La canzone è composta da 5 coblas unissonans di otto versi eptasillabi ciascuna, caratterizzate da perfetta simmetria rimica e sillabica tra i pedes e le volte, con regolare alternanza di versi femminili (dispari) e maschili (pari). La lirica si distingue per l'impiego sistematico di un particolare tipo di rima detta rim derivatiu nelle Leys d'amors, pp. 112-114, per cui cfr. infra.
Lo schema sillabico ricorre in altri 6 componimenti del corpus trovierico, tra cui una pastorella, un virelai ed una chanson pieuse, tutte anonime; poi in un jeu-parti di Thibaut de Champagne e una canzone di Gace Brulé, ma in nessuno di questi lo schema rimico è abbinato allo stesso schema sillabico utilizzato da Cuvelier. La combinazione tra lo schema rimico e la strofe di otto versi eptasillabi è presente solo in una stanza del lai nel Roman de Fauvel, ad opera di Chaillou de Pestain, autore posteriore a Cuvelier.
Si segnala la figura etimologica tra i rimanti dei vv. 9 ed 11 (esgardee; gardee) e tra quelli dei vv. 10-12 (esgarder; garder).
La scelta dei contenuti, più che altrove, è subordinata all'architettura metrica; d'altra parte, all'altezza cronologica in cui opera Cuvelier, i poeti d'Oїl dispongono di un repertorio tematico e lessicale ben consolidato da cui attingere e, nella lirica, appare evidente come espressioni fisse e motivi stereotipi siano integrati in una rete in cui l'uno richiama l'altro ed in cui ogni topos implica potenzialmente tutti gli altri. Ne consegue che, nell'esiguo spazio di una canzone di cinque stanze, il troviero può agevolmente toccare molti degli argomenti salienti dell'amor cortese, conservando ampio margine di manovra sul fronte metrico e rimico.
Nei pedes della prima strofe sono concentrate le topiche della richiesta d'amore (v. 2) e quella dell'attenzione alla reputazione della dama (vv. 3-4) mentre, nelle volte, il motivo del cuore separato dal corpo è trattato attraverso il lessico metaforico del mondo feudale.
Il topos dell'amore che passa dagli occhi e quello del cuore personificato occupano rispettivamente le volte della seconda strofe.
Nel primo piede della terza strofa si insiste sul pensiero fisso ed esclusivo che l'amante rivolge alla donna e, nel secondo, quello dell'amante pronto a sopportare qualunque pena pur di non desistere dal servizio d'amore. Nelle volte il motivo dell'amore come malattia è sviluppato attraverso la figura dell'antitesi, che, nella tradizione trovierica, gli è quasi consustanziale.
Nella penultima stanza la figura della dama è tratteggiata attraverso un breve commento panegiristico, secondo i cliché più consumati della tradizione. Nella seconda parte della strofa il troviero, attraverso un'espressione ottativa, che costituisce l'apice patetico della canzone, si augura di riuscire ad affrontare il suo stato d'animo penoso senza morirne, poiché, finché rimarrà vivo, sarà in balia dell'amata.
L'attitudine deferente alla figura ieratica della dama, a cui il troviero non può che anelare da lontano, lascia spazio, nell'ultima strofa, all'intonazione più confidenziale dell'apostrofe diretta; cionondimeno, se ne continuano ad enumerare le doti attraverso formule stereotipe come quella della dama bele et boine e de tous biens garnie (vv. 36-37), o quella della dama lodata da tutti (v. 34).
Il ventaglio della lessicale della lirica è, nel complesso, saldamente ancorato alla retorica imposta dal genere e forse anche dall'ambiente arragese della seconda metà del '200; le concordanze intertestuali più significative si sono rivelate, come per altre liriche, non tanto grazie ai termini in risalto, come le parole-rima, o comunque le parole piene, quanto a locuzioni parentetiche o moduli sintattici (si cfr. ad es. commento al v. 27 ed ai vv. 33-36).