I |
FAmi semblanza disigrande ardire. damarmi corale mente. lamia donna chui misono tuto dato. chepare chio nagia tuto ilmeo disire. ecredetelo giente. glori fichando me jngrande stato. Fate sicome apone. losauio sormonando. chelaciera guardando. louolere dentro sipuo giudichare. bene tuto rasgione. chetale chiaro re spanda. chenta chilami manda. p(er)zo chenaturale mente ildefare. |
Fa˙mi semblanza di sì grande ardire dʹamarmi coralemente la mia donna, chui mi sono tuto dato, che pare chʹio nʹagia tuto il meo disire; e credetelo, giente: glorifichando me jn grande stato, fate sì come apone lo savio, sormonando che, la ciera guardando, lo volere dentro si può giudichare. Benʹè tuto rasgione che tale chiarore spanda chentʹa chi la mi manda, per zo che naturalemente il deʹ fare. |
II |
Nome dire nonuale senza podere. piu uale ascosto bene. chagran bene pregare lomo chesimprenda. chista nel foco gia nonde uolere. chaltri dicha eglia bene. ecredalo enonque vino. Rasgione del mischino. chenon uvole palesare lasua noia. delomo colmale apo rtto. digrande giente venire. chetale lopo sentire. chelmale cha lifa tornare jngioia. |
Nome di re non vale senza podere; più vale ascosto bene, che gran bene pregare lʹomo che sʹimprenda; chi sta nel foco già non deʹ volere chʹaltri dicha :”Egli a bene” e credalo, e non quello che gli afenda: chʹaltri sentenza jl mortto. Nullʹuommo non è jndovino: rasgione del mischino che non vuole palesare la sua noia; deʹ lʹomo col male a portto di grande giente venire, ché tale lo po’ sentire che ʹl male chʹa li fa tornare jn gioia. |
III |
P(er)presgio diricheze chio nonoe. nonuo parere chio goda. dachelmio core dipena nomsipartte. selamia donna sembra chio dinoe. questo ciascheduno oda. che dio illei nonnebi anche partte. Forsse che cio chio dico. noncredete neiente. ma chio nesia diciente. adartti p(er)toreruene credenza. senolcredete dico. che dongni gra nde cosa. vegiendo lamorosa. jncharnata semblanza chema gienza. |
Per presgio di richeze chʹio non oe non voʹ parere chʹio goda, da che ʹl mio core di pena nom si partte; sʹè la mia donna sembra, chʹio dinòe questo ciascheduno oda: ched io i˙llei nonn-ebi anche partte. Forsse che ciò chʹio dico non credete neiente, ma chʹio ne sia diciente ad artti per torevene credenza; se nol˙credete, dico ched o ʹngni grande cosa vegiendo lʹamorosa, jncharnata semblanza che mʹagienza. |
IV |
PEmsando lisembianti(1) chemifacie. tanto fortte traualglio. checome matto uengno dismaruto. sospiro piango dico p(er)chelfacie. gia p(er)lei chedio ualglio. enonmidona quello chagio seruuto. Sentenzare uole soe. chelasua uista sembra. chetute le sue me mbra. siprese damore uerdime amare. senonmamasse soe. che p(er)mia dilisgione. non vorei fare chasgione. chenepotesse blasimo acquistare. |
Pemsando li sembianti che mi facie tanto fortte travalglio, che come matto vengno dismaruto: sospiro, piango, dico :”Perché ʹl facie, già per lei ched io valglio, e non mi dona quello chʹagio servuto?” Se ʹntenzare vole, soe che˙la sua vista sembra che tute le sue membra si prese dʹamore ver di me amare; se non mʹamasse, soe che per mia dilisgione non vorei fare chasgione che ne potesse blasimo acquistare. |
V |
Sj come audite acotale sono condotto. cheuiuere nemorire. nedisperare non mipo sso. loralegrare elpriorare dotto. chenomsia aluero dire. mi pare datante pene dirllo posso. Nomso chedio mi facca. nechente ramo io prenda. chemeue norisprenda. au oi donne edonzelle nencresca. tanto chedoue piacca. lamia don(n)a pregate. cagia dime pietate. esecondo rasgione gioia macresca. |
Sj come audite, a cotale sono condotto che vivere né morire, né disperare non mi posso; lo ralegrare e lʹ priorare dotto: chʹè nom sia a ʹl vero dire, mi pare da tante pene dir llo posso; nom so ched io mi facca, né chente ramo io prenda che meve no risprenda. A voi, donne e donzelle, ne ʹncresca, tanto che, dove piacca, la mia donna pregate cʹagia di me pietate e secondo rasgione gioia mʹacresca. |
NOTE:
1) In V, una i corregge una r.