La lirica, con ogni probabilità, constava in origine (vd. infra) di 5 coblas doblas più una cobla singular. Ogni cobla include otto versi eptasillabi, suddivisi tra la fronte a rima incrociata, con rima a femminile e rima b maschile, e le volte a rima caudata, con rima c maschile e rima d femminile. Questa configurazione strofica è definita crotzcaudata nelle Leys d'Amors, p. 125.
Nella canzone si fa uso sistematico di rim derivatiu (per la cui definizione cfr. introduzione alla lirica J'ai une dame enamée in questo book) tra i rimanti a e b dei pedes, e di rima inclusiva e derivativa tra i rimanti c. L'architettura metrica del componimento è una delle più ricercate del canzoniere di Cuvelier.
L'estrema frammentazione della tradizione rende difficile ricostruire la consistenza originale del componimento, tramandato con una formazione strofica differente in ciascun testimone. Lo schema metrico, ad ogni modo, è certamente quello delle prime due strofi comuni a tutti i mss, eccetto a, in cui la carta che ospitava la prima parte della canzone è stata asportata. In questo ms, però, sono conservate le due coblas (segnate a I e a II), che rispettano rigorosamente lo schema metrico delle prime due stanze tràdite da COR. Le coblas in questione hanno rime differenti tra loro e, ad un primo esame, risultano singulars.
Nella terza strofe tramandata dal mss C (segnata C III) - sicuramente opera di un interpolatore - viene meno il rigoroso rispetto delle terminazioni rimiche e saltano completamente le figure etimologiche previste; le parole-rima si presentano in questa sequenza: a paroille; b affaitie; b ensignier; a travaille; c rit; c languir; d randre; d entendre.
La stessa impressione che una penna diversa dall'autore si sia cimentata in una poco riuscita opera di aggiunta ad un antigrafo incompleto, si ha davanti alle tre strofe tramandate in R (segnate R I, R II ed
R III), anch'esse unica. Si riportano qui di seguito le parole-rima: RI) a apareille; b aidier; b mestier; a dueille; c mis; c amis; d entendre; d atendre R II) a soumeille; b defenir; b venir; a nonpareille; b mourir; b; gehir; c mendre; c pendre RIII) a acueille; b point; b point; a orguille; c amis; c apris; d rendre; d emprendre. Nonostante, rispetto a C III, le rime conservino qui una certa ratio, alcune anomalie importanti inducono ad ipotizzare l'opera di un interpolatore: in R I, R II ed RIII, come in C III, salta lo schema delle prime due strofi, che prevede la rim derivatiu tra i rimanti a e b e le rime inclusive e derivative dei rimanti c. Si può osservare inoltre che, se in R I lo schema rimico è comunque rispettato, in R II il rimante b non è più -er ma -ir e la rima c scompare, mentre al suo posto torna la terminazione -ir. In R III cambia di nuovo solo la rima b (-oint). Tali irregolarità delle strofe agguntive di C ed R sono ascrivibili all'opera di interpolatori diversi che, con ogni probabilità, hanno tentato di integrare un comune antigrafo mutilo.
Tenuto conto che in a I ed a II tutti i vincoli metrici sopra esposti vengono rispettati, e che la carta asportata ospitava l'inizio della lirica, è ipotizzabile che n a si trovasse la configurazione originale e completa della lirica, formata da due coblas doblas e una strofa singola finale, dove a I sarebbe stata la seconda strofa della seconda coppia di coblas doblas ed a II la cobla singular di chiusura. Va osservato che la struttura 2+ 2 + 1 si ritrova anche nella lirica Pour la meillour qu'onques formast nature.
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Ogni testimone presenta una diversa versione della lirica. Ad ogni modo, eccetto a, da cui è stata asportata c. 97, che ospitava, secondo la tavola dei contenuti all'inizio del codice, la parte iniziale della sezione dedicata a Cuvelier, i testimoni tramandano un nucleo comune, costituito dalle prime due strofe della lirica, sul quale non sussistono divergenze testuali importanti.
La versione del ms C riporta tre strofe, le due comuni più una terza (C III), che non si può ritenere di mano dell'autore, quanto piuttosto una goffa interpolazione che non rispetta i vincoli metrici delle strofe certamente autoriali (cfr. supra); si tratta di incoerenze di natura grafica, dovute ad un copista che probabilmente ha tenuto in scarso rilievo la corrispondenza puntuale e sistematica di fonemi e grafemi; si cfr. ad es. la grafia dei rimanti: ai vv. 9 e 12 velle, engenoille; ai vv. 13 e 14 vis, esbahit; infine ai vv. 15 e 16 randre, entendre. Dagli esempi forniti si evince che il copista (o quello dell'antigrafo) rende la palatale laterale finale indistintamente con -elle e -oille; non tiene conto delle consonanti finali (-is ed -it); rende la -a- nasale indistintamente con -an o -en. é plausibile che ad opera del copista sia anche C III, dal momento che paroille viene fatto tranquillamente rimare con travaille, affaitie con enseigner, rit con con languir e deffendre con prandre. Se nel caso della stanza II le incoerenze possono essere ascritte alla distanza tra scripta e oralità, nella strofeapocrifa si ha a che fare non solo con una generale imperizia fonico-grafica, ma con vere e proprie infrazioni dei più comuni vincoli rimici
Sempre ragioni sostanzialmente metriche (vd. supra) spingono a ritenere apocrife anche le strofi tramandate da R in aggiunta al nucleo comune. La lirica, nella versione di R, consta di cinque coblas: le prime due comuni a COR e le tre apocrife - R I, R II ed R III - le quali non sono informate da alcun principio di concatenazione strofica.
Un errore congiuntivo oppone CR ad O al v. 14, dove si suppone abbia sede una rima inclusiva e derivativa; nella strofa I, infatti, pris (v. 5) rima con apris (v. 6). Avendo come riferimento un sola strofa certa - non tenendo conto, per ora, di a I e a II - si potrebbe anche ammettere la rima vis/esbahis tramandata da CR ai vv. 14 e 15. Per il v. 14, però, ogni ms riporta una lezione a sé stante: in C si legge lors me truis si esbahit (tra l'altro con -it finale anziché -is), mentre R tramanda un verso palesemente erroneo, perché ipometro: lor sui si esbahis. La lezione di O conferma invece la rima inclusiva e derivativa in quella sede, e restituisce una lezione metricamente e semanticamente corretta: lors me muir, ce m'est avis. Alla luce di tali considerazioni, sembra che solo a I ed a II, anch'esse unica come le stanze di C ed R, si mostrino coerenti con i principi metrici indicati dalle strofe originali; esse sono dunque accolte a testo, in virtù anche della preminenza data al ms a in questa edizione (cfr. introduzione generale). Non ultimo, c'è ragione di ritenere che in a sia stata tramandata la canzone nella sua configurazione strofica originale (vd. supra).
È stato scelto O come ms base per la costituzione del testo delle prime due stanze, poiché privo di aggiunte apocrife, esso tramanda inoltre l'unica variante metrica coerente al v. 14 (cfr. infra). Si è proceduto all'emendamento del testo sulla base delle lezioni degli altri due codici, e mai ope ingenii, laddove O fosse palesemente errato (come al v. 10, dove il verbo è concordato al plurale) o anche nel caso di piccoli errori che rendessero meno scorrevole il dettato della lirica (il congiuntivo in luogo dell'indicativo al v. 2 e la sostituzione di i'en con s'en al v. 9).
Il ms a costituisce un ramo a sé della tradizione di questa lirica, in quanto l'unico ad averne tramandato le due strofi finali. Nella strofe I alcune lezioni sembrano avvicinare superficialmente O e R (v. 3 OR set, C doit; v. 5 OR quant, C com ma CR il, O si); al v. 7 ogni mss restituisce una lezione leggermente diversa, che non modifica però la sostanza del verso. Nelle strofe II, invece C ed O si oppongono ad R al v. 2 (CO car, R quant), ed al v. 3 (R tramanda plourer invece di panser), mentre CR si oppongono ad O al v. 7 (CO que ne li sai raison rendre, O car ie ne sai raison rendre), ma soprattutto al v. 6, dove la fonte comune dei mss CR sembra corrotta, mentre O tramanda un verso corretto, sia sul piano metrico che contenutistico. La maggior parte delle varianti riscontrate non sono sostanziali; ai vv. 6 e 7 si trovano gli unici luoghi ove ricorrano varianti significative, in grado di suggerire possibili raggruppamenti tra mss. La grafia è di O.
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La canzone si presenta come una sorta di compendio sulla fenomenologia amorosa dal tono vagamente didascalico. Nella prima strofa Cuvelier, dopo aver posto nel verso esordiale l'insondabilità di Amore come un'assioma (Amours est une mervoille) riprende una delle questioni fondanti della lirica della Francia settentrionale, ossia l'incompatibilità di Amour e Raison, nei termini definiti, in origine, da Chrétien de Troyes, alla cui opera conducono, oltre il contenuto tematico, anche alcuni riscontri lessicali. Sebbene Chrétien faccia parte di una generazione altra, echi della sua opera si ritrovano dunque nell'opera di Cuvelier, ricco borghese di Arras, quasi un secolo dopo, dove certo gli stessi motivi hanno tutt'altro senso e valore.
Nella seconda strofe è descritta la fenomenologia amorosa, procedendo per immagini e topoi canonici ampiamente formalizzati nella tradizione, come i sospiri e l'insonnia dell'amante.
Nella strofe a I – probabilmente corrispondente alla quarta strofe nella struttura autentica – è messo in rilievo il carattere aleatorio e rischioso dell'amore: in tal senso esso è definito aventure (v. 1'); viene poi trattato il motivo della soddisfazione amorosa in eterno rimandata e dilazionata, alla base dell'etica cortese, contrapposta al godimento immediato. È l'immagine della malattia ad informare poi le scelte lessicali dell'intera stanza a III, corrispondente alla quinta strofa dell'ipotetica canzone tramandata da a. La rage, termine polisemico che denota l'emozione di una rabbia violenta, evoca, al contempo, l'idrofobia canina, dischiudendo la metafora dell'amore come patologia attraverso le immagini della guarigione e del sollievo (asouaje; asouagiés, vv. 11'-12') e della medicina (mecine, v. 15).