Carte Ms. CANZONIERE V: 65r-66v
Manoscritti: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3793.
Edizioni: Chiaro Davanzati, Rime. Edizione critica con commento e glossario a cura di Aldo Menichetti, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1965 (Collezione di opere inedite o rare, 126); Concordanze della Lingua Poetica Italiana delle Origini (CLPIO), vol. I, a cura di d'Arco Silvio Avalle, Milano-Napoli, Ricciardi, 1992; A. Solimena, Repertorio metrico dei siculo-toscani, Palermo, Centro di studi filologici e linguistici siciliani, 2000; G. Gorni, Repertorio metrico della canzone italiana dalle origini al Cinquecento, Firenze, Cesati, 2008.
Quando mi membra, lassa,
sì com' già fui d'amore,
pensando alore
ben dovrïa languire,
veg<g>endo lo meo sire 5
me non guardare: e' passa
e gli oc<c>hi bassa;
mostra ch'io sia dolore.
Ma io nonn-ho valore
null'altro ma pesanza: 10
veg<g>endo la mia amanza – dipartire,
voria morire
o ritornare a la sua benenanza.
Ben voria ritornare,
quant'i' ho più potenza, 15
e met<t>ere ubidenza,
a ciò ch'io aver potesse ciò ch'io soglio;
non mi saria cordoglio
ma disïo trovare,
vogliendo conservare 20
compiuta sua piagenza.
Poi che di lui servenza
non ho, che deg<g>io fare?
Piangere e sospirare – tutavia,
o la sua segnoria 25
compiuta raquistare.
Eo raquistar non posso,
lassa, già mai diletto,
ch'io fallii 'l suo precetto:
son degna d'aver pena 30
più che donna terena.
Però è 'l meo sir mosso
sì fero ver' me adosso
che non cura meo detto:
dunqua, che ne raspetto? 35
Doglia e maninconia.
Da poi che m'ha 'n obria,
non so che deg<g>ia fare:
pianger e sospirare
tanto ch'amenderag<g>io la follia. 40
Lo mio greve follore,
lassa me dolorosa,
fu quand'io dispetosa
credea ch'egli altra amasse,
o che 'nver' me fallasse 45
lo suo verace amore:
s'io ne sento dolore
ragion'è, poi ched io ne fui vogliosa;
e s'io parto dogliosa
nonn-è già meraviglia. 50
Dunque, se s'asotiglia
di darmi malenanza,
convene con pietanza,
merzé cherendo, che 'nalzi le ciglia;
co le man' giunte avanti, 55
dolze 'l meo sir, piangendo,
umilmente cherendo
del mio fallir perdono:
e s'io colpata sono,
honne sospiri e pianti; 60
li miei dolor' son tanti
ch'io tut<t>a ardo ed incendo:
però, se voi veg<g>endo,
com' solete non fate,
ché moro in veritate, 65
s'io no ritorno a lo prencipio stato
ch'io v'ag<g>ia inamorato,
ubriando la fera niquitate.
Qvando mimembra lassa. sicome gia fui damore. pemsando alore. bene douria chi bassa. mostra chio sia dolore. Maio non(n)o ualore nullaltro mapesanza. ve giendo lamia amanza. dipartire. voria morire. oritornare alasua bene nanza. |
Bene uoria ritornare. quantio piu potenza. emetere jnubidenza. acio chio auere potesse cio chio solglio. nonmisaria cordolglio. ma disio trouare. vo gliendo comseruare. compiuta sua piagienza. poi chedillui seruenza. nono chedegio fare. piangiere esospirare. tutauia. olasua sengnoria. compiuta raquistare. |
Eo Raquistare nomposso. lassagiamai dilletto. chio falli ilsuo precietto. sono dengna dauere pena. piu che donna terena. pero elmeo sire mosso. sifero uerme adosso. chenomchura meo detto. Dumqua cheneraspetto do lglia emaninconia. dapoi chema nobria. nomso chedegia fare. piangiere sospirare. tanto chamenderagio laffollia. |
Lo mio greue follore. lassame dolorosa. fu quandio dispetosa. credea chegli altra amasse. ochenuer me fallasse. losuo ueracie amore. sio nesento dolore. rasgione poi chedio nefui uolgliosa. Esio partto dolgliosa. non(n)e gia me rauilglia. dumque sesasotilglia. didarmi male nanza. conuene compie tanza. merze cherendo che nalzi lecilglia. |
Collemani giunte auanti. dolzelmeo sire piangiendo. vmile mente cheren do. delmio fallire p(er)dono. esio colpata sono. on(n)e sospiri epianti. li miei dolori sono tanti. chio tuta ardo edingiendo. pero seuoi uegiendo. comsolete nomfate. chemoro jnueritate. sio noritorno allopremcipio stato. chio uagia jnamorato. vbriando lafera niquitate. |
I |
Qvando mimembra lassa. sicome gia fui damore. pemsando alore. bene douria chi bassa. mostra chio sia dolore. Maio non(n)o ualore nullaltro mapesanza. ve giendo lamia amanza. dipartire. voria morire. oritornare alasua bene nanza. |
Quando mi membra, lassa, sì come già fui dʹamore, pemsando alore bene dovrïa languire, vegiendo lo meo sire me non guardare: eʹ passa e gli ochi bassa; mostra chʹio sia dolore. Ma io nonn o valore nullʹaltro ma pesanza: vegiendo la mia amanza di partire, voria morire o ritornare a la sua benanza. |
II |
Bene uoria ritornare. quantio piu potenza. emetere jnubidenza. acio chio auere potesse cio chio solglio. nonmisaria cordolglio. ma disio trouare. vo gliendo comseruare. compiuta sua piagienza. poi chedillui seruenza. nono chedegio fare. piangiere esospirare. tutauia. olasua sengnoria. compiuta raquistare. |
Bene voria ritornare, quantʹiʹ o più potenza, e metere jn ubidenza, a ciò chʹio avere potesse ciò chiʹio solglio; non mi saria cordolglio ma disïo trovare, vogliendo comservare compiuta sua piagienza. Poi che di llui servenza non o, che degio fare? Piangiere e sospirare tutavia, o la sua sengnoria compiuta raquistare. |
III |
Eo Raquistare nomposso. lassagiamai dilletto. chio falli ilsuo precietto. sono dengna dauere pena. piu che donna terena. pero elmeo sire mosso. sifero uerme adosso. chenomchura meo detto. Dumqua cheneraspetto do lglia emaninconia. dapoi chema nobria. nomso chedegia fare. piangiere sospirare. tanto chamenderagio laffollia. |
Eo raquistare nom posso, lassa, gia mai dilletto, chʹio fallii ʹl suo precietto: sono dengna dʹavere pena più che donna terena. Però è ʹl meo sire mosso sì fero ver me adosso che nom chura meo detto: dumqua, che ne raspetto? Dolglia e maninconia. Da poi che mʹa ʹn obria, nom so che degia fare: pianger e sospirare tanto chʹamenderagio la ffollia. |
IV |
Lo mio greue follore. lassame dolorosa. fu quandio dispetosa. credea chegli altra amasse. ochenuer me fallasse. losuo ueracie amore. sio nesento dolore. rasgione poi chedio nefui uolgliosa. Esio partto dolgliosa. non(n)e gia me rauilglia. dumque sesasotilglia. didarmi male nanza. conuene compie tanza. merze cherendo che nalzi lecilglia. |
Lo mio greve follore, lassa me dolorosa, fu quandʹio dispetosa credea chʹegli altra amasse, o che ʹnverʹ me fallasse lo suo veracie amore: sʹio ne sento dolore rasgionʹè, poi ched io ne fui volgliosa; e sʹio partto dolgliosa nonn-è già meravilglia. Dumque, se sʹasotilglia di darmi malenanza, convene com pietanza merzé cherendo, che ʹnalzi le cilglia. |
V |
Collemani giunte auanti. dolzelmeo sire piangiendo. vmile mente cheren do. delmio fallire p(er)dono. esio colpata sono. on(n)e sospiri epianti. li miei dolori sono tanti. chio tuta ardo edingiendo. pero seuoi uegiendo. comsolete nomfate. chemoro jnueritate. sio noritorno allopremcipio stato. chio uagia jnamorato. vbriando lafera niquitate. |
Co lle mani giunte avanti, dolze ʹl meo sire, piangiendo, umilemente cherendo del mio fallire perdono: e sʹio colpata sono, onne sospiri e pianti; li miei dolori sono tanti chʹio tuta ardo ed ingiendo: però, se voi vegiendo, comʹ solete nom fate ché moro jn veritate, sʹio no ritorno a llo premcipio stato chʹio vʹagia jnamorato ubriando la fera niquitate. |
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[1] https://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.3793/0173