A cura di Elena Paritchkov
BEdT 213,001
Testimoni: Guillem de Cabestaing : A 84 (234) - B 53 - C 213 - D 102 (355: al centro della sezione, ma con numero d'ordine e rubrica erasi) - E 144 - I 105bis - K 90 - R 15 (121) - T 263 - b3 55 (035a) - adesp. (la rubrica del n.133 è tarda) ma in gruppo V 99 - Guillem de Berguedan M 23 - e 150.
Metrica: a8 b8 b8 a8 c7' d8 d8 c7' (Långfors 1924, 1, p.1.). Canzone di 6 coblas di 8 versi.
Edizioni: Raynouard, Choix, 3, p.111; Hüffer 1869, 4, p.40; Långfors 1924, 1, p.1; Cots1985-86, 1, p.254.
I.
Aissi cum cel que baissa·l fuoill
e pren de las flors la genssor,
ai eu chausit en un aut bruoill
sobre totas la bellazor,
car eis Dieus, senes faillida,
la fetz de sa eissa beutat
e mandet c'ab humilitat
fos sa grans valors grazida.
II.
III.
I.
Così come colui che abbassa le foglie
e prende dei fiori il più gentile
io ho scelto in un alto boschetto
la più bella sopra tutte,
poichè proprio Dio, senza errore,
la fece della sua stessa bellezza
e comandò che con umiltà
fosse il suo gran valore gradito.
II.
Con il dolce sguardo i suoi occhi cortesi
mi hanno reso gaio e raffinato amante,
e l'amore per il quale io mi bagnavo
con l'acqua del cuore il mio volto
non fu a me rivelato;
ma ora mi fa cantare volentieri
di colei per la quale più d'uno fu gentile,
e non uno la tenne spogliata.
III.
Non dico bugie né lusinghe, come sono solito,
ma la verità, della quale ho mille garanti,
che chiunque desidera sa ciò che io voglio,
che più gaia è la lancia d'amore
che ferisce il cuore senza indugio
con il piacere amabile dell'amicizia;
ma io ho conosciuto il colpo,
che quando io più dormo mi sveglia.
IV.
Farà clemenza se mi accoglie
con pietà a dispetto della sua nobiltà,
così che io le mostri il male di cui mi dolgo
affinchè allevii il mio dolore
che ho dentro il mio cuore aperto:
Amore e Preoccupazione mi ha dato,
che del meglio mi ha fatto innamorare
che c'è da Puoi a Lerida.
V.
Il suo pregio è nobile nell'alto castello
della mia signora che ogni uomo considera la più gentile
che al mondo si veste e si spoglia:
Dio la seppe fare gentile con grazia,
così è elogiata dai prodi
là dove mostra la sua grande bellezza
e il suo pregio raffinato tanto puro
che i valenti ne sono dotati.
VI.
Tanto è gentile e dai bei modi
che mi toglie il desiderio di altri amori,
che con le buone maniere, senza alzare la voce,
le è data bellezza per merito,
e non trascura la cortesia;
che l'uso della cortese volontà
la fa senza inganni dall'inimicizia
proteggere e dagli altri pettegolezzi.
BEdT 213,001a
Testimoni: Guillem de Cabestaing : A 85 (239) - D 102 (353) - I 106 - K 90 - Giraut de Borneill C 14 - M 12 - R 84 (698) - Sg 56r - V 76 - a1 68 (44) - incipit N2 n.47 - anon (ma tra testi di Giraut) H 39 (125).
Metrica: a8 b7' a8 b7' c8 d8 d8 c8 d8 (Långfors 1924, 9., p.27). Canzone di 6 coblas di 9 versi seguite da due tornadas di rispettivamente 5 e 3 versi.
Edizioni: Kolsen 1908; Långfors 1924, 9 (ch. douteuse), p.27; Cots1985-86, 9 (Apéndice, dubbia), p.309.
I.
Nel modo più dolce in cui io so comporre una canzone,
come colui che dora e copre di stagno,
ora mi voglio cimentare, ma sono timoroso
che mi manchi il sapere.
Ma in questo modo mi piace provare
a fare una canzonetta facile,
perchè so che si canta di più ciò che è meno difficile
per questo vado pulendo il mio canto
dalle parole oscure cosicchè si apprenda facilmente.
II.
Per lungo tempo ho amato invano,
non posso fare a meno di non piangere,
e non so per quale motivo;
ma spero bene di guadagnare,
per questo io aspetto - ma mi sembra tardi! -
che colei che ho più vicina al cuore
faccia Amore tanto addolcire
che mi doni gioia; perchè non mi può vietare
che io l'ami anche se lei non mi ama.
III.
Di amare lei un anno o due
non rimpiango affatto, sebbene mi sia lontana,
che ore, giorni e tempi e stagioni
ormai Amore teme che mi manchino.
Che mai, dopo averla vista, nessun pensiero
fece in modo che non mi stesse dentro al cuore
la sua immagine, che io la vidi chiaramente
poichè lei mi fece passare attraverso gli occhi
la sua bellezza che tutto il tempo guardo.
IV.
Spesso guardo le sue fattezze,
che Amore mi tiene in grave lamento,
e non mi sembra né credo che fosse
verso qualcuno di cattiva compagnia
ma verso di me, che non la posso
disamare affatto per il danno che ne prendo;
che il dolore mi è dolce da sopportare
per quel bene che io attendo
devo ringraziare; ma non tardi!
V.
Sono volenteroso di servire lei
che almeno credo che ciò mi si convenga;
perchè in molte occasioni il servire è buono.
Ora ne ho detto troppo, mi fermo!
Che da un filo del suo mantello vaio,
se a lei fosse piacere donarmelo,
mi farebbe stare più gioioso
che neanche mai potrebbe farmi
qualsiasi altra al mondo se si coricasse con me.
VI.
Gentile amico sfortunato,
con un poco di gioia, senza combattere,
bugiardo privo di menzogne,
più ostile dell'uccello di palude,
come per essere venduto e donato
sono stato per voi e, se questo piace,
dovrei trovar pietà da voi.
Signora, dopo altro non mi vuole fare,
sopporti che vi veda e vi preghi!
VII.
Canzone, tu andrai a salutare per me
quella che mi è più vicina al cuore
e le dirai senza temere
che io ho intenzione di domare Malleon
più facilmente di un falco islandese.
VIII.
Desiderato, io so amare tanto
che meglio desidero e meglio tengo per caro
e meglio amo di ogni uomo che mai nacque.
Testimoni: Guillem de Cabestaing : D 102 (354) - H 2 (8) - adesp. (la rubrica del n.133 è tarda) ma in gruppo V 98.
Metrica: a6 b6 a6 b6 a6 c6' d6 d6 c6' (Långfors 1924, 2, p.4.). Canzone di 6 coblas di 9 versi.
Edizioni: Raynouard, Choix, 3, p.107 (su D); Hüffer 1869, 2, p.35; Långfors 1924, 2, p.4; Rossi 1983; Cots1985-86, 2, p.259.
I.
Mai avrei pensato
che io per Amore lasciassi
il godimento, né per la gioia il canto,
né che piango per la dolcezza:
bene mi tiene al suo comando
Amore che mi inizia
a molti dolci piaceri, e credo
che per vantaggio di lui mi fece
Dio e per il suo valore.
II.
Che io vada spesso lamentandomi
di colui del quale dico le lodi,
e lo vado ringraziando
quando dovrei lamentarmi,
non lo faccio per inganno.
Ma colui che Amore rende gentile
deve sopportare molte cose,
perchè in molte occasioni accade
che mal conviene che vinca il bene.
III.
Non deve lamentarsi delle sofferenze,
né esprimere il suo dolore,
né far conoscere il suo dolore,
né fare lodi del bene
dell'amica che va cambiando
invano il suo atteggiamento.
Molti nel parlare subito
non sanno da dove
vengano gioia e dispiacere.
IV.
Io non so d'amore tanto
che ne parlo senza timore,
e più ho visto che con una grande gioia
troppo riso non ha sapore
e tanti lamenti che
fingono una grande apparenza.
Per questo Amore mi governa,
così come meglio conviene,
senza biasimo e senza errori.
V.
Signora, il più raffinato amante
sono, e il miglior sofferente,
e colui che meglio omaggia
la sua donna e il suo valore.
Comandate senza riserve
per vostra conoscenza
ciò che vi starebbe bene.
Senza ciò non mi trattiene
nessuna cosa tranne il timore.
VI.
Pensare mi affligge tanto
che molte volte, quando prego,
immagino di essere davanti a voi.
Che il fresco volto
e il bel corpo ben fatto
tengo in tale ricordo che
qualsiasi altra cosa non mi sovviene.
Da questo dolce pensiero mi viene
quella stessa benevolenza.
BEdT 213,003
Testimoni: Guillem de Cabestaing : A 84 (236) - C 213 - D 103 (358) - E 143 - I 105bis - K 90 - R 96 (802) - T 261 - a2 277 (23) - b3 54 (034) - e 132 - alpha 28962, 30127 (str.6, 7) - incipit cit. Ripoll 5 - incipit (v.1-2) cit. anon. Ripoll 134 - Çirardus Q 111 (291) - Arnaut de Maroill C_ind - anon (ma dopo 213,005) H 22 (67).
Metrica: a8 a8 b8 a8 b8 b8 c8 (Långfors 1924, 3, p.6.). Canzone di 7 coblas di 7 versi seguite da 2 tornadas rispettivamente di 3 e 2 versi.
Edizioni: Raynouard, Choix, 3, p.109 (su D); Hüffer 1869, 3, p.37; Långfors 1924, 3, p.6; Richter 1976, 120-121, p.286 e 287 (ed. crit. di ~alpha); Rossi 1983a; Cots1985-86, 3, p.264.
I.
Ora vedo che siamo giunti alle giornate lunghe,
quando i fiori si dispongono sopra i tronchi,
e odo canti d'uccelli e ritornelli
tra le siepi che ha tenuto cupe
il freddo, ma ora vedo sopra le cime,
tra i fiori e i sottili rami,
ciascuno si rallegra a suo modo.
II.
Ma io gioisco e mi rallegro
per una gioia d'amore che ho nel cuore,
dal quale mi è cresciuto un dolce desiderio;
che meno che il serpente del sicomoro
me ne separerò per nessun mutevole inganno,
anzi mi sono dimentiche tutte le altre gioie
tranne l'amore dal quale raccolgo pochi beni.
III.
Da quando poi Adamo colse dall'albero
il frutto da cui tutti siamo in confusione
ad una tanto bella non diede vita Cristo:
bel corpo ben fatto, gradito e giusto,
bianco e liscio più di un'ametista;
lei è tanto bella che io ne sono triste,
perchè non la prende mai preoccupazione per me.
IV.
E non sarò mai tanto lontano
affinchè l'amore che mi infiamma e punge
se ne vada dal cuore o si laceri:
ma alle volte quando si disgiunge
si spande fuori e dentro.
Allora sono coperto, chiuso e cinto
d'amore più che l'issopo dai fiori.
V.
E amo tanto che per meno ne ha la morte troppi,
e temo che il mio giorno sia vicino,
che Amore mi è caro e io gli sono vile;
e come non mi sarebbe necessario,
perchè il fuoco che mi brucia è tale che il Nilo
non lo spegnerebbe più che un filo
sottile che dovesse sostenere una torre.
VI.
Ma io solo, lasso! Sostengo l'ardore
e la pena che mi vengono da amore
con dolci desideri, con molti danni,
e mi fa impallidire il volto.
Perciò dico che se fossi vecchio
e fossi diventato bianco come la neve,
non mi lamenterei per niente della mia donna.
VII.
Perchè le donne danno sempre valore
ai più spregevoli, rabbiosi e disgustosi:
che tali sono buoni e graditi
che se non amassero una donna
verso tutte le parti sarebbero ostili;
che io ne sono più umile con i prodi
e più orgoglioso con i malvagi.
VIII.
Giullare, non ti trattenga il caldo estivo:
vai e salutami i miei amici,
e maggiormente Raimon, perchè lui vale di più.
IX.
[Che il male mi è dolce e saporito
e il bene poco, manna di cui mi nutro]
BEdT 213,004
Testimoni: Guillem de Cabestaing : A 85 (238) - D 102 (356) - H 2 (7) - T 262 - Bernart de Ventadorn (primo testo della sezione, dopo quella di GlCabestaing) B 55 - Guillem Figueira C 249 - R 32 (268).
Metrica: a10 b10 b10 a10 c10 d10' d10' c10 (Långfors 1924, 4, p.10). Canzone di 6 coblas di 8 versi seguite da una tornada di 5 versi.
Edizioni: Hüffer 1869, 6, p.49; Levy 1880, App. II, p.63; Långfors 1924, 4, p.10; Cots1985-86, 4, p.272.
I.
Amore mi fa stare in pensiero
su come posso fare una canzone allegra
alla bella donna a cui mi abbandono e mi concedo,
che mi fece scegliere in mezzo a tutte le più gentili,
e vuole che io l'ami lealmente senza inganno,
con cuore sincero e con tutta la mia cura;
così io faccio in modo che sempre cresca e migliori
l'amore che le porto e raddoppi i miei desideri.
II.
Dolcemente mi ha saputo guarire i dolori
che mi fecero soffrire per una lunga stagione,
in modo che non avrebbe affatto motivo
di farmi qualcosa affinchè io mi rivolgessi altrove:
ora, se ella ha senno, può bene andar pensando
che in poco tempo si cambi la fortuna.
Male fa chi la tratta in modo eccessivo,
che dopo gli altri non l'ameranno affatto.
III.
Che io ho sentito, ciò dico a voi, signori,
di un potente imperatore che ci fu
per il quale erano malmenati i suoi baroni,
dai quali erano abbassati il suo orgoglio e la sua forza;
e per questo prego la signora gentile
che il suo amico non tratti contro diritto,
che in tutte le cose è bene osservare la buona misura,
e ci si pente tardi piuttosto che vicino al danno.
IV.
Bella signora, la migliore tra le migliori,
amabile e piacevole nel cuore e nelle fattezze,
Amore mi tiene nella sua dolce prigione:
per voi dico ciò, che mi sarà nobiltà e onore
se già fosse mai che Dio mi faccia sperare tanto
che voi vogliate fare delle vostre braccia una cintura;
in tutto ciò che il mondo possiede e dura
non c'è mai cosa che io desideri aver tanto.
V.
E poichè vale tanto, signora, il vostro pregio
che al mondo non vedo una tanto bella né tanto valente,
mai non vogliate che io vi serva invano;
come maggiore è dell'uomo il grande potere
così meglio deve osservare coloro che l'hanno servita:
che ciò, sappiate, muove da gentil natura
che si renda il male secondo la colpa
e il bene per il bene; signora, altro non vi chiedo.
VI.
Lasso! Ne ho fatti mille tra sospiri e lacrime,
ho una tal paura che mai io ne abbia avuto profitto,
quando penso come è di nobile origine,
e come siete un raggio di sole e fiori tra tutti,
e come sapete essere gentile, bella e sicura di sé,
e come voi siete raffinata, leale e pura,
e come ciascun altro garantisce e giura
che non c'è al mondo una uguale o simile.
VII.
Signora, pietà mi valga il vostro valore:
non osservate già il vostro pregio tanto grande,
ma come voi avete desideri raffinati e puri,
e come il mio cuore si ostina e si sforza
a servirvi, che non ho desiderio di altro.
BEdT 213,005
Testimoni: Guillem de Cabestaing : A 84 (235) - B 53 - C 212 - D 103 (357) - E 144 - F 33 (117) - H 21 (66) - I 105bis - K 89 - L 102 - R 96 (803) - S 227 (147) - T 258 - U 130 - V 98 (rubrica attribuitiva tarda, ma in gruppo; testo acefalo) - VeAg 19r + 20r - a2 275 (21) - b1 6 - b3 52 (032) - e 124 - kappa 62 - incipit cit. nella razo 213.B.C (due volte nella redazione di R) - str.1, v.1-15, cit. nella razo 213.B.D - incipit cit. Ripoll 7 - incipit (v.1-4) cit. Ripoll 106 - Çirardus Q 111 (290) - anon Q 6 (14) - in VeAg una cobla è staccata dal corpo della canzone, ma segue immediatamente.
Metrica: a4' b6 a4' b6 a4' b6 a4' b6 c6 c6 c6 d6' d6' c6 c6 (Långfors 1924, 5, p.13). Canzone di 6 coblas di 15 versi seguite da 2 tornadas rispettivamente di 5 e 3 versi.
Edizioni: Raynouard, Choix, 3, p.113; Rochegude, Parnasse, p.39; Hüffer 1869, 5, p.42; Bartsch - Koschwitz 1904, c.79; Långfors 1924, 5, p.13; Crescini 1926, 27, p.226 (sul solo °A); Cots1985-86, 5, p.278.
I.
Il dolce pensiero
che Amore mi dona spesso,
donna mi fa dire
di voi molti versi piacevoli.
Pensando osservo
il vostro corpo ben fatto,
che amo e desidero
ma che non do a vedere.
E se tutto mi diffamo
per voi, mai lo rinnego,
che sempre vado supplicando
per una fine benevolenza.
Donna in cui la bellezza risplende,
molte volte dimentico di me,
perchè lodo e prego voi.
II.
Tutti i giorni mi affligga
l'amore che quella mi vieta
se mai il cuore rivolgo
verso altri desideri.
Tutte le risate mi hai preso
e mi hai donato preoccupazione:
più grave sofferenza
di me nessun uomo ha provato;
perchè voi che io più desidero
delle altre che stanno al mondo,
contrasto e rinnego
e disamo in apparenza:
tutto quello che faccio per timore
dovete in buona fede
accettare, anche quando non vedo.
III.
Nella memoria
tengo il volto e il dolce sorriso,
il grande valore
del gentil corpo bianco e liscio;
se io per fede
fossi verso Dio tanto fedele,
vivo senza dubbio
entrerei nel paradiso;
perchè mi sono, senza tanti pensieri,
donato a voi di cuore
che altra gioia non mi provoca:
che con nessuna che porta velo
io prenderei per ricompensa
di giacere o essere suo druido,
per la vostra salute.
IV.
Tutto il giorno mi compiace
il desiderio e mi è gradito
l'atteggiamento
di voi di cui sono devoto.
Ben mi pare che mi vinca
il vostro amore, che prima che io vi vidi
fu mia intenzione
che io vi amassi e servissi;
così sono rimasto
qua, senza nessun aiuto
da voi, e ne ho perduti
molti doni: chi li vuole li prenda!
Che mi piace di più aspettare,
senza nessun accordo saputo,
voi da cui mi è venuta gioia.
V.
Prima che il dolore
si imprima sul cuore,
scenda pietà
in voi, signora e Amore:
la gioia mi restituisca a voi
e lasci sospiri e pianti,
non mi difenda
il lignaggio né la nobiltà,
che tutto il bene mi è obliato
se non mi vale pietà da voi.
Ahimè, bella dolce cosa,
sarebbe stata molta cortesia
se la prima volta avessi chiesto
di amarmi, o per niente,
che ora non so com'è.
VI.
Non disputo troppo
contro i vostri valori;
pietà non vi prende
tale che a voi è onore.
Mai Dio mi consideri
tra i suoi supplicanti
se io voglio la rendita
dei quattro re migliori
che per voi non mi valgono
pietà e buona fede;
dunque non posso affatto separarmi
da voi, in cui è messo
il mio amore, e se fosse presa
baciando, e vi piacesse,
non me ne vorrei sciogliere mai.
VII.
Mai cosa che a voi piaccia,
gentile signora cortese,
non mi stette tanto difesa
che io mai lo faccio
che altro mi sovviene.
VIII.
Raimon, la bellezza
e il bene che sono nella mia signora
mi hanno lasciato qua e imprigionato.
BEdT 213,006
Testimoni: Guillem de Cabestaing : A 85 (237) - B 54 - C 213 - E 145 - T 260 - b3 53 (033) - e 130 - era nel canz. di Bernart Amoros (Tav.Pal. in Bertoni 1911/2, p.18 e in Debenedetti 1911, p.325), attribuita secondo ogni probabilità a Guillem (ma cfr. attribuzione) - Çirardus Q 110 (288) - Peire del Poi - Da 192 (695) - I 108 - K 93 - Peire Milo M 97 - Arnaut de Maroill R 15 (113) - U 64 - c 35 (44).
Metrica: a10 b10 a10 b10 c10' d10 d10 (Långfors 1924, 6, p.18). Canzone di 5 coblas di 7 versi seguite da una tornada di 3 versi.
Edizioni: Raynouard, Choix, 3, p.106; Hüffer 1869, 1, p.33; Långfors 1924, 6, p.18; Johnston 1935, p. 165 (testo dubbio); Cots 1985-86, 6, p.291.
I.
Il giorno che io vi vidi, signora, per la prima volta,
quando a voi piacque di lasciarmi vedere,
lasciarono il cuore tutti gli altri pensieri
e furono saldi in voi tutti i miei voleri:
così hai messo, signora, il desiderio nel cuore:
da un dolce sorriso e un semplice sguardo
me stesso e quanto c'è mi fai dimenticare.
II.
Che la grande bellezza e il sollazzo grazioso
e il parlare cortese e l'amoroso piacere
che sapete fare mi hanno sottratto il mio senno
che mai in seguito, gentile signora, non lo posso avere:
lo concedo a voi alla quale il mio raffinato cuore implora
di celebrare il vostro pregio e onorarvi;
a voi mi rendo, che un uomo non può amare meglio.
III.
E poichè vi amo, signora, tanto finemente
che Amore non mi dà il potere di amare altre,
ma mi aggrada corteggiare gentilmente un'altra,
da cui intendo allontanare da me il grave dolore;
e quando penso a voi alla quale la gioia si sottomette,
tutto l'altro amore dimentico e disconosco
che rimango presso di voi che tengo più cara al cuore.
IV.
E vi ricordo, se a voi piace, del patto
che mi faceste sapere alla partenza,
da cui ebbi allora il mio cuore gaio e gioioso
per la buona speranza in cui mi mandaste a stare:
molto ne ebbi gran gioia, se ora il male si aggrava,
e lo avrò, quando a voi piacerà, allora,
buona signora, che io sono nella speranza.
V.
E maltrattandomi non mi fai affatto spavento,
solo questo io intendo avere nella mia vita
da voi, signora, un pò di godimento;
anzi i maltrattamenti mi sono gioia e piacere
solo perchè so che Amore concede
che il fine amante deve perdonare tutti i torti
e gentilmente sopportare i maltrattamenti per guadagnare.
VI.
Ahimé! Sarà mai l'ora, signora, che io veda
che per pietà mi vogliate tanto onorare
che mi degni di essere chiamato unico amico!
BEdT 213,007
Testimoni: Guillem de Cabestaing : I 106 - K 91 - d 290 -
Metrica: a10' b10' b10' a10' c10 c10 d10' d10' (Långfors 1924, 7, p.21). Canzone di 4 coblas di 8 versi.
Edizioni: Raynouard, Choix, 5, p.195 (frammento, vv.1.6 e 37-9); Hüffer 1869, 6, p.47; Långfors 1924, 7, p.21; Cots1985-86, 7, p.298 e 10 (Apéndice), p.319).
II.
Bene devo avere grande gioia nel mio cuore,
poichè tutti i buoni pregi nella mia donna si concedono,
e non invidia la bellezza di nessun'altra;
tanto la fece Dio di conveniente stato;
perchè se ora stesse tra i suoi nemici
non direbbero che ne videro mai una tanto bella:
stanno in lei giudizio, bellezza e gentilezza;
non la vede uomo che non dia piuttosto cento lamenti.
III.
In un'altra terra andrò a prendere linguaggio,
si che giammai in questa non sia,
e i lusingatori, che mi hanno ucciso per invidia,
ne avranno grande gioia quando mi vedranno selvaggio;
e mi sposterò come un povero pellegrino,
e i desideri mi avranno presto ucciso
e se non che, bene avrò servito Amore
e lo servirò tutti i giorni della mia vita.
IV.
Vai tu, lamento, nel luogo del fine messaggio,
dritto dalla mia signora dove si rimettono tutti i buoni pregi,
e dille che non desidero altro
e né sto devoto verso altre signorie
quando mi ricordo i suoi begl'occhi e il suo viso.
Per poco non muoio quando mi separo da lei:
non mi separo da lei né mai mi separerò,
anzi il mio cuore è presso di lei notte e giorno.
Testimoni: adesp. (la rubrica del n.133 è tarda) ma in gruppo V 98.
Metrica: a5 b5 a5 b5 a5 b5 c5' d5 e5 f5 e5 (Långfors 1924, 8., p.24). Canzone di 5 coblas di 11 versi.
Edizioni: Kolsen 1907; Långfors 1924, 8 (ch. douteuse), p.24; Cots1985-86, 8, p.303.
I.
Egan, ciò che ho visto
non mi ha dato allegria,
né mi piace il fiore del giglio
né il frutto della rosa canina;
anzi vado mezzo ucciso
dal mio desiderio
e dalla benevolenza,
che in cattiva pietà
mi ha tenuto Amore,
dal quale mi vengono lo sconforto
e il grave dolore.
II.
Bene mi ha preso tutto
per suo vassallo
Amore, che io lo so raffinato
e amante sobrio,
e sono sottomesso
al peggior guerriero,
che io ho fatto un grande errore,
perchè non ricorda
le lacrime amorose,
dunque ora mi è sofferenza
ciò che mi fu dolcezza.
III.
I suoi occhi mi fece piacere
Amore inizialmente,
ma ormai il pianto del viso
e la dolce preoccupazione
sono fissati nel cuore.
Il comportamento desideroso
non mi sembra cosa spiacevole,
che io amo più di ogni altra cosa
colei di cui mi lamento
e, poichè non posso di più,
ne dico critiche.
IV.
Tanti giorni ho chiesto,
per un desiderio facile,
che qualcuno dicesse di lei
biasimo o rimprovero,
ma quelli del paese
sono gente sincera
sul suo comportamento,
che ciò che fa bene
le è ringraziato e apprezzato,
e non c'è cosa falsa
che a lei sia onore.
V.
A tal punto obbedisco,
se di più non sopporta,
vuole che la serva;
e, se troppo le chiedo
del suo elegante corpo liscio
una gioia piacevole
e umile, il suo valore
addolcisca verso di me
l'orgoglio; che mi è piacevole
lasciare tutte le gioie
piuttosto che rivolgermi altrove.