I |
Nouo sauere e nouo jntendimento. nouello dimando enoua rispomsione. anuouo fatto nuouo comsilgliato. vertu nompare p(er)poco mostrame(n)to. poco di mostro da grande jntenzione. folle fa sagio presgio gua uenefoco efoco senespegne. tali cose sono laudate nomsono dengne. chelpoco foco grande sela diuora. chi troppo parlla credo jnuano lauora. |
Novo savere e novo jntendimento, novello dimando e nova rispomsione, a nuovo fatto, nuovo comsigliato: vertù nom pare per poco mostramento? Poco dimostro da grande jntenzione folle fa sagio, presgio blasmato? Dʹagua vene foco e foco se ne spegne; tali cose sono laudatʹe nom sono dengne, ché ʹl poco foco grande sela divora: chi troppo parlla, credo, jnvano lavora. |
II |
Ljlgua che diparllare molto jmbiadata. p(er)de semenza egienera maliza. souente grana lolglio jnsua ricolta. chi nonuvole presgio nona nominata. edomo largo nonama auariza. lonesto schifa lopechare tale uolta. p(er)me lodi co ep(er)uoi ueramente. chauemo gralibro fatto di1 neiente. lauia defolli se mpre seguitando. saluata rima esentenze fallando. |
Ljlgua chʹè di parllare molto jmbiadata perde semenza e gienera maliza; sovente grana lolglio in sua ricolta: chi non vuole presgio non a nominata, ed omo largo non ama avariza; lʹonesto schifa lo pechare tale volta: per me lo dico e per voi veramente chʹavemo gra˙libro fatto di neiente, la via deʹ folli sempre seguitando salvata rima e sentenze fallando. |
III |
P(er)due rasgioni lecose jntendo chare. p(er)che sono rade ouero p(er)loro uertute. madeste due laloro uia nontenete. malo contrado p(er)ciertto mi pare. afare mesione onde scole terete. poi tralelode esere uoi nonuolete. Daurile edelora sa grandiletto. poi uene lomagio chala losuo afetto. ep(er)de p(er)latroppa souerchianza. p(er)che dille etroppa abondanza. |
Per due rasgioni le cose jntendo chare: perché sono rade overo per loro vertute; ma dʹeste due la loro via non tenete, ma lo contrado, per ciertto mi pare: a fare mesione onde scole terete, poi tra le lode esere voi non volete. Dʹavrile e de lʹòra sʹa gran diletto; poi vene lo magio: chala lo suo afetto e perde per la troppa soverchianza, perché di lleʹ è troppa abondanza. |
IV |
Poi nonuintendo euoi non mintendete. cosi conuene sifalli largomonto. dalu na partte p(er)laltra aciertire. jo ui dimostro cio chemi cherete. ormio el fallo ouostre ilfallimento. cosi nomso quale sagia logradire. Vostro sengnore assai aue jmballia. chisua uertute fugie fa follia. primo secondo fermo jntrinitate. giusto tiene partte jmpura deitate. |
Poi non vʹintendo e voi non mʹintendete, così convene si falli lʹargomento da lʹuna partte per lʹaltra aciertire; jo vi dimostro ciò che mi cherete: or mio è ʹl fallo o vostrʹè il fallimento? Così nom so quale sʹagia lo gradire. Vostro sengnore assai ave jm balia; chi sua vertute fugie fa follia: primʹo secondo, fermo jn trinitate, giusto tiene partte im pura deïtate. |
NOTE:
1) In V, tra di e neiente è presente una rasura di alcune lettere, pertanto queste ultime risultano illeggibili.