Commento

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   La lirica è composta da 5 coblas unissonans eterometriche di 8 versi, con pedes a rima alternata e cauda in rime baciate; le strofe che presentano tale combinazione rimica sono dette coblas cadenacaudadas nelle Leys d'Amors, p. 126.
    La serie decasillabica dei pedes è interrotta da un eptasillabo, seguito da un altro decasillabo; il vers brisé – per cui cfr. Anuis et desesperance – di 5 sillabe prepara il ritorno finale del verso della serie isometrica; per questo genere di cadenza finale cfr. Dragonetti p. 397. I decasillabi presentano, di regola, cesura maschile, con l'eccezione dei vv. 26 e 38, dove si ha cesura lirica. 
   Lo schema rimico di questa lirica è molto diffuso, è impiegato infatti in altri 112 componimenti trovierici, anche se in nessuno di essi è abbinato allo stesso schema sillabico. I trovieri che utilizzano tale sequenza rimica sono in prevalenza artesiani e piccardi: ne fa un uso particolarmente cospicuo (in 17 componimenti) Jehan Bretel nei jeux-partis.   
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L'esaltazione di Amore appare in questa lirica discorso di natura eminentemente ideologica e mostra come, nel fare poetico dei trovieri borghesi di ultima generazione, le tematiche della chanson d'amour abbiano raggiunto il massimo grado di formalizzazione. Amore risulta l'unica forza attiva all'interno di una relazione triadica nella quale la dama, quasi disincarnata, ricopre, di fatto, un ruolo strumentale al dispiegamento della creazione poetica, che procede per enunciazioni di principio. L'amante, a sua volta, agisce solo in risposta alla forza attiva personificata di Amore.
   Il processo di esteriorizzazione di Amore come entità indipendente si palesa, anche sul piano lessicale, già nei primi versi della strofe esordiale, dove viene nettamente distinto dal bien amer (vv. 2-3), attinente invece al campo affettivo del poeta. La prima stanza procede per sententiae, ma il resto del componimento è caratterizzato dall'alternanza continua di registro, da personale a sentenzioso. Nei versi di attacco delle prime tre strofi, significativamente, ha sempre sede una frase dove Amors è soggetto ed il poeta/amante è passivo: s'Amors ne li consent (v. 2);  s'Amors m'a fet aucun mal endurer (v.9);  Amors me fet penser (v. 17). Solo nella quarta strofe, non a caso l'unica in cui venga menzionata la dama, Amore non viene nominato. Esso ritorna poi nell'invocazione della stanza di chiusura: pour Dieu, Amors, car li donés talent/ de moi aidier (vv. 34-35).
   Da notare che il vers brisè nella serie dei decasillabi, lievemente variata solo dall'inserto di due eptasillabi, ospita una parola-rima che riassume anche il nodo tematico della singola stanza, ma, soprattutto, fornisce la traccia di un percorso coerente che descrive l'intera parabola dell'amor cortese: il rapporto d'amore corrisponde infatti al servizio fedele (servir, v. 7) il quale comporta, inevitabilmente, un sacrificio totalizzante (morir, v. 15) a cui però vale la pena sottoporsi in vista di una contropartita che supera di gran lunga lo sforzo (merir, v. 23); tutto il processo prende le mosse dal desir (v. 31) per la dama; il cerchio si chiude con il riferimento metapoetico al canto (chant oïr, v. 39) che esprime la natura autoreferenziale del canto cortese.