I
Troppo son dimorato
i·llontano paese:
non so in che guisa possa soferire,
che son cotanto stato
senza in cui si mise
tutte bellezze d'amore e servire.
Molto tardi mi pento,
e dico che follia
me n'à fatto alungare;
lasso, ben veggio e sento,
mort 'e' fosse,
dovria a madonna tornare.
II
Ca s'io sono alungato,
a null'om non afesi
quant 'a me solo, ed i' ne so' al perire;
io ne so' il danneggiato
poi madonna misfesi
mio è 'l dannaggio ed ogne languire;
ca lo suo avenimento
d'amar mi travaglìa.
e comandami a dare,
a quella a cui consento,
core e corpo in baglìa,
e nulla non mi pare.
III
Dunqua son io sturduto?
Ciò saccio certamente,
con' quelli c'à cercato ciò che tene,
così m'è adivenuto,
che, lasso, l'avenente
eo vo cercando, ed ò noie e pene.
Cotanto n'ò dolore
e vengiamento e doglia,
vedere non potere
cotanto di dolzore
amore e bona voglia,
ch'io l'ò creduto avere.
IV
Deo, com'aggio falluto,
che cusì lungiamente
non son tornato a la mia donn' a spene!
Lasso, chi m'à tenuto?
Follia dilivramente,
che m'à levato da gioia e di bene.
Ochi e talento e core
ciascun per sé s'argoglia,
disïando vedere
madonna mia a tuttore,
quella che non s'argoglia
inver' lei lo mio volere.
V
Non vo' più soferenza,
né dimorare oimai
senza madonna, di cui moro stando;
c' Amor mi move 'ntenza
e dicemi: « che'ffai?
la tua donna si muor di te aspettando ».
Questo detto mi lanza,
e fammi trangosciare sì lo core,
moraggio se più faccio tardanza:
tosto farò reo stare
di lei e di me dannaggio.
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.
notaro giacomo
viiij.
T roppo sono dimorato. illontano paese. nonso jnche guisa possa soferi |
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. K assio sono allungato. anullom(m)o non(n)afesi. quanta me solo edine sono al perire. edio nesono il dan(n)egiato. poi madon(n)a misfesi. mio el danagio edongne languire. Calosuo auenimento. damare mitraualglia. ecoman dami adire. aquella achui consento. core ecorppo insua balglia. enulla nonmi pare. |
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. D unqua sonio stunduto. cio saccio certamente. con quelli caciercato cio chetene. cosi me adiuenuto. chelasso lauenente. eo uo ciercando edo noie epene. cotanto no dolore. euegiamento edolglia. vedere no(n) potere. cotanto didolzore. amore ebona uolglia. chio lo creduto auere. |
I
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.
notaro giacomo
viiij.
T roppo sono dimorato. illontano paese. nonso jnche guisa possa soferi
re. che sono cotanto stato. senza jnchui simise. tute belleze. damore eseruire. Molto tardi mipento. edico chef follia. me na fatto alungare. la sso bene uegio esento. mortto fosse douria. amadon(n)a tornare. |
.
Notaro Giacomo . Troppo sono dimorato i-llontao paese:
non so jn che guisa possa soferire,
che sono cotanto stato
senza jn chui si mise
tute belleze d'amore e servire.
Molto tardi mi pento,
e dico che-ffollia
me n'à fatto alungare;
lasso, bene vegio e sento,
mortto fosse, dovria
a madonna tornare.
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II
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.
K assio sono allungato. anullom(m)o non(n)afesi. quanta me solo edine sono al perire. edio nesono il dan(n)egiato. poi madon(n)a misfesi. mio el danagio edongne languire. Calosuo auenimento. damare mitraualglia. ecoman dami adire. aquella achui consento. core ecorppo insua balglia. enulla nonmi pare. |
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Ka ss'io sono allungato, a null'ommo nonn afesi
quanta me solo, ed i' ne sono al perire;
ed io ne sono il dannegiato
poi madonna misfesi
mio è 'l danagio ed ongne languire;
ca lo suo avenimento
d'amare mi travalglia,
e comandami a dire,
a quella a chui consento,
core e corppo in sua balglìa,
e nulla non mi pare.
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III
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D unqua sonio stunduto. cio saccio certamente. con quelli caciercato cio chetene. cosi me adiuenuto. chelasso lauenente. eo uo ciercando edo noie epene. cotanto no dolore. euegiamento edolglia. vedere no(n) potere. cotanto didolzore. amore ebona uolglia. chio lo creduto auere. |
.
Dunqua son io stunduto? Ciò saccio certamente,
con' quelli c'à ciercato ciò che tene,
così m'è adivenuto,
che, lasso, l'avenente
eo vo ciercando, ed ò noie e pene.
Cotanto n'ò dolore
e vegiamento e dolglia,
vedere non potere
cotanto di dolzore
amore e bona volglia,
ch'io l'ò creduto avere.
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. Troppo sono dimorato ilontano paese non so jnche guisa. |
I
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Troppo sono dimorato ilontano paese non so jnche guisa. |
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Troppo sono dimorato i lontano paese:
non so jn che guisa.
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. Notar Giacomo. TRoppo son dimorato. illonta Casio sono ali(n)gato. anullomo no Dvnqua sonio sturiduto. cio saccio Deo comagio falluto checusi lun Nonuo piu soferenza. ne dimorare |
I
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Notar Giacomo. TRoppo son dimorato. illonta
no paese. no(n)so inche guisa. pos sa soferire. chesono cotanto stato. senza incui simise. tutte belleze damore es(er)uire. Molto tardi mi pento edico che follia. mena facto alungare. lasso bene veggio esento. morte fusse douria. amado(n)na tor nare. |
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Notar Giacomo Troppo son dimorato
i-llontano paese:
non so in che guisa possa soferire,
che sono cotanto stato
senza in cui si mise
tutte belleze d'amore e servire.
Molto tardi mi pento,
e dico che follia
me n'à facto alungare;
lasso, bene veggio e sento,
mort'e' , fusse, dovria
a madonna tornare.
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II
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Casio sono ali(n)gato. anullomo no nafesi. quanta me solo edine sono alperire. edio nesono ilda(n)negiato. poi mado(n)na msfesi. mio elda(n)nagio e do(n)gne languire. Chalosuo auenime(n) to. damare mitrauallia. ecoma(n)dami adire aquella acui consento. core e corpo jnsua ballia. enulla no(n)mi pa re. |
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Ca s'io sono alingato, a null'omo non afesi
quant'a me solo, ed i' ne sono al perire;
ed io ne sono il dannegiato
poi madonna msfesi
mio è 'l dannagio ed ongne languire;
ch'a lo suo avenimento
d'amare mi travallia,
e comandami ad ire,
a quella a cui consento,
core e corpo jn sua ballìa,
e nulla non mi pare.
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III
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Dvnqua sonio sturiduto. cio saccio certame(n)te. co(n)quelli cacercato cio chetene. cosi me adiuenuto. chellas so lauenente. eouo cercando edo no ie epene. Chotanto nodolore. eue(n) giame(n)to edolglia. uedere non pote re. cotanto didolzore. amore ebona uollia. chio locreduto auere. |
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Dunqua son io storiduto? Ciò saccio certamente,
con' quelli c'à cercato ciò che tene,
così m'è adivenuto,
che, llasso, l'avenente
eo vo cercando ed ò noie e pene.
Chotanto n'ò dolore
e vengiamento e dolglia,
vedere non potere
cotanto di dolzore
amore e bona vollia,
ch'io l'ò creduto avere.
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IV
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Deo comagio falluto checusi lun giamente. no(n) sono tornato alamia do(n)na spene. lasso chima tenuto. fol lia diliuerame(n)te. chema leuato da gioia edibene. Ochi etalento ecore. ciascuno p(er)se sargollia inuerlei lomio vo lere. |
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Deo, com'agio falluto, che cusì lungiamente
non sono tornato a la mia donn'a spene!
Lasso, chi m'à tenuto?
Follia diliveramente,
che m'à levato da gioia e di bene.
Ochi e talento e core
ciascuno per sé s'argollia,
inver' lei lo mio volere.
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V
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Nonuo piu soferenza. ne dimorare oimai. senza mado(n)na dicui moro sta(n) do. camore mimoue(n)tenza. edicemi cheffai. latua do(n)na simuore dite asspectando. questo decto mola(n)za. efa(m)mi trangosciare. silo core mo ragio. sepiu faccio tardanza. tosto faro reo stare. dilei edime da(n)nagio. |
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Non vo' più soferenza, né dimorare oimai
senza madonna, di cui moro stando;
c'amore mi move 'n tenza
e dicemi: << che-ffai?
La tua donna si muore di te asspectando>> .
Questo decto mo lanza,
e fammi trangosciare
sì lo core, moragio
se più faccio tardanza:
tosto farò reo stare
di lei e di me dannagio.
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