a cura di Virginia Machera, Rita Di Pasquale
I
1
P A pena pare k’io sacia cantare
V A pena pare ch’io sacca cantare
2
P né ’n gio’ mostrare k’eo degia piacere,
V né gioia mostrare che degia plagiere, +1
3
P k’a me medesmo cred’esser furato,
V ch’a me medesimo credo essere furato, +2
4
P considerando lo bre’ partire; -1
V comsiderando a lo breve partire;
5
P e se non fosse k’è più da laudare
V ma se nom fosse ch’è più da laudare
6
P quello ke sa sua voglia covrire
V quell’uomo che sa sua volglia coverire +2
7
P quando gl’avene cosa oltra suo grato,
V quando gli avene cosa oltre’n suo grato,
8
P non canterea ne farea gio’ parere.
V non canteria né faria gioia parere. +1
9
P E però canto, dona mia valente,
V Ma però canto, donna mia valente,
10
P k’eo so veracemente
V ch’io so veraciemente
11
P ch’assai vo’ gravarea di mia pesança;
V ch’assai vi graveria di mia pesanza;
12
P però cantando vo’ mand’allegrança,
V per cantando vi mando allegranza, -1
13
P e crederetel’ di me certamente,
V che crederete di me ciertamente,
14
P ond’eo la mando k’eo n’agio abondança.
V poi la vi mando ch’io n’agio abondanza.
II
15
P Abondança non ò, ma dimostrare
V Abondanza non n’ò, ma dimostrata
16
P voglol’a voi da cui me sol venire,
V la volglia a voi da chui mi suole venire, +1
17
P k’eo non fui allegro mai né confortato
V ch’io non fui mai allegro né comfortato
18
P se da voi no mi venisse, a lo ver dire; +1
V se da vuoi non n’avesse lo vero dire; +1
19
P e sì come candela sì rischiare,
V così come candela che si rischiara, +1
20
P ch’ardendo face e dona altrui vedere,
V prendendo foco dà ad altra vedere,
21
P di questo sono per voi adroctinato, +1
V così divengo da voi adotrinato, +1
22
P k’eo canto e facio ad altrui gioi’ sentire.
V ch’altro nom pensso né mi pare vedere. +1
23
P E però canto sì amorosamente,
V Ma però canto sì amorosamente,
24
P a ciò ke sia gaudente
V a ciò che sia plagiente
25
P lo meo coragio di bona speranza;
V im bona fede e com pura leanza;
26
P ke’n tale stato di bombança sento,
V ca s’eo sono sofretoso d’abondanza +1
27
P madonna, per un, cento,
V sarò, madonna, di voi mantenente,
28
P ricco, manente di gio’, di bondança.
V rico e manente di gioia e di burbanza. +1
V
57
P La disiança non si pò stutare:
V La dissianza nom si può astutare:
58
P sença di quello ke’nd’à lo podere
V sanza di quelli n’ave lo podere
59
P di ritenere di darme cumiato,
V di ritenere e di darmi comiato,
60
P como la cosa si possa conpire?
V come la cosa si possa compiere?
61
P donqua mellio convene merçè chiamare +1
V […]
62
P ke ci provega, non lassi perire
V che ci provegia, e no lasci perire
63
P lo suo servente di ben prolungato,
V lo suo servente ch’è di gioia prolungato, +2
64
P ca·fFino Amor ne faria di placere.
V ca Fino Amore faria adispiaciere.
65
P Ed io son certo ke’nd’è benvoglente,
V Ma io sono cierto ch’elgli è bene volgiente, +2
66
P ch’amor gioi’ li consente,
V ch’amor e gioia li comsente, +2
67
P k’ell’è gioioso e di gio’ con creança;
V ch’elgli è gioioso e di gioia con crianza; +1
68
P ond’eo l’aspecto avere con sicurança +1
V perch’io dispero avere con sichuranza +1
69
P quello a cui l’adomando allegramente,
V quello che gli adomando allegramente,
70
P poik’ell’è criatore d’inamoranza.
V perch’egli è criatore d’inamoranza.
I
A pena pare ch'io saccia cantare nè gioi mostrare ch'eo deggia plagere, ch'a me medesmo credo esser furato, considerando a lo breve partire; e se non fosse ch'è più da laudare quell'om che sa sua voglia coverire, quando gli avene cosa oltra suo grato, non canteria nè faria gioia parere. E però canto, donna mia valente, ch'io so veracemente c'assai vi graveria di mia pesanza; però, cantando, vi mando allegranza, che crederete di me certamente, poi la vi mando, ch'io n'aggio abondanza. II Abondanza nonn-ò, ma dimostrare vogliol'a voi, da cui mi suol venire, ch'io non fui mai allegro né confortato se da voi non m’avenisse, a lo ver dire; così come candela si rischiare prendendo foco, e dona a altrui vedere, così divengo da voi adotrinato CRUX ch'altro non penso né mi par vedere CRUX. Eperò canto sì amorosamente a ciò che sia plagente in bona fede e con pura leanza, ca s'eo son sofretoso d'abondanza sarò, madonna di voi mantenente ricco e manente di gioia e di bombanza. III Di bombanza e di gio’ solazare averia plenamente meo volere, ma un disïo mi tene occupato: quale aver solea lo iugo cherire. E sì co’ non son dutto ad aquistare così è dutto madonna a mantenere, che dentr'al core sta sì ymaginato c'altro non penso né mi par vedere. E so c'avete fatto drittamente s'io non sento tormento, sì ne sent'e’ gran gioia e allegranza: però, quando risento la gravanza, con tene la gioi che fue presente, parte da pena la mia rimembranza. IV La rimembranza mi fa disïare e lo disïo mi face languire ch'ëo non sono da voi confortato, tosto poria di bando pria venire ca per voi l'aio, per voi penso levare: como di Pelëo non poria guarire quell'on che di sua lancia l'à piagato se non lo fina poi di riferire, così, madonna mia, similemente mi conven brevemente acostarme di vostra vicinanza, ch'è la gio’ là 'nde cols’è la mia lanza: con quella credo tosto e brevemente vincere pena e stutar disïanza. V La dissïanza non si pò astutare senza di quel che ‘nd'à lo podere di ritenere e di darmi comiato como la cosa si possa compiére. Donqua meglio conven merzé chiamare che ci proveggia e no lasci perire lo suo servente di gioi perlungato, ca fino amore faria dispiacere. Ma io son certo ch’egli è benvogliente, ch'Amor gioia li consenti ch'egli è gioioso e di gioia con crianza; per ch’io ispero aver con sicuranza quello che gli adomando alegramente, perch'egli è crïator d’inamoranza. |
[c. 60r]
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A Pena pare kio sacia cantare. nen gio mostrare keo degia piace(re). ka me medesmo credesser furato. con siderando lo bre partire. Ese no(n) fosse ke piu dalaudare. q(ue)llo ke sa sua uogla courire. quando gla uene cosa oltra suo grato. no(n) cante rea ne farea gio parere. E pero canto dona mia ualente. keo so uerace mente. cassai uo grauarea dimia pesança. pero cantando uoma(n) dallegrança. ecrederetel dime c(er)tam(en) te. ondeo lamando keo nagio abondança. Abondança nono madimostrare. uoglola uoi dacui me solueni(r)e. keo no(n) fui allegro mai ne confortato se dauoi no miuenisse aloue(r) dire Esi come candela si rischiare. carde(n)do face edona altrui uede(re). di questo sono p(er)uoi adroctinato. keo ca(n)to efacio adaltrui gioi sentire. Epero canto si amorosamente. acio kesia gaude(n)te. lo meo coragio di bona sperança. ken tale stato di bombança sento. madonna p(er)un cento. ricco mane(n)te digio dibondança. Dibonbança edigio solaçare. aueria plenam(en)te meo uolere. ma undisio mitene occupato. quale auer solea loiugo kerire. Esi comon son ducto adaquistare. cosi educto mado(n)na ama(n)tenere. ke dentralcore sta si ymaginato. caltro no(n) pe(n)so ne mi par uedere. Eso cauete facto dirictam(en)te. sio no(n) sento torm(en)to. sine sentengra(n) gioia eallegrança. pero quando risento lagrauança. contene lagioi ke fue presente. parte da pena lamia rimembrança. la rimembrança mi fa disiare. elo disio mi face languire. keo no(n) sono |
[c. 60v]
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dauoi confortato. tosto poria dibanda pria uenire. ka p(er)uoi laio ep(er)uoi penso auere. como di pegio no(n) poria guarire. quellon ke disua lancia la piagato. se no(n) fina poi diriferire. Cosi madona mia similem(en)te. mi conuenbreuem(en)te. acostarme diuostra uicinança. ke lagio lande colse lamia lança. con quella c(re)do tosto ebreuem(en)te. uincere pena estutar disiança. la disiança no(n) si po stutare. sença diquello kenda lo podere. dirite nere didarme cumiato. como la cosa si possa conpire. donqua mellio conu(en)e merçe kiamare. ke ci prouega no(n) lassi peri(r)e lo suo s(er)uente diben p(ro)lungato. caffino amor ne faria di plac(er)e. Edio son certo kende benuoglente. camor gioi liconsente. kelle gioioso edigio con creança. ondeo laspecto auere con sicurança. q(ue)llo acui ladomando allegram(en)te. poi kelle criato(r)e dinamorança. |
I | |
A Pena pare kio sacia cantare. nen gio mostrare keo degia piace(re). ka me medesmo credesser furato. con siderando lo bre partire. Ese no(n) fosse ke piu dalaudare. q(ue)llo ke sa sua uogla courire. quando gla uene cosa oltra suo grato. no(n) cante rea ne farea gio parere. E pero canto dona mia ualente. keo so uerace mente. cassai uo grauarea dimia pesança. pero cantando uoma(n) dallegrança. ecrederetel dime c(er)tam(en) te. ondeo lamando keo nagio abondança. |
A pena pare ch’io saccia cantare né ‘n gio’ mostrare ch’eo degia piacere, ch’a me medesmo cred’ esser furato, considerando lo bre’ partire; e se non fosse ch’è più da laudare quello che sa sua voglia covrire quando gl’avene cosa oltra suo grato, non canterea né farea gio’ parere. E però canto, dona mia valente, ch’eo so veracemente ch’assai vo gravarea di mia pesanza; però cantando vo mand’ allegranza e crederetel’ di me certamente, ond’ eo la mando ch’eo n’agio abondanza. |
II | |
Abondança nono madimostrare. uoglola uoi dacui me solueni(r)e. keo no(n) fui allegro mai ne confortato se dauoi no miuenisse aloue(r) dire Esi come candela si rischiare. carde(n)do face edona altrui uede(re). di questo sono p(er)uoi adroctinato. keo ca(n)to efacio adaltrui gioi sentire. Epero canto si amorosamente. acio kesia gaude(n)te. lo meo coragio di bona sperança. ken tale stato di bombança sento. madonna p(er)un cento. ricco mane(n)te digio dibondança. |
Abondanza non ò, ma dimostrare vogliol’ a voi da cui me sol venire, ch’eo non fui allegro mai né confortato se da voi non mi venisse, a lo ver dire; e sì come candela si rischiare, ch’ardendo face, e dona altrui vedere, di questo sono per voi adoctrinato ch’eo canto e facio ad altrui gioi’ sentire. E però canto sì amorosamente a ciò che sia gaudente, lo meo coragio di bona speranza, che ‘n tale stato di bombanza sento, madonna, per un’, cento, ricco manente di gio’, di ‘bondanza. |
III | |
Dibonbança edigio solaçare. aueria plenam(en)te meo uolere. ma undisio mitene occupato. quale auer solea loiugo kerire. Esi comon son ducto adaquistare. cosi educto mado(n)na ama(n)tenere. ke dentralcore sta si ymaginato. caltro no(n) pe(n)so ne mi par uedere. Eso cauete facto dirictam(en)te. sio no(n) sento torm(en)to. sine sentengra(n) gioia eallegrança. pero quando risento lagrauança. contene lagioi ke fue presente. parte da pena lamia rimembrança. |
Di bonbanza e di gio’ solazare averia pienamente meo volere, ma un disïo mi tene occupato: quale aver solea lo iugo cherire. E sì com’ ‘on son ducto ad aquistare così è ducto madonna a mantenere, che dentr’ al core sta sì ymaginato, ch’altro non penso né mi par vedere. E so ch’avete facto dirictamente, s’io non sento tormento, sì ne sent’ e’ ‘n gran gioia e allegranza: però, quando risento la gravanza, con’ tene la gioi’ che fue presente, parte da pena la mia rimembranza. |
IV | |
la rimembrança mi fa disiare. elo disio mi face languire. keo no(n) sono dauoi confortato. tosto poria dibanda pria uenire. ka p(er)uoi laio ep(er)uoi penso auere. como di pegio no(n) poria guarire. quellon ke disua lancia la piagato. se no(n) fina poi diriferire. Cosi madona mia similem(en)te. mi conuenbreuem(en)te. acostarme diuostra uicinança. ke lagio lande colse lamia lança. con quella c(re)do tosto ebreuem(en)te. uincere pena estutar disiança. |
La rimembranza mi fa disïare e lo disïo mi face languire, ch’ëo non sono da voi confortato; tosto poria di banda pria venire, ca per voi l’aio, e per voi penso avere: como di pegio non poria guarire quell’on che di sua lancia l’à piagato, se non fina poi di riferire così, madona mia, similemente mi conven brevemente acostarme di vostra vicinanza, che la gio’ là ‘nde colse la mia lanza: con quella credo tosto e brevemente vincere pena e stutar disïanza. |
V | |
la disiança no(n) si po stutare. sença diquello kenda lo podere. dirite nere didarme cumiato. como la cosa si possa conpire. donqua mellio conu(en)e merçe kiamare. ke ci prouega no(n) lassi peri(r)e lo suo s(er)uente diben p(ro)lungato. caffino amor ne faria di plac(er)e. Edio son certo kende benuoglente. camor gioi liconsente. kelle gioioso edigio con creança. ondeo laspecto auere con sicurança. q(ue)llo acui ladomando allegram(en)te. poi kelle criato(r)e dinamorança. |
La disïanza non si pò stutare senza di quello che ‘nd’à lo podere di ritenere di darme cumiato, como la cosa si possa conpire. Donqua meglio convene merzè chiamare che ci provega non lassi perire lo suo servente di ben prolungato, ch’ affino amor ne faria di placere. Ed io son certo ch’ e’ ‘nd’ è benvogliente ch’ Amor gioi’ li consente, ch’ell’ è gioioso e di gio’ con creanza; ond’eo l’aspecto avere con sicuranza quello a cui l'adomando allegramente, poi ch’ell’ è criatore d’inamoranza. |
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.xliiij. Mess(er) Jacopo Mostacci A pena pare chio sacca cantare. negioia mostrare chedegia plagiere. came medesimo credo essere furato. comsiderando alobre ue partire. maseno mfo sse che piu dalaudare. quelluomo chesa sua uolglia couerire. quando gliaue ne cosa oltrensuo grato. noncanteria nefaria gioia parere. Mapero canto donna mia ualente. chio so ueracie mente. cassai uigraueria dimia pesanza. p(er) cantando uimando allegranza. che crederete dime cierta mente. poi laui mando chio nagio abondanza. |
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A bondanza nonno madimostrata.1 lauolglia auoi dachui misuole uenire. chio non fui mai allegro necomfortato. sedauoi non(n)a uesse louero dire. cosi come g. candela chesirischiara. prendendo foco da adaltra uedere. cosi diuengo dauoi adotrinato. caltro nompensso nemi pare uedere. mapero canto sia morosa mente. acio chesia plagiente. Imbona fede ecompura leanza. caseo sono sofretoso dabondanza. saro madonna diuoi mantenente. rico emanente digioia ediburbanza. |
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L adissianza nomsipuo astutare. sanza diquelli naue lopodere. diritenere edidarmi comiato. come lacosa sipossa compiere. checi p(ro)uegia enolasci perire. losuo ser uente chedigioia p(ro)lungato. cafino amore faria adispia ciere. Maio sono cierto chelglie bene uolgiente. camore gioia licomsente. chelglie gioioso edigioia concri anza. p(er) chio dispero auere consichuranza. quello cheglia domando alegramente. p(er) cheglie criatore dinamoranza. |
I |
.xliiij. Mess(er) Jacopo Mostacci A pena pare chio sacca cantare. negioia mostrare chedegia plagiere. came |
A pena pare ch’io sacca cantare né gioia mostrare che degia plagiere, c’a me medesimo credo essere furato, comsiderando a lo breve partire; ma se no.m fosse ch’è più da laudare quell’uomo che sa sua volglia coverire quando gli avene cosa oltren suo grato, non canteria né faria gioia parere. Ma però canto donna mia valente, ch’io so veraciemente c’assai vi graveria di mia pesanza; per cantando vi mando allegranza che crederete di me ciertamente, poi la vi mando, ch’io n’agio abondanza. |
II |
A bondanza nonno madimostrata. lauolglia auoi dachui misuole uenire. chio non fui mai allegro necomfortato. sedauoi non(n)a uesse louero dire. cosi come g. candela chesirischiara. prendendo foco da adaltra uedere. cosi diuengo dauoi adotrinato. caltro nompensso nemi pare uedere. mapero canto sia morosa mente. acio chesia plagiente. Imbona fede ecompura leanza. caseo sono sofretoso dabondanza. saro madonna diuoi mantenente. rico emanente digioia ediburbanza. |
Abondanza nonn-ò, ma dimostrata la volglia a voi da chui mi suole venire, ch’io non fui mai allegro né comfortato se da voi non n’avesse lo vero dire; così come g. candela che si rischiara, prendendo foco da ad altra vedere, così divengo da voi adotrinato c’altro no.m pensso né mi pare vedere. Ma però canto sì amorosamente a ciò che sia plagiente, im bona fede e com pura leanza; ca s’eo sono sofretoso d’abondanza, sarò, madonna, di voi mantenente rico e manente di gioia e di burbanza. |
III |
L adissianza nomsipuo astutare. sanza diquelli naue lopodere. diritenere edidarmi comiato. come lacosa sipossa compiere. checi p(ro)uegia enolasci perire. losuo ser uente chedigioia p(ro)lungato. cafino amore faria adispia ciere. Maio sono cierto chelglie bene uolgiente. camore gioia licomsente. chelglie gioioso edigioia concri anza. p(er) chio dispero auere consichuranza. quello cheglia domando alegramente. p(er) cheglie criatore dinamoranza. |
La dissianza nom si può astutare sanza di quelli n’ave lo podere di ritenere e di darmi comiato, come la cosa si possa compiére. [...................] che ci provegia e no lasci perire lo suo servente che di gioia prolungato, ca fino amore faria a dispiaciere. Ma io sono cierto ch’elgli è benevolgiente c’amore gioia li comsente ch’elgli è gioioso e di gioia con crianza; per ch’io dispero avere con sichuranza quello che gli adomando alegramente, perch’egli è criatore d’inamoranza. |
I
1
P Allegramente eo canto,
V Allegramente canto,
L Alegramente canto,
2
P certo e a gran rasione,
V cierto ed a gra’ ragione,
L certo ed a gran ragione,
3
P come amador ch’à gio’ a suo volere;
V com’amadore ch’à gioia a suo volire; +1
L com’amadore ch’à gioia a suo volere; +1
4
P ma non k’eo già per tanto
V ma non ch’io già per tanto
L ma non ch’io già per tanto
5
P dimostri la casione
V dimostri la casgione
L dimostri la cagione
6
P de la mia gio’, ke ciò seria fallire.
V de la mia gioia, che ciò saria fallire. +1
L della mia gioia, che ciò saria fallire. +1
7
P Ma io farò parere
V Ma io farò parire
L Ma io farò parere
8
P ke io sia men gioioso,
V ch’io sia meno gioioso,
L ch’io sia meno gioioso,
9
P k’a mia gioi’ non s’avene,
V ch’a mia gioia non s’avene, +1
L ch’a mia gioia non avene, +1
10
P homo sença temere
V ch’omo senza temere
L ch’omo sensa temere
11
P no’m par ke sia amoroso,
V no’m’pare che sia amoroso, +1
L no’m pare che sia temoroso, +2
12
P amore sença temere - non si convene a’namorato. +5
V ch’amare sanza temere - non si convene. +2
L ch’amare senza temere - non si convene. +2
II
13
P E se la mia temença
V E·sse·lla mia temenza
L Se la mia temenza -1
14
P nascie di ben amare,
V nascie di bene amare
L nascie di bene amare,
15
P io degio più cantare inamorato;
V dunqua degio cantare più’namorato; +1
L dunqua degio cantare più’namorato; +1
16
P e lo farò, ma sença
V e sì farò mai senza
L e sì farò mai senza
17
P vano dismisurare,
V vano dismisurare,
L vano dismisurare,
18
P sì k’a la donna mia ne serva in grato,
V perch’a la dona mia ne serva a grato,
L perché la donna mia ne serva a grado,
19
P [...]mo dismisurato
V ch’omo dismisurato
L com’omo dissmizurato +1
20
P non può gran gio’ aquistare
V nom pò gran gioia acquistare +1
L non po’ gran gioia acquistare +1
21
P ke duri lungamente;
V che duri lungamente;
L che duri lungamente;
22
P però è più laudato
V ma quale è da laudare?
L ma quale è da laudare?
23
P quello ke sa guardare
V Quello che sa guardare
L Quello che sa guardare
24
P lo sò aquistato - amisuratamente.
V lo suo aquistato - amisuratamente.
L Lo suo aquistato – misuratamente.
III
25
P Però, bella, temendo,
V Però, bella, temendo,
L Però, bella, temendo,
26
P voi laudo in mio cantare,
V vi laudo in mio cantare,
L vi laudo j’mio cantare,
27
P ke certo credo ke pegio seria
V che cierto credo che poco saria
L che certo credo che poco saria
28
P ciò k’io di ben dicendo
V ciò ch’io di bene diciendo +1
L ciò ch’io di bene dicendo +1
29
P potessevi avançare:
V potesse voi avanzare: +1
L potesse voi avanzare: +1
30
P vostro gran preso v’avança e invia.
V vostro gram presgio v’avanza ed invia.
L vostro gran pregio n’avanza ed invia.
31
P Et io, k’io fare poria?
V E io che fare poria?
L E io che fare poria?
32
P Gire per lunga parte,
V Gire per lunga parte,
L Gire per lunga parte,
33
P laudar vostro valore;
V laudare vostro valore; +1
L laudare vostro valore; +1
34
P e così cresceria
V e così tengno saria +1
L così tengno saria
35
P vostro presio per arte,
V vostro presgio per arte,
L vostro pregio per arte,
36
P kome lo mare - per lo scoridore.
V come l’amore - per lo scoridore.
L come l’amore - per lo scoridore.
I
Allegramente canto
certo ed a gra·ragione
com'amador ch'à gioia a suo volire;
ma non ch'io già pertanto
dimostri la cagione
de la mia gioia, che ciò saria fallire.
Ma io farò parire
ch'io sia meno gioioso
ch'a mia gioia non s'avene;
ch'omo senza temere
non par che sia amoroso,
ch'amar sanza temere non si convene.
II
E se·lla mia temenza
nasce di bene amare,
dunqua deggio cantar più 'namorato:
e sì farò, ma senza
vano dismisurare,
perch'a la donna mia ne serva a grato;
ch'omo dismisurato
non pò gran gioia aquistare
che duri lungiamente.
Ma quale è più laudato?
Quello che sa guardare
lo suo aquistato amisuratamente.
III
Però, bella temendo
voi laudo in mio cantare,
che certo credo che poco saria
ciò ch'io di ben dicendo
potessevi avanzare:
vostro gran pregio v'avanza ed invia.
E io che far poria?
Gire per lunga parte
laudar vostro valore!
Così tegno saria
vostro pregio per arte
come lo mare per lo scoridore.
![]() |
[A] llegrame(n)te canto. certo e dagra(n) ragione. comamadore cagioia a suo uolere mano(n) chio gia p(er)tanto dimostri lacagione. della mia gioia checio saria falli re Maio faro parere. chio sia me no gioioso. camia gioia no(n)aue ne. como sensa temere no(m)pare che sia temoroso. camare senza temere no(n)si conuene. |
![]() |
[E] sela mia temenza. nascie dibene amare. du(n)qua degio cantare piu namorato. esifaro mai senza. va no dismisurare. p(er)chela do(n)na mia nes(er)ua agrado. comomo dissmizu rato. no(n)po gra(n) gioia aquistare che duri lungiame(n)te. maquale edalau dare. quello che sa guardare losuo aquistato misuratame(n)te. |
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[P]ero bella temendo. vilaudo jmio
|
I | I |
[A]llegrame(n)te canto. certo e dagra(n) ragione. comamadore cagioia a suo uolere mano(n) chio gia p(er)tanto dimostri lacagione. della mia gioia checio saria falli re Maio faro parere. chio sia me no gioioso. camia gioia no(n)aue ne. como sensa temere no(m)pare che sia temoroso. camare senza temere no(n)si conuene. |
[A]llegramente canto, certo ed a gran ragione, com’amadore ch’à gioia a suo volere; ma non ch’io già per tanto dimostri la cagione della mia gioia, che ciò saria fallire. Ma io farò parere ch’a mia gioia non avene, ch’omo sensa temere no’m pare che sia temoroso: ch’amare senza temere non si convene. |
I | II |
[E] sela mia temenza. nascie dibene amare. du(n)qua degio cantare piu namorato. esifaro mai senza. va no dismisurare. p(er)chela do(n)na mia nes(er)ua agrado. comomo dissmizu rato. no(n)po gra(n) gioia aquistare che duri lungiame(n)te. maquale edalau dare. quello che sa guardare losuo aquistato misuratame(n)te. |
[E] se la mia temenza nascie di bene amare, dunqua degio cantare più’namorato; e sì farò mai senza vano dismisurare, perché la donna mia ne serva a grado, com’omo dissmizurato non pò gran gioia acquistare che duri lungamente: ma quale è da laudare? Quello che sa guardare lo suo aquistato misuratamente. |
III | III |
[P]ero bella temendo. vilaudo jmio
|
[P]erò, bella, temendo, vi laudo j’mio cantare, che certo credo che poco saria ciò ch’io di bene dicendo potesse voi avanzare: vostro gran pregio n’avanza ed invia. E io che fare poria? Gire per lunga parte, laudare vostro valore; così tengno saria vostro pregio per arte, come l’amore per lo scoridore. |
[c. 10r]
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Allegramente eo canto certo eagranra sione. come amador ca gio a suo uole(re). ma no(n) keo gia p(er) tanto dimostri la casione. delamia gio ke cio seria falli(r)e. Maio faro parere ke io sia men gio ioso kamia gioi no(n) sauene. homo sença teme(re). no(n) par ke sia amo roso amore sença teme(re) no(n) siconuene anamorato. Esela mia temença. nascie di b(e)n ama(r)e. |
[c. 10v]
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Io degio piu cantare innamorato. Elo faro ma sença uano dismisurare. Si ka la do(n)na mia ne s(er)ua i(n)g(ra)to. [...]mo dismisurato. no(n) puo gran gio aquistare ke duri lu(n)gam(en)te. Pero epiu laudato q(ue)llo kesa guardare. loso aq(ui)stato amisuratam(en) te. Pero bella teme(n)do uoi laudo inmio cantare ke c(er)to c(re)do ke pegio seria. Cio kio dibendice(n)do potesseui auançare. u(ost)ro gra(n) p(re)so uaua(n)ça ei(n)uia. Etio kio fare poria gire p(er) lunga parte. laudar uostro ualore. E cosi cresceria uostro presio p(er)arte. kome lomare p(er)loscoridore. |
Allegramente eo canto certo eagranra sione. come amador ca gio a suo uole(re). ma no(n) keo gia p(er) tanto dimostri la casione. delamia gio ke cio seria falli(r)e. Maio faro parere ke io sia men gio ioso kamia gioi no(n) sauene. homo sença teme(re). no(n) par ke sia amo roso amore sença teme(re) no(n) siconuene anamorato. |
Allegramente eo canto certo e a gran rasione come amador ch’à gio’ a suo volere; ma non ch’ eo già per tanto dimostri la casione de la mia gio’, che ciò seria fallire. Ma io farò parere che io sia men gioioso ch’a mia gioi’ non s’avene; homo senza temere non par che sia amoroso amore senza temere non si convene a’ namorato. |
II | |
Esela mia temença. nascie di b(e)n ama(r)e. Io degio piu cantare innamorato. Elo faro ma sença uano dismisurare. Si ka la do(n)na mia ne s(er)ua i(n)g(ra)to. [...]mo dismisurato. no(n) puo gran gio aquistare ke duri lu(n)gam(en)te. Pero epiu laudato q(ue)llo kesa guardare. loso aq(ui)stato amisuratam(en) te. |
E se la mia temenza nascie di ben amare, io degio più cantare inamorato: e io farò, ma senza vano dismisurare, si ch’a la donna mia ne serva in grato; [...]mo dismisurato non può gran gio’ aquistare che duri lungamente; però è più laudato quello che sa guardare lo so aquistato amisuratamente. |
III | |
Pero bella teme(n)do uoi laudo inmio cantare ke c(er)to c(re)do ke pegio seria. Cio kio dibendice(n)do potesseui auançare. u(ost)ro gra(n) p(re)so uaua(n)ça ei(n)uia. Etio kio fare poria gire p(er) lunga parte. laudar uostro ualore. E cosi cresceria uostro presio p(er)arte. kome lomare p(er)loscoridore. |
Però, bella, temendo voi laudo in mio cantare, che certo credo che pegio seria ciò ch’io di ben dicendo potessevi avanzare: vostro gran preso v’avanza e invia. Et io, ch’io fare poria? Gire per lunga parte laudar vostro valore! E così cresceria vostro presio per arte come lo mare per lo scoridore. |
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.xlij. Mess(er) Jacopo Mostacci. A llegramente canto. cierto edagraragione. coma madore cagioia asuo uolire ma non chio gia p(er) tanto. dimo stri la casgione. delamia gioia checio saria fallire. Maio faro parire. Chio sia meno gioioso. camia gioia nonsauene. como senza temere nompare chesia amoroso. camare sanza temere no(n)si conuene. |
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ES sellamia temenza. nascie dibene amare. dunqua degio cantare piu namorato. esifaro mai senza. uano dismisurare. p(er) caladona mia neserua agrato. como di smisurato. mompo grangioia aquistare. cheduri lungiamente. maquale edala udare. quello chesa guardare. losuo aquistato amisurata mente |
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P ero bella temendo. uilaudo inmio cantare. che cierto credo chepoco saria. cio chio dibene diciendo. potesse uoi auanzare. uostro grampresgio uauanza edinuia. Eio chefare poria. gire p(er) lunga parte. laudare uostro ualore. ecosi tengno saria. uostro presgio p(er) arte. come lamore p(er) loscoridore. |
I |
.xlij. Mess(er) Jacopo Mostacci. A llegramente canto. cierto edagraragione. coma madore cagioia asuo uolire |
Allegramente canto cierto ed a gra.ragione. com’amadore c’à gioia a suo volire; ma non ch’io già pertanto dimostri la casgione de la mia gioia, che ciò saria fallire. Ma io farò parire ch’io sia meno gioioso c’a mia gioia non s’avene; c’omo senza temere no.m pare che sia amoroso, c’amare sanza temere non si convene. |
II |
ES sellamia temenza. nascie dibene amare. dunqua degio cantare piu namorato. |
E se.lla mia temenza nascie di bene amare, dunqua degio cantare più ’namorato: e sì farò, mai senza vano dismisurare, perc’a la dona mia ne serva a grato; c’omo dismisurato mom pò gran gioia aquistare che duri lungiamente. Ma quale è da laudare? Quello che sa guardare lo suo aquistato amisuratamente. |
III |
P ero bella temendo. uilaudo inmio cantare. che cierto credo chepoco saria. |
Però, bella, temendo vi laudo in mio cantare, che cierto credo che poco saria ciò ch’io di bene diciendo potesse voi avanzare: vostro gram presgio v’avanza ed invia. E io che fare poria? Gire per lunga parte laudare vostro valore! E così tengno saria vostro presgio per arte come l’amore per lo scoridore.
|
IV
37
V Donna e l’amore ànno fatto compangnia
Pal2 Donna et amore àn fatto compagnia
38
V e teso un dolcie laccio
Pal2 et teso un dolce lazzo
39
V per metere in sollaccio – lo mio stato;
Pal2 per mettere in solazzo - lo mio stato;
40
V e voi mi siete, gientile donna mia,
Pal2 et voi mi sete, gentil donna mia,
41
V collonna e forte braccio,
Pal2 colonna et forte braccio,
42
V per chui sichuro giaccio – in ogne lato.
Pal2 per chui sicuro giaccio – in ogni lato.
43
V Gioioso e baldo canto d’alegranza,
Pal2 Gioioso et baldo tanto d’allegranza,
44
V ch’amore m’è schudo e lanza +1
Pal2 che amor m’è scudo et lanza
45
V e spada difendente
Pal2 et spada defendente
46
V da ongni male diciente;
Pal2 da ogni mal dicente;
47
V e voi mi siete, bella, roca e mura,
Pal2 et voi mi sete, bella, roccha et muro,
48
V che mentre vivo per voi starò sichura. +1
Pal2 che mentr’io vivo per voi starò sicuro.
I
Amor, ben veio che mi fa tenere
manera e costumanza
d'auscello ch'arditanza lascia stare
quando lo verno vede sol venire:
ben mette 'n ubrïanza
la gioiosa baldanza di svernare,
e par che la stagione no li piaccia
che la fredura inchiaccia,
e poi per primavera
ricovera manera
e suo cantare inova e sua ragione;
ed ogni cosa vuole sua stagione.
II
Amor, lo tempo che non m'era a grato
mi tolse lo cantare:
credendo megliorare, io mi ritenne;
or canto che mi sento megliorato,
ca per bene aspetare,
sollazzo ed allegrare e gioia mi venne
per la più dolze donna ed avenente
che mai amasse amante,
quella ch'è di bieltate
sovrana in veritate,
ch'ognunque donna passa ed àve vinto,
e passa perle, ismeraldo e giaquinto.
III
Madonna, s'io son dato in voi laudare,
non vi paia losinga
ch'amor tanto mi stringa ch'io ci falli;
ch'io l'aggio audito dire ed acertare,
sovran'è vostra segna
e bene siete degna senza falli,
e contolomi in gran bonaventura
s'i' v'amo a dismisura;
e s'io non son sì lico,
ben me ne tegno rico
assai più ch'io non sao dire in parole:
quegli è rico ch'àve ciò che vuole.
IV
Donna e Amore ànno fatto compagnia
e teso un dolce laccio
per metere in sollaccio lo mio stato;
e voi mi siete, gentil donna mia,
collonna e forte braccio,
per cui sicuro giaccio in ogne lato.
Gioioso e baldo canto d'alegranza,
ch'Amor m'è scudo e lanza
e spada difendente
da ogni maledicente,
e voi mi siete, bella, roca e muro,
che, mentre vivo, per voi starò sicuro.
|
[D] Onna (et) amore an fatto (com)pagnia Et teso un dolce lazzo p(er) mettere i(n) solazzo lo mio stato. (Et) uoi mi sete ge(n)til do(n)na mia colon(n)a (et) forte braccio p(er)chui sicuro giaccio i(n) ogni lato Gioioso (et) baldo ta(n)to dallegra(n)za che amor me scudo (et) la(n)za (Et) spada defende(n)te. da ogni mal dice(n)te. (et) uoi mi sete bella roccha (et) muro Che me(n)trio uiuo p(er) uoi staro sicuro. |
[D] Onna (et) amore an fatto (com)pagnia Et teso un dolce lazzo p(er) mettere i(n) solazzo lo mio stato. (Et) uoi mi sete ge(n)til do(n)na mia colon(n)a (et) forte braccio p(er)chui sicuro giaccio i(n) ogni lato Gioioso (et) baldo ta(n)to dallegra(n)za che amor me scudo (et) la(n)za (Et) spada defende(n)te. da ogni mal dice(n)te. (et) uoi mi sete bella roccha (et) muro. Che me(n)trio uiuo p(er) uoi staro sicuro. |
Donna et amore àn fatto compagnia et teso un dolce lazzo per mettere in solazzo lo mio stato. Et voi mi sete, gentil donna mia, colonna et forte braccio, per chui sicuro giaccio in ogni lato, gioioso et baldo tanto d’allegranza, che amor m’è scudo et lanza et spada defendente da ogni mal dicente; et voi mi sete, bella, roccha et muro, che mentr’io vivo per voi starò sicuro. |
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.xliij. Mess(er) Jacopo mostacci A More bene ueio chemi fa tenere. manera costumanza. Dausciello cardi tanza. lascia stare. quando louerno uede solo uenire. benmette nubria nza. lagioiosa baldanza. disuernare. epare chelastasgione nolipiacca. chela fredura jnchiacca. epoi p(er) prima uera. ricouera manera. esuo cantare jnoua esua rasgione. edongni cosa uuole sua stasgione. |
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A More lotemppo chenonmera Agrato. mitolsse locantare. credendo melgliorare io miritene. orcanto chemisento melgliorato. cap(er) bene aspetare. sollazo eda llegrare. egioia miuene. p(er) lapiu dolze don(n)a edaue nente. ch emai amasse ama nte. quella [chenueritate] chedibieltate. sourana jnueritate. congnunque don(n)a passa edaue uinto. e passa p(er) lei smeraldo egiaquinto. |
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M adonna sio sono dato jnuoi laudare. nonui paia losinga. camare tanto mi stringa. chio cifalli. chiolagio audito dire edaciertare. sourane uostra sengna. ebene siete dengna. senza falli. Econtolomi jngram bona uentura. siuamo adismisura. esio nonsono silico. bene menetengno rico. assai piu chio nonsao dire jmparole. quelglie rico caue cio cheuuole. |
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D onna elamore an(n)o fatto compangnia. eteso undolcie laccio. p(er) metere jnsollacco. lomio stato. euoi misiete gientile donna mia. collonna eforte braccio. p(er) chui si churo giaccio. jnongne lato gioioso ebaldo canto dalegraza. camore me schudo e lanza. espada difendente. daongni male diciente. euoi misiete bella roca emura. chementre uiuo p(er) uoi staro sichura. |
I |
.xliij. Mess(er) Jacopo Mostacci A more bene ueio chemi fa tenere. manera costumanza. dausciello cardi tanza. lascia stare. quando louerno uede solo uenire. benmette nubria nza. lagioiosa baldanza. disuernare. epare chelastasgione nolipiacca. chela fredura jnchiacca. poi p(er) prima uera. ricouera manera. esuo cantare jnoua esua rasgione. edongni cosa uuole sua stasgione. |
Amore, bene veio che mi fa tenere manera costumanza d’ausciello c’arditanza lascia stare quando lo verno vede solo venire: ben mette ’n ubrianza la gioiosa baldanza di svernare, e pare che la stasgione no li piacca che la fredura inchiacca, poi per primavera ricovera manera e suo cantare inova e sua ragione; ed ongni cosa vuole sua stasgione. |
II |
A more lotemppo chenonmera agrato. mitolsse locantare. credendo melgliorare io miritene. orcanto chemisento melgliorato. cap(er) bene aspetare. sollazo eda llegrare. egioia miuene. p(er) lapiu dolze don(n)a edaue nente. ch emai amasse ama nte. quella 1chedibieltate. sourana jnueritate. congnunque don(n)a passa edaue uinto. e passa p(er) lei smeraldo egiaquinto. |
Amore, lo temppo che non m’era a grato mi tolsse lo cantare: credendo melgliorare, io mi ritene; or canto che mi sento melgliorato, ca per bene aspetare, sollazo ed allegrare e gioia mi vene per la più dolze donna ed avenente che mai amasse amante, quella ch’è di bieltate sovrana in veritate, c’ongnunque donna passa ed àve vinto, e passa per le, ismeraldo e giaquinto. |
III |
M adonna sio sono dato jnuoi laudare. nonui paia losinga. camare tanto mi stringa. chio cifalli. chiolagio audito dire edaciertare. sourane uostra sengna. ebene siete dengna. senza falli. Econtolomi jngram bona uentura. siuamo adismisura. esio nonsono silico. Bene menetengno rico. assai piu chio nonsao dire jmparole. quelglie rico caue cio cheuuole. |
Madonna, s’io sono dato in voi laudare, non vi paia losinga, c’amore tanto mi stringa ch’io ci falli; ch’io l’agio audito dire ed aciertare, sovran’è vostra sengna e bene siete dengna senza falli, e contolomi in grann bonaventura s’i’ v’amo a dismisura; e s’io non sono sì lico, bene me ne tengno rico assai più ch’io non sao dire im parole: quelglie rico c’ave ciò che vuole. |
IV |
D onna elamore an(n)o fatto compangnia. eteso undolcie laccio. p(er) metere jnsollacco. lomio stato. euoi misiete gientile donna mia. collonna eforte braccio. p(er) chui si churo giaccio. jnongne lato2 gioioso ebaldo canto dalegraza. camore me schudo e lanza. espada difendente. daongni male diciente. euoi misiete bella roca emura. chementre uiuo p(er) uoi staro sichura. |
Donna e l’amore ànno fatto compangnia. e teso un dolcie laccio per metere in sollacco lo mio stato; e voi mi siete, gientile donna mia, collonna e forte braccio, per ch’ui sichuro giaccio in ongne lato. Gioioso e baldo canto d’alegraza c’amore m’è schudo e lanza e spada difendente. da ongni malediciente, e voi mi siete, bella, roca e mura, che, mentre vivo, per voi star sichura. |
I
Di sì fina ragione
mi convene trovare
distrettament'e sì cheto e celato,
perché l'openïone
de li falsi acertare
non si possa, né saver di mio stato.
Però sono in eranza,
che madonna dottare
mi fa sol di pensare
ch'aggia tanta abondanza
che sanamente eo' nde possa cantare.
II
Dunque, se la stagione
d'avrile disïare
mi face più che 'l tempo trapassato,
serò in condizione,
tanto porà gravare
lo mio disïo ch'è disconfortato.
È ben strana pietanza
vedere adimorare,
a la stagion ch'a 'mare
mostra più sua posanza,
due benvolenti per un maltratare.
III
Però de la dimora
doglio più fortemente
e non so ch'io giamai mi possa dire,
che se bona ventura
non ò più brevemente,
la mia vita val peggio che morire.
E ben vive morendo
quelli che finemente
ama donna valente
poi li vene in fallendo
di giorno in giorno di suo convevente.
IV
Oramai m'asicura
la saggia e canoscenti
ch'ella non falli per lo suo volire,
per che dessaventura
mand'a li sconosente
ca per lor falta fanno al mio fallire;
ed io in gioco e ridendo
canto amorosamente
per quella falsa gente
che mi vanno incherendo
la gioia ond'io son fino benvolente.
V
Dunqua, s'io so' a piacere,
àgiande grato Amore
e madonna, che sol'à inamoranza,
che ne poria avenire
ca io tanto dolzore
sentisse per una sola speranza:
perché s'inamorata
mente mi ritenesse,
e sol ch'io la gioia avesse,
già non saria giornata
che lo meo cor gran gioia non sentisse.
[c.15r-v]![]() |
Mess(er) Rugieri damici |
D isi fina rasione. mi conuiene trouuare |
Donqua se lastasione daurile disia(r)e |
Pero deladimora doglo piu fortem(en)te: eno(n) so kio giamai bene ui |
|
![]() |
Eben uiue morendo quello ke finamente ama don(n)a ualente. poi |
Oramai ma sigura la sagia ekanoscenti: kella no(n) falli p(er) losuo ua |
Donqua si fo apiace(re) agiande grato amore emadon(n)a ke sola inna |
Mess(er) Rugieri damici | |
I | |
D isi fina rasione. mi conuiene trouuare disrettamente si keto e celato. per ke lopinione de falsi aciertare si possa ne sauere dimio stato. pero sono inerrança: ke madon(n)a doctare. mi fa sol dipensare: kaggia ta(n) tabondança: ke sanam(en)te eo ne possa ca(n) tare. |
Di sì fina rasione mi conviene trovuare disrectamente sì keto e celato, perkè l’ opinione de falsi aciertare si possa nè savere di mio stato. Però sono in errança: ke madonna doctare, mi fa sol di pensare, k’ aggia tanta ’bondança ke sanamente eo ne possa cantare. |
II | |
Donqua se lastasione daurile disia(r)e mi face piu kel tempo trapassato. sero incondizione tanto potea gra uare. lo meo disio ke disconfortato. Bene strania pietança uedere adimorare. alastasione camare mo stra piu sua possança. piu benuoglenti p(er) un mal tractare. |
Donqua, se la stasione d’ avrile disiare mi face più ke ’l tempo trapassato, serò in conditione, tanto potea grauare, lo meo disio k’ è disconfortato. Bene strania pietança vedere adimorare, a la stasione c’ a ’mare mostra più sua possança, più benvoglenti per un mal tractare. |
III | |
Pero deladimora doglo piu fortem(en)te: eno(n) so kio giamai bene ui sia dire. kese bonauentura. no no piu breuemente: lamia uita uara pegio ke morire. Eben uiue morendo quello ke finamente ama don(n)a ualente. poi liueninfallendo di giorno ingiorno di suo suenenti. |
Però de la dimora doglo più fortemente e non so k’ io giamai bene vi sia dire, ke se bona ventura non ò più brevemente, la mia vita varà pegio ke morire. E ben vive morendo quello ke finamente ama donna valente poi li ven in fallendo di giorno in giorno di suo svenenti. |
IV | |
Oramai ma sigura la sagia ekanoscenti: kella no(n) falli p(er) losuo ua lore. perke disauentura manda discaunoscenti: ke p(er) lor fallita fanno ame fallire. Edio in gioco eridendo canto amorosamente:p(er) quella falsa ge(n)te ke mi uanno inkirendo lagioi undeo son fino beneuollente. |
Oramai ma ’sigura la sagia e kanoscenti k’ ella non falli per lo suo valore, perkè disaventura manda di scaunoscenti, ke per lor fallita fanno a me fallire; ed io in gioco e ridendo canto amorosamente per quella falsa gente ke mi vanno inkirendo la gioi und’ eo son fino benevollente. |
V | |
Donqua si fo apiace(re) agiande grato amore emadon(n)a ke sola inna morança. kerite poria auenire kagio tanto dolçore sentisse p(er) una sola spera(n)ça. pe ke sinamoratamente mi ritenesse? esol keo lasso auesse gia no(n) saria giornata: ke lo meo core gran gio no(n) sentisse. |
Donqua, s’ i so’ a piacere, àgiande grato Amore e madonna, ke sol’ à innamorança ke ri te poria avenire k’ agio tanto dolçore sentisse per una sola sperança: Pe kè s’ inamorata mente mi ritenesse, e sol k’ eo lasso avesse, già non saria giornata ke lo meo core gran gio non sentisse. |
[c. 15r-v]
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.xluj. Mess(er) iacopo mostacci. D isi fina rasgione. mi conuene trouare. distretta mente sichesia cielato. p(er) che lopenione. delifalssi aciertare. nomsi possa sauere nedimio stato. E pero sono ineranza. chemadon(n)a dottare. mifa solo dipensare. cagia tanta abondanza. chesola mente eonde possa cantare. |
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D unque sela stagione. daurile piu disiare. mifa cheltemppo trapassato. sera acon dizione. tanto pora grauare. lomio disio chediscomfortato. Ebene strana pie tanza. uedere adimorare. alastasgione camare. mostrano piu sua posanza. due bene uolenti p(er) uno male tratare. |
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P ero deladimora. dolglio piu forte mente. enomso chio giamai mipossa dire chese perauentura. nonmamo piu breue mente. lamia uita uara pegio che morire. Benuene morendo. quelli chefine mente. ama don(n)a ualente. poi liuene in follendo. dingiorno jngiorno disuo conuenente. |
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OR mai masichura. lassa ep(er) ciepente. chella nomfalli p(er) losuo uolire. p(er) che dessa uentura. mandili sconosente. cap(er)loro falta fanno almio affalire. Edio gioco eri dendo. canto amorosa mente. p(er) che laria giente. chemiuan(n)o incherendo. lagio ia ondio sono fine bene uolente. |
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D unqua sio fo apiaciere. agrande grato amore. amadon(n)a chesola jnamoranza. chene poria auenire. caio tanto dolzore. sentisse p(er) una sola speranza. p(er) che si namo rata mente miritenesse. esolo chio lagioia auesse. gianonsaria gior nata. chelo meo core grangioia nonsentisse. |
.xluj Mess(er) iacopo mostacci |
|
|
I |
D isi fina rasgione. mi conuene trouare . disretta mente sichesia cielato. p(er)che |
Di sì fina rasgione |
|
II |
D unque sela stagione . daurile piu disiare. mifa cheltemppo trapassato. sera acon |
Dunque, se la stagione |
|
III |
P ero deladimora. dolglio piu forte mente. enomso chio giamai mipossa dire |
Però de la dimora |
|
IV |
OR mai masichura. lassa ep(er) ciepente. chella nomfalli p(er) losuo uolire. p(er) che dessa |
Ormai m’ asichura |
|
V |
D unqua sio fo apiacere. agrande grato amore. amadon(n)a chesola jnamoranza. |
Dunqua, s’ io so’ a piacere |
|
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[c.12v - 13r]
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I
Mostrar voria in parvenza ciò che mi fa allegrare s'ausasse adimostrar lo mio talento: tacer mi fa temenza, ch'io nonn-auso laudare quella in cui è tuto compimento. Come quelli che gran tesauro à 'n baglia e no lo dice, anzi n'è più argoglioso e sempre n'à gran gioia con paura, così ad ognora lo grande ben c'Amore m'à donato tegno celato, viv’e ‘nde alegro e sonde più dottoso: e chi non teme, nonn-ama san’ faglia. II Voglia tanto m'abonda che, temo, lungiamente no la posso covrir nulla manera, ca 'n me par che s'asconda troppo isforzatamente amor di core che no pare in cera, e poi, ch'io fosse da tal donna amato, come ò che, se contare le volesse le sue bellezze, certo non poria, poi si savria qual èste quella donna per cui canto: ond'io infratanto celar lo voglio, a morte no venisse, che buon tacere a dritto no è blasmato. III Amor si de' celare per zo che più fine ène ca nulla gioi ch'a esto mondo sia; e·llui tal cosa pare che già d'altrui no avene: c'ogn'om golëa fama e segnoria, ed egli, ove più pote, più s'asconde: se vene in pala perde sua vertute medesmamente a colpa de l'amante, però c'avante de' omo andare in cosa che ben ama, ca per ria fama gran gioe e gra·richeze son perdute e re’ parola gran fatto confonde. |
[c.13r]
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xluij. Mess(er) Jacopo mostacci.
V olgha tanto ma bbonda. chetemo lungiamente. nolaposso covrire nulla manera.
A more side cielare. p(er) zo che piu fine ene. canulla gioia caesto monddosia. ellui |
xluij. Mess(er) Jacopo mostacci. |
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I |
M ostrare uoria jmparuenza. cio chemifa allegrare. sau sasse adi mostrare. |
Mostrare voria im parvenza |
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II |
V olgha tanto ma bbonda. chetemo lungiamente. nolaposso covrire nulla manera. |
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III |
A more side cielare. p(er) zo che piu fine ene. canulla gioia caesto monddosia. ellui |
Amore si de’ cielare |
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[c.13r]
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Jacopo mostaçço. S olicitando un poco meo sauere e c(o)n luy uoglendomi deletare un dubio che me misi ad auere auuy lo mando p(er) det(er)minare. onomo diçe chamor a podere egli corazi distrenze ad amare. ma eo no lo uoglio consentere p(er)o chamore no parse ni pare. Ben troua lom una amorosa etate la quale par che nassa de plaçere ezo uol dire hom che sia amore. eo no li saçço altra qualitate ma ço che e dauuy uoglo odere p(er)o uene faço sente(n)çatore. |
Jacopo mostaçço. S olicitando un poco meo sauere e c(o)n luy uoglendomi deletare un dubio che me misi ad auere auuy lo mando p(er) det(er)minare. onomo diçe chamor a podere egli corazi distrenze ad amare. ma eo no lo uoglio consentere p(er)o chamore no parse ni pare. Ben troua lom una amorosa etate la quale par che nassa de plaçere ezo uol dire hom che sia amore. eo no li saçço altra qualitate ma ço che e dauuy uoglo odere p(er)o uene faço sente(n)çatore. |
Jacopo Mostaçço Solicitando un poco meo savere e con luy voglendomi deletare, un dubio che me misi ad avere, a vuy lo mando per determinare. On omo diçe ch'Amor à podere e gli corazi distrenze ad amare, ma eo no lo voglio consentere, però ch'Amore no parse ni pare. Ben trova l'om una amorosa etate la quale par che nassa de plaçere, e zò vol dire hom che sia amore. Eo no li saçço altra qualitate ma ço che è, da vuy voglio odere, però vene faço sentençatore. |
I
Umile core e fino e amoroso già fa lungia stagione ch'ò portato buonamente ad Amore: di lei avanzare adesso fui penzoso oltre poder, e infin ch’era afanato no ‘nde sentia dolore: pertanto non da·llei partia coraggio né mancav'a lo fino piacimento mentre non vidi in ella folle usaggio, lo qua’ le avea cangiato lo talento. II Ben m'averia per servidore avuto se non fosse di frode adonata, per che lo gran dolzore e la gran gioi che m'è stata rifiuto; ormai gioi che per lei mi fosse data non m'averia sapore. Però ne parto tutta mia speranza ch'ella partì del pregio e del valore, che mi fa uopo d’avere altra 'ntendanza ond'io aquisti ciò che perdei d'amore. III Però se da·llei parto e inn-altra intendo, no le par grave né sape d'oltraggio, tant'è di vano affare; ma ben credo savere e valer tanto poi la soglio avanzare, ca danaggio le saveria contare. Ma no mi piace d'essa quello dire, ch'eo ne fosse tenuto mesdicente, c'assai val meglio chi si sa partire da reo segnor e alungiar bonamente. IV Om che si part'e alunga fa savere da loco ove possa essere affanato e tra’ne suo pensero; ed io mi parto e tragone volere e doglio de lo tempo trapassato che m'è stato fallero; ma non m’inspero, c'a tal signoria son servato, che buono guidernone averaggio, perzò che no obria lo ben servent'e merita a stagione. |
[c.8r-v]
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Umile core fino eamoroso: gia fa
Ben maueria p(er) seruidore auuto. |
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Se dallei parto e unnaltra intendo: nole par graue ne sape doltra |
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te: ka sai ual meglo ki si po partire dal reo signore allu(n)gia(re) bonam(en)te. |
I | |
Umile core fino eamoroso: gia fa Lunga stasione: co portato lun giamente adamore di lei ava(n)ça(r)e. adesso fui pensoso otra podere seo nera afanato: none sença do lore: p(er)ta(n)to no(n) dalei partia coragio. ne mancaua lofin piacim(en)to. fin kio no(n) uidi in ella folle usa gio loqual lauea cangiato lo tal(en) to. |
Umile core fino e amoroso già fa lunga stasione c’ ò portato lungiamente ad amore: di lei avançare adesso fui pensoso otra podere, s’ eo n’ era afanato no n’ è sença dolore: pertanto non da lei partia coragio nè mancava lo fin piacimento fin k’ io non vidi in ella folle usagio, lo qual l’ avea cangiato lo talento.
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II | |
Ben maueria p(er) seruidore auuto. seno(n) fosse di fraude adornata. di quello grandolçore. Or logran bene ke me stato rifiuto: giamai gioi ke di lei no fosse. data no(n) maueria sapore: <….>diparto tucta mia intendança. ke la partuu da honore ke me no(n) pote aue(re) altrantendança: lan deo aquisti cio keo p(er)dei damore. |
Ben m’ averia per servidore avuto, se non fosse di fraude adornata, di quello gran dolçore or lo gran bene ke m’ è stato rifiuto; giamai gioi ke da lei mi fosse data non m’ averia sapore. <….> diparto tucta mia intendança ke l’ à partuuda honore ke me non pote avere altra ’ntendança, land’ eo aquisti ciò k’ eo perdei d’ amore.
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III | |
Se dallei parto e unnaltra intendo: nole par graue ne sape doltra gio: tante diuano affare. Ma io mi credo ualore esauere tanto: seo la solea avançare: dap(pa) nagio le sauerea tractare. Ma no mi piace desso quello dire: keo ne fosse tenuto mesdice(n) te: ka sai ual meglo ki si po partire dal reo signore allu(n)gia(re) bonam(en)te. |
Se da·llei parto e inn’ altra intendo, no le par grave né sape d’ oltragio, tant’ è di vano affare; ma io mi credo valore e savere tanto s’ eo la solea avançare, d’ appanagio le saverea tractare. Ma no mi piace d’ esso quello dire, k’ eo ne fosse tenuto mesdicente, k’ asai val meglo ki si po partire dal reo signore allungiare bonamente. |
IV | |
hom che si parte alunga fa sau(er)e: da loco oue deuessere affanato: e tracta suo pensero. edeo mi parto etragone vole(re): edoglomi del tempo trapassato: ke me stato fallero. Ma no(n) docto ka tal signora: mi son donato ka bon guidardone mi donera p(er)cio ke no mostra lo bon seruente tran sua stasione. |
Hom che si part’ e alunga fa savere da loco ove dev’ essere affanato e tracta suo pensero; ed eo mi parto e tragone volere, e doglomi del tempo trapassato ke m’ è stato fallero; Ma non docto, ka tal signoria mi son donato ka bon guidardone mi donerà per ciò ke no mostra lo bon servente tran sua stasione.
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[c. 8r-v]
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[c.12v]
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.xlv. Mess(er) Jacopo mostacci
B ene maueria p(er) seruidore auuto. senomfosse difrode adornata. p(er) che logrand |
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P ero senaltra jntendo daella partto. nolesiagreue enollesia oltragio. tante di
O mo chesi parte alunga fasauere. diloco oue possa essere affanato. etrane suo pense |
.xlv. Mess(er) Jacopo mostacci |
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I | |
U mile core efino eamoroso. giafa lungia stagione. coportato buona mente
alamore. dillei auanzare adesso fui penzoso. oltre podere jnfino chera afa nato. nonde sentia dolore. p(er) tanto non dallei partia coragio. nemanca ua lofino piacimento. mentre nonuidi inella folle usagio. loquale auea cangiato lotalento. |
Umile core e fino e amoroso |
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II |
B ene maueria p(er) seruidore auuto. senomfosse difrode adornata. p(er) che logrand |
Bene m’ averia per servidore avuto |
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III |
P ero senaltra jntendo daella partto. nolesiagreue enollesia oltragio. tante di |
Però se n’ altra intendo da ella partto, |
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IV |
O mo chesi parte alunga fasauere. diloco oue possa essere affanato. etrane suo pense
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Omo che si part’ e alunga fa savere
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[c. 12v]
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