su questo interrogativo, poiché in ogni caso bisogna riconoscere che quest'inversione è di carattere poligenetico: se C avesse invertito l'ordine tradito dal subarchetipo O l'avrebbe fatto autonomamente; nel caso fosse stata di U l'innovazione, O e C archetipici, PS e Za - concordanti tra loro forse in virtù di una contaminazione - avrebbero invertito le coblas in maniera autonoma.
Si può escludere che C sia stato copiato da U per via di alcune varianti individuali di U10; con ancora più certezza possiamo escludere che U sia stato copiato da C11, basti notare l'innovazione al verso 34 (28 di Ce O), dove C aggira agilmente il passaggio corrotto (lezione di U: formant m'aidaissent mais il ni voient grain) con forment m'amoient mais or ne m'ainme grain.

-PSf
Del componimento conservato nella prima carta del ms. S è rimasto solo un frammento della pergamena lacerata e talmente rovinata da renderne ardua la lettura, dal v20 al v32 (26 di C e O), di cui solo i versi dal 24 al 32 sono pervenuti integralmente. Il ms. di Oxford riporta lo stesso ordine delle coblas di P, U e Za; il ms. f invece non riporta affatto le coblas V e VI.
Questi tre manoscritti sono accomunati da una tendenza alla provenzalizzazione, che in f può essere definita una vera e propria opera di traduzione. Sarà sulla base di questi codici che una tradizione, longeva quanto falsa, ha annoverato Riccardo fra i trovatori. Non per questo è conveniente privarsi di un'importante serie di dati utili alla ricostruzione del testo. Principalmente P - ed S quando conservato - ma anche f, concordano molte volte con CU quando questi divergono da OKNX. Ciò costituisce prezioso aiuto nella ricostruzione del testo, perché disegnando un terzo ramo nello stemma si può applicare - con il dovuto discernimento - il criterio di maggioranza, o di distinguere una discordanza tra varianti da una vera e propria diffrazione. In tal caso si può risalire con molta meno incertezza alla versione che probabilmente era quella archetipica.
La grande prossimità dei mss. P ed S è riscontrabile ai vv. 23, 24, 25, 26, 31, 32.
Che non siano l'uno la copia dell'altro è deducibile dal v.20, dove P mostra la forma provenzalizzata senher, ed S riporta sire conformemente al resto della tradizione – che offre la lezione sires, con il suffisso analogico -s del cas sujet -, elemento che prova la tendenza autonoma di P verso l'occitano, dal momento che anche f riporta la lezione francese. Si veda anche il v. 23, e il 27, dove S si affianca a O e Za , (di lor) non copiando, in questo punto di difficile interpretazione, la lezione di P (de lor). Al v.21 al contrario è S che innova (remembra) mentre P (menbra) si mostra relativamente conforme ad f e agli altri manoscritti12.
f, come si è accennato, è il codice con la più spiccata tendenza al provenzale, che a volte si manifesta forgiando ibridismi (avrant, feron, sachen, repropchemant13), altre traducendo deliberatamente (adrechamens, amixs, paupres, estauc, compainhon, guap).
Nonostante la grafia e a grande autonomia di f14, la sua vicinanza con P(S) è suggerita da diverse varianti in comune, ai vv. 3, 4, 7, 14, 16, 20, 2415. Infine, al v. 38, f - propenso a leggere nel componimento allusioni religiose – concorda significativamente con P, in una lezione quasi certamente erronea – è molto probabile che il copista sia stato messo in difficoltà dal contesto sintattico, effettivamente complesso – assume un carattere banalizzante: è ragionevole pensare, trovandosi di fronte alla complessa costruzione della tornada, che il subarchetipo di P ed f abbia aggirato il problema affidandosi a Dio: (lez. di N) vos saut et gart; Pf: sal Deus/Dieus e garde/guart.

- Za

Il manoscritto di Zagabria è particolarmente problematico. Presenta alternativamente una parentela ora con OKXN ora con PS.
Per via del gran numero di varianti individuali1 è facile osservare come non sia imparentato strettamente a nessun manoscritto. Va esclusa sia l'ipotesi che derivi direttamente da uno dei codici qui presi in considerazione, sia che abbia fatto da modello agli altri.
Significative le occasioni in cui Za mostra un'affinità con OXKN opponendosi a P(Sf)2; ma si potrebbe elencare anche una numerosa casistica inversa, dove Za dimostra di preferire la lezione di P(Sf), discordante da quella di OKNX3.
Nelle tornade Za è decisamente orientato verso il modello di P, se non fosse per il verso 38 (fP: sal Dieus/Deus e guart/garde; Za: vos saut, et gart) si omologa a OXKN: dato che in questo punto l'innovazione è avvenuta nel subarchetipo di Pf, non è possibile pensare che Za abbia copiato una lezione che poi P ed f avrebbero innovato individualmente.
Il rapporto con CU è più costante: infatti quando Za si allinea con un ramo della tradizione non si discosta da CU4.
Non mancano neanche significative varianti in cui è l'unico ad essere solidale con CU, ai vv. 35 e 14, quando P ed f, OKNX e CU sono discordanti fra loro.
Questi elementi potrebbero motivare l'ipotesi di una familiarità con il ramo CU, ma ai versi 4 e 19, Za copia la versione di Pf, contro quella di CUOKNX. Inoltre è solidale con OKNX ai vv. 156, 21 e 36, dove P(Sf) e CU propongono varianti discordi. È possibile affermare dunque che Za non è legato a CU più strettamente che non lo sia a P(Sf) o OKNX.
I vv 4 e 19 aprono una prospettiva che complica lo stemma; v.4:

 

OXNK (lez. di N): Molt ai amis
CU (lez. di U): Molt ai d'amis
Za, Pf (lez di Za): Pro a d'amis

In questo caso, stando a quanto detto fin'ora, se CU e OKNX concordano, con ottime probabilità P(Sf) presenta un'innovazione. Ma Za concorda con Pf: non è quello che ci si aspetta. Due ipotesi spiegano una tale disposizione delle lezioni: l'origine poligenetica di Molt da Pro - difficilior – oppure Za ha contaminato con P(S)f .
Se l'ipotesi di una formazione poligenetica al v. 4 è forse plausibile, lo è molto meno al v.19

ONXK (lez. di O): N'est pas mervoille se j'ai le cuer dolant
CU (lez. di U): N'est pas mervelle se j'ai lo cuer dolant
Za: Ne me merveil s'eo hai le cor dolent
Pf (lez. di P): Nom merveill s'eu ai lo cor dolent

La vicinanza di Za a Pf è evidente, così come la distanza da OXKNCU. In questi la frase ha una costruzione impersonale e mervoille/mervelle è un sostantivo, mentre in Za e Pf il merveil/merveill è un verbo coniugatio alla prima persona singolare.
L. Spetia7 ritiene che Za contamini con il ramo provenzale, ricordando che non bisogna pensare alle operazioni di collazione come a casi isolati, ma come a una pratica corrente nel tardo medioevo.
D'altronde non è opportuno ritenere che ogni lezione di Za solidale con P(Sf) sia frutto di una collazione; bisognerebbe credere che, tutte volte che Za segue OXKN esso non contamini con P(Sf) e crei accidentalemente l'accordo con CU; specularmente si dovrebbe credere che ogni volta che Za è solidale con P(Sf) abbia contaminato, o che ancora per contingenza CU abbia tradito la stessa lezione: In questo caso i vv. 4 e 19 sarebbero un esito regolare, perché sarebbe venuta a mancare nient'altro che una coincidenza. Certamente non è così: l'ipotesi di collazione è possibile solo se si conferisce a Za una posizione indipendente nello stemma, risalente direttamente all'archetipo.
Questo è provato anche dal fatto che Za non si mostra mai solidale con CU quando questo innova contro P(Sf) e OKNX fra loro solidali8; quando CU e Za si oppongono al resto della tradizione – è il caso dei vv. 3 e 14 –, ci si trova davanti a un passaggio in cui sia P(Sf) che OKNX hanno innovato, e infatti tra loro non concordano9.
Seppure la contaminazione sia plausibile l'ipotesi più convincente è quella di una parentela con PSf, ma a un grado più alto. Questa parentela è confermata dall'errore al v. 25 (ZaPS: Mi compaignon contro CUO: mes compaignons): il contesto sintattico richiede un caso obliquo ma ZaPS presentano un caso retto generando un anacoluto; nonostante la lirica romanza abbondi di anacoluti la lezione è da considerare erronea perché in una frase di tale complessità (ardua anche per il lettore moderno) il copista deve aver considerato mes compaignon, ad inizio di verso e di strofe un vocativo. I manoscritti provenzali si innestano dopotutto nella tradizione inaugurata dal vocativo Companhos di ascendenza guglielmina. Diversa la retorica di Riccardo, che si rivolge sempre in modo indiretto ai compagni: Molt ai d'amis mais povre sont li don / honte y auront... (vv. 5-6), Ce sevent bien mi home et mi baron / ynglois, normant, poitevin et gascon (vv. 7-8), Ce sevent bien angevin et torain (v. 25)10. Non compare mai una seconda persona negli appelli del re, la coscienza dell'interessato sarebbe stata toccata nel momento in cui questi avrebbe sentito parlare di sé in terza persona senza troppe lusinghe. Allo stesso contesto culturale di PSf, manoscritti provenzali ma provenienti dall'area veneta, appartiene anche il codice miscellaneo di Zagabria, esemplato a Padova nell'ultimo quarto del XIII secolo. Con questi condivide non solo l'errore al v. 25 e moltissime varianti, ma anche una traccia di provenzalizzazione al v. 20 (ZaP: terra contro OKXNCU: terre) e al v. 19 (Za: eo; P: eu; f: g'; OKXNCU: j''), nonché l'avverbio di negazione non11 del v. 1 dove in francese ci si aspetterebbe il corrispettivo atono ne, lezione corretta attestata da OKXNCU, mentre è regolare in provenzale.
Inoltre in fine di canzone Za è presenta un errore congiuntivo con P, l'ipometria del verso 41, Za P: la mere Loys. L'errore è molto facile da emendare, ed è quello che fa f (la maire de Loys), di cui l'innovazione è palese. Il fatto che Za non innovi è significativo e indica una parentela con P che allontana l'ipotesi di contaminazione: un copista dedito all'innovazione come quello di Za avendo più di un manoscritto a disposizione non sceglierebbe mai la versione ipometra. L'ipotesi più economica è quindi:

1 vv. 7, 16, 18, 21, 23, 26, 27, 28, 29, 31, 32, 33, 34, 35, 38.
2vv. 13, 16, 33, 34.
3 vv. 2, 3, 4, 9, 17,19, 22, 30, 35, 39, 40, 41
4Ai vv. 9, 17, 35, 39, CU e Za concordano con P(Sf); ai vv. 13, 16, 33, 34, CU e Za concordano con il ramo OKNX
5Spetia sostiene che Za abbia corretto conort in confort: sulle mie remore a considerare conort un provenzalismo e quindi una lezione che Za avrebbe percepito come corrotta cfr. varianti di senso v.3.
6In questo verso le lezioni di P e di f sono riconducibili a quella di CU, anche se OKXN e Za riportano on me faut (lez di O) difficilior rispetto a on me lait di CU o il me laissent di P (f innova, ma scrive laison)
7 L. Spetia, «Riccardo Cuor di Leone tra oc e oïl».
8 vv. 5, 27 (33CO), 29(35CO).
9Altra perplessità che suscita l'ipotesi di una collazione accurata, ma anche una contaminazione "di consultazione", è la lezione di Za al v. 41, identica a quella di P, (e riconducibile anche ad f, che corregge): il verso è ipometro. Se Za avesse avuto un modello alternativo, non avrebbe certo scelto la lezione corrotta per terminare il componimento. Non si può tuttavia escludere un'origine poligenetica dell'errore.
10Ma numerosi potrebbero essere ancora gli esempi: quant on me faut (v. 15), mout..m'est de ma gent (v. 16), mes sires met ma terre en torment. / Sil li membrast de nostre sairement (vv. 20-21)
11Sul ms. è rappresentato da una n con titulus: Archibald (p.151) sciogle ne; più correttamente Spetia 1994 riporta n'en, che tuttavia sarebbe una lezione certamente erronea, sia perché non ritrova riscontro in nessun'altro dei mss., sia per il senso intriseco («mai prigioniero non ne dirà il proprio discorso»?); credo che l'abbreviazione vada dunque sciolta alla latina - e in latino è redatto tutto il codice miscellaneo in cui è inserito il canzoniere francese di cui Ja nus hons pris è il primo componimento - e cioè non, che appunto è la lezione di Pf.
1 Del fatto che il componimento abbia un'origine francese piuttosto che occitana, smentendo anche l'ipotesi di una doppia redazione, hanno esaustivamente trattato C. Lee («Nota sulla rotrouenge di Riccardo Cuor di Leone» in «Rivista di studi testuali», VI-VII (2004-2005) pp.139-151) e L. Spetia («Riccardo Cuor di Leone tra oc e oïl (BdT 420,2)» in «Cultura Neolatina», LVI (1996), pp. 101-155.)
2 F. Gennrich, Die altfranzösische Rotrouenge: literarhistorisch-musikwissenschaftliche Studie II - Halle, Niemeyer, 1925.
3 vv. 5, 15, 17, 23, 27 (33 di C e O29 (35 di C e O)
4 Anche se premette che la scelta è stata presa in ragione delle numerose edizioni che riportano le versioni di OXNKCU. («La chanson de captivité du roi Richard» in Epopées, légendes et miracles (“Cahiers d'études médievales, I”), Montréal- Paris, Bellarmin-Vrin, 1974, pp.149-159.)
5 "N'envoient", L. Spetia «Riccardo Cuor di Leone tra oc e oïl» pp. 127-128
6Cfr. Varianti grafiche vv. 3, 4, 5, 8, 16, 34, 38; Varianti fonetiche vv. 1, 5, 8, 10, 11, 13, 19, 20, 21, 34, 38.
7 Rispetto a NK e O: vv. 1, 4, 7, 11, 15, 33, 34, 35, 39.
8vv. 10, 15, 17, 21, 22.
9Cfr. L. Spetia, «Riccardo Cuor di Leone tra oc e oïl»
10vv. 11, 14, 17, 20, 26 (32 di C e O), 27 (33 di C e O), 33 (27 di C e O), v34 (v 28 di C e O), 37, 38.
11Oltre alle numerose varianti singolari di C, alla grafia e alle abitudini e scelte fonetiche peculiari, si vedano anche i vv.1, 28 (v34 di C e O), 30 (33 di C e O), 34 (28 di C e O), 35 (v 29 di C e O).
12OKNXZa : membrast; f:membre; CU: menbroit/manbroit
13Per una più specifica descrizione degli aspetti linguistici Cfr. L. Spetia «Riccardo Cuor di Leone tra oc e oïl» pp. 117-127
14 Oltre alla lacuna, cfr. vv. 6, 9, 11, 13, 15, 18, 22, 23,
15Per ulteriore conferma cfr. anche vv. 2, 10, 16, 19.
16 vv. 7, 16, 18, 21, 23, 26, 27, 28, 29, 31, 32, 33, 34, 35, 38
17 vv. 13, 16, 33, 34
18 vv. 2, 3, 4, 9, 17,19, 22, 30, 35, 39, 40, 41
19Ai vv. 9, 17, 35, 39, CU e Za concordano con P(Sf); ai vv. 13, 16, 33, 34, CU e Za concordano con il ramo OKNX
20Spetia sostiene che Za abbia corretto conort in confort: sulle mie remore a considerare conort un provenzalismo e quindi una lezione che Za avrebbe percepito come corrotta cfr. varianti di senso v.3.
21In questo verso le lezioni di P e di f sono riconducibili a quella di CU, anche se OKXN e Za riportano on me faut (lez di O) difficilior rispetto a on me lait di CU o il me laissent di P (f innova, ma scrive laison)
22 L. Spetia, «Riccardo Cuor di Leone tra oc e oïl»
23 vv. 5, 27 (33CO), 29(35CO).
24Altra perplessità che suscita l'ipotesi di una collazione accurata, ma anche una contaminazione "di consultazione", è la lezione di Za al v. 41, identica a quella di P, (e riconducibile anche ad f, che corregge): il verso è ipometro. Se Za avesse avuto un modello alternativo, non avrebbe certo scelto la lezione corrotta per terminare il componimento. Non si può tuttavia escludere un'origine poligenetica dell'errore.