<p class="rtejustify"><span style="font-size:11px"><a href="http://letteratura-europea/?q=laboratorio/collazione"><span style="font-size:11px"><<</span>vai alla Collazione</a> vai a Errori e Varianti>> </span><br />
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La tradizione del componimento del re Riccardo è complessa per la varietà delle lezioni, l'entità di innovazioni che i copisti non hanno indugiato a inserire, nonché una tendenza alla provenzalizzazione di alcuni manoscritti<a href="#sdfootnote1sym"><sup>1</sup></a>. La <em>rotrouenge, </em>come la definisce Gennrich<a href="#sdfootnote2sym"><sup>2</sup></a>, è tradita dai manoscritti O, N, K, X, Z<sup>a</sup>, C, U, f, P ed S.<br />
La maggior parte degli editori ha preso come <em>optimus </em>il ms. C per ovvie ragioni: i manoscritti O, N, K e X rappresentano un ramo della tradizione che si oppone a P e ad S. Z<sup>a</sup> ed f riportano molte lezioni singolari. La versione di C e U, in stretta relazione fra loro, è l'indicatore della lezione corretta, a seconda che riporti la lezione di P(Sf) o di OKXN. Ma dato che le tornade di U sono state copiate da una mano diversa da quella delle <em>coblas</em>, C è il meno problematico. É evidente quanto questo criterio sia arbitrario, innanzi tutto perché Z<sup>a</sup> gioca un ruolo simile: salvo lezioni singolari, la lezione di Z<sup>a</sup> segue quasi sempre C ed U, sia che questi si allineino con OKXN che con P(Sf) (non ai vv. 4 e 19, in cui però non c'è motivo di reputare la versione di CU <em>a priori</em> più autorevole ). E se Z<sup>a</sup> ha un elevato numero di innovazioni, anche C non si sottrae a una tale critica: a una grafia del tutto singolare si affiancano innovazioni evidenti ai vv. 28, 30 e 34; si considerino poi le numerose varianti in comune solo con U<a href="#sdfootnote3sym"><sup>3</sup></a>. Dovendo indicare un <em>codex optimus</em> anche Z<sup>a</sup> potrebbe essere scelto con gli stessi diritti di C – cosa che non disdegna Archibald<a href="#sdfootnote4sym"><sup>4</sup></a> -; lo stesso potrebbe dirsi di U, che ha anche una grafia e una propensione all'innovazione meno singolare di C o di Z<sup>a</sup>, e che, se non lasciasse aperto il problema delle tornade, sarebbe stato di certo preferito a C.<br />
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<em>- </em><em><strong>O, K, X, N.</strong></em><br />
Che OKXN siano fra loro legati è intuibile: sono gli unici che hanno tradito la melodia, sono solidali già a un livello grafico e presentano un errore congiuntivo al v. 35 (29 di C e O) (vuit/wit <em>et </em>plain), oltre che numerose varianti che li accomunano (p.e. ai vv. 2, 3, 14 e 23). All'interno di questo ramo si nota una certa indipendenza di O da KNX: innanzitutto è l'unico dei quattro ad aver conservato la <em>cobla</em> V (VI di C e O); in secondo luogo la tecnica di notazione musicale di O è di diversa natura e la melodia è discordante in alcuni luoghi significativi di cui si parlerà nell'analisi delle melodie; al v. 34 (28 di C e O) si verifica una diffrazione nel testo: O offre una versione singolare (<em>nen oient) </em>contro la lezione comune di NKX (<em>ne voien/voient) </em>riconducibile a un subarchetipo comune (<em>neuoien</em>) a cui, se la congettura di L. Spetia<a href="#sdfootnote5sym"><sup>5</sup></a> è corretta, sarebbe mancato il <em>titulus</em> sulla prima <em>e. </em>Una cattiva lettura, o più probabilmente un tentativo di dare un significato al passo, avrebbe generato in O questa innovazione, che lo pone a pari livello degli altri tre manoscritti. Bisogna immaginare una biforcazione dello stemma che separa O da NKX. Anche sul piano grafico e fonetico O dimostra una certa autonomia rispetto agli altri tre<a href="#sdfootnote6sym"><sup>6</sup></a>. Riporta poi un errore singolare, l'ipometria del v. 12, e un'innovazione al v. 17 (<em>aurai</em>). É dunque evidente che O non è il modello di KXN.<br />
Nel ms. K mancano le due tornade. Basta questo per escludere K come modello di NX.<br />
N discorda dagli altri al v. 39, presenta un errore singolare al v.1 e si riserva un'autonomia grafica e fonetica nelle lezioni che - nel senso e nella costruzione - concordano con KX<a href="#sdfootnote7sym"><sup>7</sup></a>. Infine non è possibile considerare X come modello di K e N per l'ipometria del v. 9, l'innovazione del v. 17 e per la somma delle varianti fonetiche individuali<a href="#sdfootnote8sym"><sup>8</sup></a>; è il ms. più vicino a K.<br />
Ritengo che nell'edizione di questo componimento le versioni di NKX siano da considerare alla stessa altezza nello stemma, cioè derivati da un subarchetipo comune, a sua volta derivato da un codice interposito comune ad O.<br />
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<img alt="" src="/letteratura-europea/sites/default/files/OKXN_0.JPG" style="height:201px; width:309px" /><br />
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- <em><strong>C, U. </strong></em><br />
Oltre alle citate varianti che li accomunano, C ed U presentano un errore congiuntivo al v. 27 (33 di Ce O) (<em>me di</em>) e uno al v 33 (27 di C e O) (<em>mains</em>). C è il manoscritto che in tutta la tradizione presenta il più alto numero di varianti grafiche singolari; tra i manoscritti francesi è quello che innova di più, insieme a Z<sup>a</sup>. Il copista di U, alle prese con il significato torbido dell'<em>envoi</em><em>, </em>deve averlo reputato un'aggiunta successiva<a href="#sdfootnote9sym"><sup>9</sup></a>, perché di cinque versi, di composizione metrica irregolare (due <em>décasyllabes,</em> un <em>hexasyllabe, </em>un <em>décasyllabe, </em>un <em>hexasyllabe</em>) e perché l'ultimo verso non termina con il <em>mot-refrain «pris», </em>ma con l'onomastico <em>Loeys/Loweis</em>; è possibile che il copista di K, di fronte agli stessi dubbi abbia operato in maniera analoga, e non è possibile ritenere la lacuna di qualche valore congiuntivo. La mano successiva, che copia a piccoli caratteri l'<em>envoi</em> in fondo al foglio, spezza la continuità del v.36, che termina al foglio seguente. Il v. 39 e la grafia di <em>Loweiis </em>suggeriscono una familiarità con C, ma altri elementi lo accomunano ad O (v 38, U: je <em>m'an clain, O: je m'en clain). </em><br />
La più evidente discordanza tra U e C è certamente l'ordine delle <em>coblas</em> V e VI. C concorda con O, mentre U concorda con Z<sup>a</sup> e PS: da qui il problema di individuare l'ordine archetipico.<br />
Nessun criterio di maggioranza può venire in soccorso su questo interrogativo, poiché in ogni caso bisogna riconoscere che quest'inversione è di carattere poligenetico: se C avesse invertito l'ordine tradito dal subarchetipo O l'avrebbe fatto autonomamente; nel caso fosse stata di U l'innovazione, O e C archetipici, PS e Z<sup>a</sup> - concordanti tra loro forse in virtù di una contaminazione - avrebbero invertito le <em>coblas</em> in maniera autonoma.<br />
Si può escludere che C sia stato copiato da U per via di alcune varianti individuali di U<a href="#sdfootnote10sym"><sup>10</sup></a>; con ancora più certezza possiamo escludere che U sia stato copiato da C<a href="#sdfootnote11sym"><sup>11</sup></a>, basti notare l'innovazione al verso 34 (28 di Ce O), dove C aggira agilmente il passaggio corrotto (lezione di U: <em>formant m'aidaissent mais il ni voient grain)</em> con <em>forment m'amoient mais or ne m'ainme grain</em><em>. </em><br />
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<img alt="" src="/letteratura-europea/sites/default/files/CU.JPG" style="height:100px; width:147px" /><br />
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<em><strong>-PSf </strong></em><br />
Del componimento conservato nella prima carta del ms. S è rimasto solo un frammento della pergamena lacerata e talmente rovinata da renderne ardua la lettura, dal v20 al v32 (26 di C e O), di cui solo i versi dal 24 al 32 sono pervenuti integralmente. Il ms. di Oxford riporta lo stesso ordine delle <em>coblas</em> di P, U e Z<sup>a</sup>; il ms. f invece non riporta affatto le <em>coblas</em> V e VI.<br />
Questi tre manoscritti sono accomunati da una tendenza alla provenzalizzazione, che in f può essere definita una vera e propria opera di traduzione. Sarà sulla base di questi codici che una tradizione, longeva quanto falsa, ha annoverato Riccardo fra i trovatori. Non per questo è conveniente privarsi di un'importante serie di dati utili alla ricostruzione del testo. Principalmente P - ed S quando conservato - ma anche f, concordano molte volte con CU quando questi divergono da OKNX. Ciò costituisce prezioso aiuto nella ricostruzione del testo, perché disegnando un terzo ramo nello stemma si può applicare - con il dovuto discernimento - il criterio di maggioranza, o di distinguere una discordanza tra varianti da una vera e propria diffrazione. In tal caso si può risalire con molta meno incertezza alla versione che probabilmente era quella archetipica.<br />
La grande prossimità dei mss. P ed S è riscontrabile ai vv. 23, 24, 25, 26, 31, 32.<br />
Che non siano l'uno la copia dell'altro è deducibile dal v.20, dove P mostra la forma provenzalizzata <em>senher, </em>ed S riporta <em>sire </em>conformemente al resto della tradizione – che offre la lezione <em>sires, </em>con il suffisso analogico -<em>s </em>del <em>cas sujet -</em>, elemento che prova la tendenza autonoma di P verso l'occitano, dal momento che anche f riporta la lezione francese. Si veda anche il v. 23, e il 27, dove S si affianca a O e Z<sup>a </sup>, (<em>di lor</em>) non copiando, in questo punto di difficile interpretazione, la lezione di P (<em>de lor</em>). Al v.21 al contrario è S che innova (<em>remembra</em>) mentre P (<em>menbra</em>) si mostra relativamente conforme ad f e agli altri manoscritti<a href="#sdfootnote12sym"><sup>12</sup></a>.<br />
f, come si è accennato, è il codice con la più spiccata tendenza al provenzale, che a volte si manifesta forgiando ibridismi (<em>avrant, feron, sachen, repropchemant<a href="#sdfootnote13sym"><sup>13</sup></a></em>), altre traducendo deliberatamente (<em>adrechamens, amixs, paupres, estauc, compainhon, guap</em>).<br />
Nonostante la grafia e a grande autonomia di f<a href="#sdfootnote14sym"><sup>14</sup></a>, la sua vicinanza con P(S) è suggerita da diverse varianti in comune, ai vv. 3, 4, 7, 14, 16, 20, 24<a href="#sdfootnote15sym"><sup>15</sup></a>. Infine, al v. 38, f - propenso a leggere nel componimento allusioni religiose – concorda significativamente con P, in una lezione quasi certamente erronea – è molto probabile che il copista sia stato messo in difficoltà dal contesto sintattico, effettivamente complesso – assume un carattere banalizzante: è ragionevole pensare, trovandosi di fronte alla complessa costruzione della tornada, che il subarchetipo di P ed f abbia aggirato il problema affidandosi a Dio: (lez. di N) <em>vos saut et gart; </em>Pf: <em>sal Deus/Dieus e garde/guart</em>.<br />
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<img alt="" src="/letteratura-europea/sites/default/files/PSf_0.JPG" style="height:187px; width:256px" /><br />
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- <em>Z</em><sup><em>a</em></sup><br />
Il manoscritto di Zagabria è particolarmente problematico. Presenta alternativamente una parentela ora con OKXN ora con PS.<br />
Per via del gran numero di varianti individuali<a href="#sdfootnote16sym"><sup>16</sup></a> è facile osservare come non sia imparentato strettamente a nessun manoscritto. Va esclusa sia l'ipotesi che derivi direttamente da uno dei codici qui presi in considerazione, sia che abbia fatto da modello agli altri.<br />
Significative le occasioni in cui Z<sup>a</sup> mostra un'affinità con OXKN opponendosi a P(Sf)<a href="#sdfootnote17sym"><sup>17</sup></a>; ma si potrebbe elencare anche una numerosa casistica inversa, dove Z<sup>a</sup> dimostra di preferire la lezione di P(Sf) e discordante da quella di OKNX<a href="#sdfootnote18sym"><sup>18</sup></a>. Il rapporto di Z<sup>a</sup> con P ed S è sicuramente più stretto che con f: questo offre varianti in comune con Z<sup>a</sup> e P(S) ai vv.2 e 4, ma si discosta ai vv. 9, 12, 17, 38, 39, 40, dove P(S) e Z<sup>a</sup> invece sono solidali.<br />
Nelle tornade Z<sup>a</sup> è decisamente orientato verso il modello di P, se non fosse per il verso 38 (fP: <em>sal Dieus/Deus e guart/garde</em>; Z<sup>a</sup>:<em> vos saut, et gart)</em> dove torna ad omologarsi a OXKN: dato che in questo punto l'innovazione è avvenuta nel subarchetipo di Pf, non è possibile pensare che Z<sup>a</sup> abbia copiato una lezione che poi P ed f avrebbero innovato individualmente.<br />
Il rapporto con CU è più costante: infatti quando Z<sup>a</sup> si allinea con un ramo della tradizione non si discosta da CU<a href="#sdfootnote19sym"><sup>19</sup></a>.<br />
Non mancano neanche significative varianti in cui è l'unico ad essere solidale con CU, ai vv. 3<a href="#sdfootnote20sym"><sup>20</sup></a> e 14, quando P ed f, OKNX e CU sono discordanti fra loro.<br />
Questi elementi potrebbero motivare l'ipotesi di una familiarità con il ramo CU, ma ai versi 4 e 19, Z<sup>a</sup> copia la versione di Pf, contro quella di CUOKNX. Inoltre è solidale con OKNX ai vv. 15<a href="#sdfootnote21sym"><sup>21</sup></a>, 21 e 36, dove P(Sf) e CU propongono varianti discordi. É possibile affermare dunque che Z<sup>a</sup> non è legato a CU più strettamente che non lo sia a P(Sf) o OKNX.<br />
I vv 4 e 19 aprono una prospettiva che complica lo stemma; v.4:<br />
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</p>
<table border="0" cellpadding="4" cellspacing="0" style="width:100%">
<tbody>
<tr>
<td class="rtejustify">OXNK (lez. di N):</td>
<td class="rtejustify"><em>Molt ai amis</em></td>
</tr>
<tr>
<td class="rtejustify">CU (lez. di U):</td>
<td class="rtejustify"><em>Molt ai d'amis</em></td>
</tr>
<tr>
<td class="rtejustify">Z<sup>a</sup>, Pf (lez di Z<sup>a</sup>):</td>
<td class="rtejustify"><em>Pro a d'amis</em></td>
</tr>
</tbody>
</table>
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In questo caso, stando a quanto detto fin'ora, se CU e OKNX concordano, con ottime probabilità P(Sf) presenta un'innovazione. Ma Z<sup>a</sup> concorda con Pf: non è quello che ci si aspetta. Due ipotesi spiegano una tale disposizione delle lezioni: l'origine poligenetica di <em>Molt</em> da <em>Pro</em><em> - difficilior</em> – oppure Z<sup>a</sup> ha contaminato con P(S)f .<br />
Se l'ipotesi di una formazione poligenetica al v. 4 è forse plausibile, lo è molto meno al v.19<br />
</p>
<table border="0" cellpadding="4" cellspacing="0" style="width:100%">
<tbody>
<tr>
<td class="rtejustify">ONXK (lez. di O):</td>
<td class="rtejustify">N'est pas mervoille se j'ai le cuer dolant</td>
</tr>
<tr>
<td class="rtejustify">CU (lez. di U):</td>
<td class="rtejustify">N'est pas mervelle se j'ai lo cuer dolant</td>
</tr>
<tr>
<td class="rtejustify">Z<sup>a</sup>:</td>
<td class="rtejustify">Ne me merveil s'eo hai le cor dolent</td>
</tr>
<tr>
<td class="rtejustify">Pf (lez. di P):</td>
<td class="rtejustify">Nom merveill s'eu ai lo cor dolent</td>
</tr>
</tbody>
</table>
<p class="rtejustify"><br />
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La vicinanza di Z<sup>a</sup> a Pf è evidente, così come la distanza da OXKNCU. Anche L. Spetia<a href="#sdfootnote22sym"><sup>22</sup></a> ritiene che Z<sup>a</sup> contamini, ricordando che non bisogna pensare alle operazioni di collazione come a casi isolati, ma come a una pratica corrente nel tardo medioevo.<br />
D'altronde non è opportuno ritenere che ogni lezione di Z<sup>a</sup> solidale con P(Sf) sia frutto di una collazione; bisognerebbe credere che, tutte volte che Z<sup>a</sup> segue OXKN, esso non contamini con P(Sf), e creando accidentalemente l'accordo con CU; specularmente si dovrebbe credere che ogni volta che Z<sup>a</sup> è solidale con P(Sf) abbia contaminato, o che ancora per contingenza CU abbia tradito la stessa lezione: In questo caso i vv. 4 e 19 sarebbero un esito regolare, perché sarebbe venuta a mancare nient'altro che una coincidenza. Certamente non è così: Z<sup>a</sup> necessita di essere collocato nello stemma in un ramo individuale, ed è per questo che tre famiglie si oppongono di norma ad una, suggerendo la versione archetipica e denunciando le innovazioni proprie di una sola famiglia. Questo è provato anche dal fatto che Z<sup>a</sup> non si mostra solidale con CU quando questo innova contro P(Sf) e OKNX fra loro solidali <a href="#sdfootnote23sym"><sup>23</sup></a>; quando CU e Z<sup>a</sup> si oppongono al resto della tradizione – è il caso dei vv. 3 e 14 –, ci si trova davanti a un passaggio in cui sia P(Sf) che OKNX hanno innovato, e infatti tra loro non concordano<a href="#sdfootnote24sym"><sup>24</sup></a>.<br />
Va insomma ridimensionato il peso di CU nell'economia dello stemma; questa famiglia è da considerare una testimonianza della stessa autorità di Z<sup>a</sup>, OKNX o PSf.<br />
La contaminazione di Z<sup>a</sup> con P(Sf) è plausibile, anche perché il codice presenta degli ibridismi linguistici proprie della tradizione provenzale: questa appare l'unica spiegazione per i vv. 4 e 19, che non deve però privare Z<sup>a</sup> della sua posizione, che rimanda alle radici della tradizione.<br />
Lo stemma può quindi configurarsi in questo modo:<br />
<img alt="" src="/letteratura-europea/sites/default/files/stemma_0.JPG" style="height:259px; width:376px" /><br />
</p>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote1anc">1</a> Del fatto che il componimento abbia un'origine francese piuttosto che occitana, smentendo anche l'ipotesi di una doppia redazione, hanno esaustivamente trattato C. Lee («Nota sulla <em>rotrouenge</em> di Riccardo Cuor di Leone<em>» </em>in «Rivista di studi testuali», VI-VII (2004-2005) pp.139-151) e L. Spetia («Riccardo Cuor di Leone tra oc e oïl (BdT 420,2)» in «Cultura Neolatina», LVI (1996), pp. 101-155.)</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote2anc">2</a> F. Gennrich, <em>Die altfranzösische Rotrouenge: literarhistorisch-musikwissenschaftliche Studie II</em> - Halle, Niemeyer, 1925.</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote3anc">3</a> vv. 5, 15, 17, 23, 27 (33 di C e O29 (35 di C e O)</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote4anc">4</a> Anche se premette che la scelta è stata presa in ragione delle numerose edizioni che riportano le versioni di OXNKCU. («La chanson de captivité du roi Richard» in <em>Epopées, légendes et miracles </em>(“Cahiers d'études médievales, I”), Montréal- Paris, Bellarmin-Vrin, 1974, pp.149-159.)</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote5anc">5</a> "<em>N'envoient", </em>L. Spetia «Riccardo Cuor di Leone tra oc e oïl» pp. 127-128</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote6anc">6</a>Cfr. Varianti grafiche vv. 3, 4, 5, 8, 16, 34, 38; Varianti fonetiche vv. 1, 5, 8, 10, 11, 13, 19, 20, 21, 34, 38.</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote7anc">7</a> Rispetto a NK e O: vv. 1, 4, 7, 11, 15, 33, 34, 35, 39.</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote8anc">8</a>vv. 10, 15, 17, 21, 22.</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote9anc">9</a>Cfr. L. Spetia, «Riccardo Cuor di Leone tra oc e oïl»</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote10anc">10</a>vv. 11, 14, 17, 20, 26 (32 di C e O), 27 (33 di C e O), 33 (27 di C e O), v34 (v 28 di C e O), 37, 38.</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote11anc">11</a>Oltre alle numerose varianti singolari di C, alla grafia e alle abitudini e scelte fonetiche peculiari, si vedano anche i vv.1, 28 (v34 di C e O), 30 (33 di C e O), 34 (28 di C e O), 35 (v 29 di C e O).</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote12anc">12</a>OKNXZ<sup>a</sup> : <em>membrast; </em>f<em>:membre; </em>CU: <em>menbroit/manbroit</em></div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote13anc">13</a>Per una più specifica descrizione degli aspetti linguistici Cfr. L. Spetia «Riccardo Cuor di Leone tra oc e oïl» pp. 117-127</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote14anc">14</a> Oltre alla lacuna, cfr. vv. 6, 9, 11, 13, 15, 18, 22, 23,</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote15anc">15</a>Per ulteriore conferma cfr. anche vv. 2, 10, 16, 19.</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote16anc">16</a> vv. 7, 16, 18, 21, 23, 26, 27, 28, 29, 31, 32, 33, 34, 35, 38</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote17anc">17</a> vv. 13, 16, 33, 34</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote18anc">18</a> vv. 2, 3, 4, 9, 17,19, 22, 30, 35, 39, 40, 41</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote19anc">19</a>Ai vv. 9, 17, 35, 39, CU e Z<sup>a</sup> concordano con P(Sf); ai vv. 13, 16, 33, 34, CU e Z<sup>a</sup> concordano con il ramo OKNX</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote20anc">20</a>Spetia sostiene che Z<sup>a</sup> abbia corretto <em>conort </em>in <em>confort: </em>sulle mie remore a considerare <em>conort</em> un provenzalismo e quindi una lezione che Z<sup>a</sup> avrebbe percepito come corrotta cfr. varianti di senso v.3.</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote21anc">21</a>In questo verso le lezioni di P e di f sono riconducibili a quella di CU, anche se OKXN e Z<sup>a</sup> riportano <em>on me faut </em>(lez di O) difficilior rispetto a <em>on me lait</em> di CU o <em>il me laissent</em> di P (f innova, ma scrive <em>laison</em>)</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote22anc">22</a> L. Spetia, «Riccardo Cuor di Leone tra oc e oïl»</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote23anc">23</a> vv. 5, 27 (33CO), 29(35CO).</div>
<div class="rtejustify"><a href="#sdfootnote24anc">24</a>Altra perplessità che suscita l'ipotesi di una collazione accurata, ma anche una contaminazione "di consultazione", è la lezione di Z<sup>a</sup> al v. 41, identica a quella di P, (e riconducibile anche ad f, che corregge): il verso è ipometro. Se Z<sup>a</sup> avesse avuto un modello alternativo, non avrebbe certo scelto la lezione corrotta per terminare il componimento. Non si può tuttavia escludere un'origine poligenetica dell'errore.</div>