Chiaro Davanzati: Rime, a cura di Aldo Menichetti

Versione stampabilePDF version

Quant'io più penso, e 'l pensier più m'incende,
e quando io mi sog<g>iorno di pensare
amore non mi lascia rechïare;
inmantenente tra<r>mi a sé s'imprende:
e vuol ch'io sia servo, ancor ch'io franco sia:                                                  5
e lungiamente io son stato servente,
di crudel' pene umìle e soferente,
voglioso di seguir tut<t>a sua via.
 
Poi al suo volere acordai lo talento,
e dipartì' quant'ho al suo piacere;                                                                 10
ciò fei in quel punto contro a mio volere:
or mi distringe ch'io sia a servimento.
Non m'asicura già di megliorare,
ed io non so quale mi sia il migliore
tra˙llui seguire ed esser servitore                                                                  15
od in mia franchitate dimorare.
 
Lasso, s'io franco met<t>omi a servag<g>io,
abiendo pena e tutor radopiando,
che me ne nasce pur dolor pensando!
E s'io lo scuso, fo contro a corag<g>io:                                                       20
però conven da me venir l'aiuto,
ch'adimandare io non ne so consiglio;
però m'avëo che qualunque eo piglio
già non mi rende gioia né saluto.
 
Ordunque, se li sag<g>i e li valenti                                                              25
hanno 'n amore la lor voglia misa,
facendone per pena non divisa,
ma seguitando tut<t>i a' suoi argomenti,
se so˙ngannati e intra li sag<g>i sono,
voglio dunque verace amor seguire;                                                             30
e, s'io n'aquisto affanno con martire,
alcun dirà di poi ch'io sïa bono.