I
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Notar giacomo. p Oi no(n) miual merze neben s(er)ui
re. jnuer mado(n)na incui te(n)gno speranza. eamo lealmente nonso checosa miporia valere. seno(n) lepre(n)de dime pietanza. ben morro certa mente. p(er)neente micangio losuo ta lento. vndio tormento. euiuo in gran doctanza. eson dimolte pene soferente |
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Notar Giacomo.
Poi non mi val merzé né ben servire
jnver' madonna in cui tengno speranza
e amo lealmente,
non so che cosa mi poria valere:
se non le prende di me pietanza,
ben morrò certamente.
Per neente - mi cangio lo suo talento,
und'io tormento – e vivo in gran doctanza,
e son di molte pene soferente.
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II
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p oi soferente sono alsuo piacere. dibon core lamo ecoleanza. eseruo umileme(n)te. p(er)che mellio me p(er)ella bene auere. che p(er)unaltra pena co(n) baldanza. tanto lesono ubidente ardente sono difare suo piacime(n)to. nemai nono abento. dauere sua me(n)branza. jnquella incui disio spessame(n)te. |
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Poi soferente - sono al suo piacere, di bon core l'amo e co' leanza
e servo umilemente:
perché mellio me per ella bene avere
che per un altra pena con baldanza,
tanto le sono ubidente.
Ardente - sono di fare suo piacimento,
né mai non ò abento – d'avere sua menbranza,
jn quella in cui disio spessamente.
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III
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j Spessamente disio esono alperire. menbrando chema messo jnubri anza. lamorosa piagente. sanza misfacto no(n)mi douea punire. ne fare partenza delanostra amanza. p(er)tanto eca(n)noscente. temente so no no(n) oconfortamento. poi vali mento. nonmida ma-pesanza. efalla mi dituctol suo co(n)uente. |
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Jspessamente disio e sono al perire, menbrando che m'à messo jn ubrianza
l'amorosa piagente;
sanza misfacto non mi dovea punire,
né fare partenza de la nostra amanza,
per tanto è canoscente.
Temente – sono, non ò confortamento,
poi valimento – non mi dà, ma pesanza,
e fallami di tucto 'l suo convente.
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IV
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c onuento be(n)mi fecie diualere. edonomi vna gioia p(er)rime(n)branza. chistesse allegrame(n)te. orlama tol ta p(er)troppo sauere. dicie chenaltra parte omia intendanza. edio so ueracemente. no(n)sente. nel mio core fallime(n)to. nono(n)talento difa re misleanza. jnuer diuoi p(er)altra almio viuente. |
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Convento - ben mi fecie di valere e donomi una gioia per rimenbranza,
ch'ì stesse allegramente.
Or la m'à tolta per troppo savere,
dicie che 'n altra parte ò mia intendanza,
ed io so veracemente:
non sente – nel mio core fallimento,
non ò 'n talento - di fare misleanza,
jnver' di voi per altra al mio vivente.
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V
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v iuente do(n)na no(n) credo che partire. potesse lomio core disua possa(n)za non fosse siauenente perchio lasciare uolesse dubidire. quella che pregio ebelleze jnauanza. fa(n) mi star souente. Elamente. da moroso pensamento. nonagio abento. tanto lo mio core mila(n)za. coli riguardi delliocchi ridente. |
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Vivente - donna non credo che partire potesse lo mio core di sua possanza,
non fosse sì avenente,
perch'io lasciare volesse d'ubidire
quella che pregio e belleze jnavanza
fan mi star sovente
e la mente – d'amoroso pensamento:
non agio abento, - tanto lo mio core mi lanza
co li riguardi delli occhi ridente.
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