Commento

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1. Gui d’Uissel: viene accolta la forma presente sia in rubrica sia al v.33 di A.
2. Il verso si presenta pressoché molto simile in tutti i testimoni, mancando in a2. Le varianti presenti sono di tipo grafico. In T si trova cantar: si tratta di una delle molte forme presenti nel manoscritto che rivelano la provenienza linguistica del copista a un’area centro settentrionale della penisola italiana.
3. In D è presente una lezione erronea, volgrar; due testimoni si fanno portatori di due lectiones singulares ossia E con encar in luogo di e car che incide relativamente sul significato del verso e, per questo motivo, non considerato come errore e R con il verso che conserva solo la prima e l’ultima parola, ma mantenendone intatto il senso, e riporta e volgra us y enquer tornar («e vorrei che voi tornaste ancora su ciò, su questo argomento»). In a2 il verso è ipometro.
4. Il verso manca in DHa2, testimoni affini di A, mentre negli altri è presente la forma e car, e quar. Anche se quest’ultima è la lezione maggioritaria, non si può escludere che sia dovuta alla ripetizione della formula identica al verso precedente; inoltre, essendo il significato molto simile, si preferisce comunque la lezione di A, che in molti casi risulta portare lectiones difficiliores rispetto agli altri testimoni. Quello presente in R è sicuramente errore, in quanto riporta unos a fine verso, che non si allinea allo schema rimico del componimento. Allo stesso modo si considera raisons di T.  È errore anche sabos in luogo di sabetz in T, in quanto forma non attestata.
5. Nella parte iniziale i testimoni si dividono tra ACDHa2, in cui si legge vuoill qe·m digatz e ERT in cui si legge ieu vos deman. Oltre al fatto che la lezione a testo è quella riportata dalla effettiva maggioranza dei manoscritti, ciò che è interessante è la sfumatura di significato che conferisce il vuoill: in virtù della propria posizione sociale, la Domna-  la signora, la padrona facendo maggiormente riferimento all’etimologia della parola stessa-, esige che le venga data una risposta al suo quesito, mentre la proposta degli altri testimoni, con quel deman, rimanda al domandare e sembra ridurre l’urgenza della risposta stessa.
6. Necessario l’emendamento di fracamen di A in quanto rende il verso ipometro. È stata scelta la lezione franchamen perché riportata dalla maggioranza dei testimoni, costituita da quelli appartenenti al gruppo di A e da C, molto spesso vicino a questo gruppo. Di quest’ultimo testimone sono state rifiutate le innovazioni come lo·y in comune con E, ed il son in luogo del per presente in tutti gli altri testimoni. Da notare l’utilizzo di franchamen: la parola non rimanda solo alla sincerità tout court – anche oggi si parla di una persona franca, quando parla in maniera schietta – ma all’etimologia della parola franco, cioè nobile. Dunque la nobiltà, d’animo e implicitamente anche di sangue, deve essere prerogativa fondamentale dell’amante che richiede i propri favori alla signora.
7. In R il verso è ipometro e presenta una lectio singularis. Tutti gli altri manoscritti differiscono per varianti grafiche e fonetiche.
8. Que tenon l’amador: è stata mantenuta la grafia del que con la <u> poiché in tutto il manoscritto solo questa forma si presenta scritta con tale grafia per [w]; in tutti gli altri casi, vedasi anche i qan e qier al v.6, ad esempio, si è mantenuta la grafia senza la <u> in concordanza con l’usus scribendi. Per quanto riguarda l’intera lezione, si favorisce di nuovo quella di A e il suo gruppo poiché si ritiene maggiormente pertinente al topos della lirica trobadorica e amorosa in generale, dell’amore inteso come legame, perfettamente espresso da tenon: è il dreictz, il diritto, la legge amorosa che tiene legati gli amanti.
9. Dompna Na Maria: in DE manca l’onorifico e si può supporre che il copista lo abbia percepito come una ridondanza rispetto al dompna, ma con questa omissione il verso diventa ipometro, per cui si è accolta a testo la lezione di A e degli altri. Tenssos: nonostante la maggioranza dei testimoni riporti la variante tensos – escludendo T che, come accade spesso tradisce la provenienza del centro-nord dell’Italia del suo copista, con la variante tenson – si mantiene la lezione presente in A, in quanto trattasi di una variante grafica, ammissibile per un’epoca in cui ancora non esisteva una norma grafica stabilita e universale.
11. mas aoras non puosc estar: la prima parte del verso si presenta pressoché identica in tutti i testimoni, se si esclude l’errore in T – che, tra l’altro rende il verso ipometro-mentre per la seconda parte i due gruppi si dividono: ADHa2(anche se a2riporta priesc evidente errore, ma comunque modellato sulla variante del suo gruppo di appartenenza) ha non puosc estar, mentre CERT ha la variante non aus mudar. Nessuna delle due parole in rima può essere esclusa o ritenuta erronea a priori; anche da punto di vista del significato inserito nel contesto della cobla potrebbero entrambe essere corrette (ADHa2: «ma ora non può essere che io non canti secondo le vostre richieste»; CERT: «ma ora non posso fare altro che cantare secondo le vostre richieste»). Si sceglie, dunque, di rimanere fedeli al testo base.
13. E respond eu a la: anche in questo caso i gruppi si dividono, ma la scelta è facilitata dal fatto che, mentre in ADHa2 il verso si presenta identico (a parte per en, errore di a2, modellato però in maniera evidente su eu presente negli altri), in CERT si trova un alto tasso di innovazione per ciascun testimone, in maniera sempre diversa.
17. Gui: è interessante come in T, forse per adeguarsi all’alternanza dei nomi completi degli interlocutori a inizio cobla e quindi percependo una certa incompletezza, il copista abbia scritto il nome del trovatore per intero, rendendo però allo stesso tempo il verso ipermetro e ciò convince della scorrettezza di tale operazione; in D, inoltre, compare Si, che muta totalmente di significato l’intero verso, rendendo la frase un’ipotetica.
19. e dompna pot o autreiar: i testimoni riportano lezioni da una parte molto divergenti tra di loro, dall’altra estremamente concordi. I ruoli chiave per la scelta di quali varianti potessero essere maggiormente adeguate sono stati giocati dall’alternanza pot/deu e dalla predominanza di comandar sull’unica forma autreiar.  Se si conta il per di H come un possibile errore modellato sulla forma pot, si può dire che la maggioranza dei testimoni riporti tale variante o comunque tutti quelli appartenenti al gruppo di A, più C che, come si è visto, spesso concorda con essi. Anche l’autorevolezza di quest’ultimo spinge a protendere per questa forma. È fondamentale, a tal proposito, anche la sfumatura di significato tra i due termini: la signora può, ha quindi la facoltà di scegliere se concedere i propri favori all’amante che ne fa richiesta, non deve. Il comandar crea effettivamente più problemi: in A comnadar risulta essere un semplice errore di inversione tra le lettere; per il resto, la maggioranza dei testimoni riporta tale variante, quindi sarebbe naturale accordare la correttezza a questa. Invece, di nuovo è il significato della parola a fare la differenza, autreiar rimanda all’idea dell’accordare un determinato favore, che rientra nelle prerogative della signora in virtù del ruolo che essa ricopre nel rapporto e che, come è evidente nelle coblas di Maria, vuole sottolineare e mantenere.
20. In A, c’è una lacuna all’altezza di questo verso. Solo i testimoni del gruppo CERT lo riportano. T viene scartato sia per l’errore della parola in rima, sia perché il resto delle varianti sono identiche a R ed E, quest’ultimo più autorevole. Anche le lezioni di C stavolta non sono del tutto convincenti perché il pregar sembra una ripresa di precx al verso successivo, forse nel tentativo di far quadrare maggiormente il senso del verso – e sappiamo che il copista di C fa molti interventi di questo genere sul testo-. Il deven di E non è per nulla convincente, mentre gardar di ET in luogo di esgardar di R avrebbe reso il verso ipometro. Per questi motivi la scelta è ricaduta su R.
23. I due gruppi presentano il verso con diverso ordine tra le parole. Si è scelto di seguire quello proposto da ADHa2, correggendo eu di A con la variante riportata dai restanti testimoni dello stesso gruppo, poiché sembra più corretta.
26. ADHa2 e CERT portano due lezioni diverse, ma potenzialmente corrette allo stesso modo. Si segue comunque la lezione di ADHa2.
29. ADHTa2 e CER presentano lezioni molto simili, con piccole variazioni, che incidono in maniera davvero minima sul significato del verso: e s'   esdeven di contro a e si·s deve e que l’am di contro a qu’ilh l’am. R presenta un verso ipometro per la mancanza della e iniziale ed è caratterizzato anche dalla presenza di una lectio singularis, pus; anche T, oltre a presentare il verso ipometro, presenta un errore, forse come tentativo di riprodurre, secondo la pronuncia a lui più familiare, il suono di qu’ilh l’am.
30. e·l faich e·l dich en deu far aparen: il verso appare con diverso ordine di parole tra i due gruppi, con quello accolto a testo appartenente ad ADHa2, mentre li dig e·l    fach di CERT (a scopo esemplificativo è stato scelto il verso così come si presenta in C). Si è scelto di mantenere l’ordine del testo base e dei suoi affini. Però gli affini di A presentano tali parole al plurale, mentre sono al singolare nell’altro gruppo. Anche Rieger e Audiau, autorevoli curatori di due edizioni del medesimo testo, con la scelta di A come testo base, adottano il plurale. In questo caso, invece, si è deciso di mantenere la forma al singolare perché si propone di interpretare faich e dich come due participi passati sostantivati, la cui traduzione letterale sarebbe: ciò che viene fatto e ciò che viene detto. Sembra che tutto ciò non disturbi né la sintassi né il significato dell’intero verso. A supporto di questa tesi vi è anche il fatto che soprattutto CE, testimoni ritenuti tra i più autorevoli, presentano tali forme al singolare; e che l’interpretazione di tali parole come dei semplici sostantivi plurali possa essere considerata come una lectio facilior. Altra questione si pone per en deu, anche se questa volta la scelta risulta facilitata dal fatto che gli affini di A, hanno tutti versi ipometri proprio per la mancanza di un corrispettivo di en. Tale lacuna è colmata in CERT. Non potendo però risalire alle cause della lacuna in DHa2, e non sapendo se si sarebbero allineati ad A (come del resto accade per tutte le lezioni in questo verso), si è deciso di accordarsi di nuovo al testo assunto come base. La scelta di deu, al singolare, sembra la più pertinente in quanto si ritiene che il soggetto a cui si riferisce sia sempre dompna.
31. Il verso è ipometro in A e in tutti i suoi affini. Il gruppo CERT si differenzia nella prima parte, ma con troppe varianti tra un testimone e l’altro, alcune delle quali incidono sul significato del verso in maniera rilevante. Si è deciso di rimanere fedele alla lezione di A, aggiungendo una congiunzione a inizio verso – presente in CERT- per mantenere la regola dell’isometria, caratteristica di tutta la produzione trobadorica.
37. franchamen: CERT sono caratterizzati dalla variante humilmen. Non si può escludere totalmente la sua correttezza poiché rispetta il sistema rimico, ma si preferisce comunque la lezione di A poiché, seppure il significato sia molto simile, facendo riferimento all’etimologia della parola, vi è un preciso rimando alla nobiltà, requisito essenziale nel rapporto tra amante e signora, intesa come padrona con cui replicare le dinamiche di vassallaggio tipiche della società contemporanea.
39. lo: per concordare con i verbi al verso successivo, si preferisce questa variante di CERT, in luogo di vos di DHa2.
40. e·s: si preferisce la grafia di DHa2.
41. es: la maggior parte dei testimoni concordano con questa forma. Probabilmente etz di A ne è solo una variante grafica, ma per evitare fraintendimenti con la quinta persona dello stesso verbo, si è deciso di accogliere la grafia proposta da CDEHa2.
45. il verso è ipometro in A, ma dal confronto con gli altri testimoni appare evidente l’omissione della congiunzione iniziale, e esta in luogo di estara.
47. il verso è ipometro in A, ma la lacuna può essere corretta attraverso il confronto con gli altri testimoni, così da restituire la struttura della frase disgiuntiva che inizia al v.45.
48. A è l’unico a non avere lo prima di drutz, ma ha quant, forse come tentativo di rispettare la legge dell’isometria. Per quanto il sistema metrico venga rispettato e il significato del verso non subirebbe grandi variazioni, si preferisce accogliere la lezione degli altri manoscritti, in quanto maggioritaria. Inoltre gli affini di A presentano honor in rima, mentre stavolta A concorda con CET: vista l’autorevolezza accordata soprattutto a CE, si mantiene la lezione a testo.