Commento

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Il “Reis glorios”  di Giraut de Borneil tratta di un incontro amoroso clandestino tra l’amante sparito nella notte e una signora sposata il cui marito, se dovesse scoprire il tradimento, metterebbe in pericolo la vita dell’adultero. L’amico, che ha accompagnato l’amante si è dileguato. Per tutta la notte è rimasto in ginocchio a pregare, perché fin dal momento del saluto sembrava avvertire un presagio funesto. Su questo presagio l’autore crea un effetto di tensione: perché il suo compagno non è ancora rientrato.  Infine, dopo una attesa allarmante la situazione volge per il meglio. Infatti la settima cobla chiarisce il mistero, nessun evento drammatico si è consumato, ma solamente le gioie dell’amplesso[1]. Di seguito alcune precisazioni dell’alba di Giraut de Borneill, partendo dagli studi degli ultimi dieci anni sull’esegesi di Di Girolamo, Zufferey, Lazzerini e Bertoletti, che vanta il merito della scoperta della versione italiana di Reis glorios. La tradizione manoscritta dell’alba di Giraut è tra le più complesse di questo genere e seconda soltanto a quella di Cadenet. Il Reis glorios è tradito da sei canzonieri (C E P R Sg T), una tradizione extravagante del manoscritto di Monaco (Mon) e la tradizione indiretta della versione italiana di un codice ambrosiano (Ambr).[2] L’edizione di Kolsen del 1910 presenta l’ordine delle strofe maggiormente accreditato e corretto ed indica inoltre il manoscritto C come codice di base. L’editio di Sharman migliora il testo di Kolsen al v. 6, interpretando giustamente la  proposizione interrogativa diretta. Zufferey invece ci spinge verso la definizione di due gruppi di testimoni sulla base dell’inversione delle strofe IV e V. Il primo gruppo comprende: E P R Sg e poi forse C T (dove tuttavia T manca di una sesta strofa e rifà la sua strofa V a partire dalla fusione di VI e V).[3] Possiamo inoltre osservare che il manoscritto di Monaco e quello Ambrosiano presentano, anche se in modo diverso, dei problemi con le strofe V-VI; non risulterebbe perciò azzardato ipotizzare che abbiano la stessa discendenza ,dimostrabile alla luce di errori e varianti.[4] La struttura a coblas doblas del componimento consente di legare in errore E P R Sg, che infrangono le seconda e terza coppia di strofe e di individuare come corretto l’ordine di C.[5] Bisogna tuttavia osservare che ambedue queste strofe presentano delle difficoltà che rendono problematica l’ipotesi della loro autenticità. Carapezza crede che il tipo della strofa da cui dipenderebbe lo schema di Giraut, presenta come «tratto strutturale e distintivo» la variazione del ritornello, che così giustificherebbe la sua autenticità e paternità.[6] Improbabile all’interno della sua argomentazione è la proposta Lazzerini di vedere nelle sole rime maschili della strofa II una voluta alterazione che marcherebbe il cambio di locutore.[7] Appare inopportuna a questo proposito l’osservazione di Chaguinian riguardo un legame tra E ed Sg, che tramandano le albe di Giraut e di Cadenet una di seguito all’altra, con attribuzione a Giraut per entrambi i componimenti. L’invito a non dormire dei vv. 7-12 può invece interpretarsi come una scelta retorica dell’autore dal momento che tutta alba è una esortazione al companho a svegliarsi, tipico sin dall’«Alba bilingue» e riproposto nell’innografia mattutina cristiana, mentre il richiamo a non dormire ha origine direttamente dal Nuovo Testamento, e dunque costituisce una lectio difficilior e non un intervento di correzione ad opera della tradizione.  Il Reis glorios è considerata un’alba profana dagli editori di Giraut de Borneill: Kolsen, Sharman, Chaguinian, che la considera il primo esempio di “albas de séparation” e poi da Zufferey e Bertoletti.[8] Considerano invece Reis glorios un’alba religiosa: Simonelli[9], Di Girolamo  e Lazzerini . Simonelli crede che la presenza del gilos possa accostarsi alla figura del demonio e che questo contribuisca a delineare una ambientazione biblica che renderebbe il componimento una delle prime albe religiose. Per Di Girolamo la gaita rappresenterebbe un angelo custode e, considerato che l’ambientazione possa non essere solo religiosa ma anche cortese, Di Girolamo vuole sottoporre quegli elementi profani ad una conversione divina. Lazzerini invece ritiene l’alba incompiuta senza una risposta ai richiami del soggetto vegliante.[10] Per il Reis glorios, un testo che presenta molte difficoltà di comprensione e di collocazione, risulta perciò opportuno non escludere a priori la possibilità di convivenza di elementi sia religiosi che profani. D’altra parte i rimandi liturgici possono essere inseriti senza problemi nella letteratura cortese d’amore. L’ambiguità di Reis glorios risiedono piuttosto nel monologo della gaita, “che occupa l’intero componimento a partire dalla seconda strofa, dove questi si rivolge in modo accorato a un destinatario assente e incurante o inconsapevole dell’appello a lui indirizzato e insieme nella designazione del destinatario come companho, ovvero la sentinella, che si toglie i panni di un subordinato del castello al servizio occasionale degli amanti per divenire un amico di colui che sta avvisando dell’arrivo del giorno”.[11] E’ giusto affermare, come accennato in precedenza, che sacro e profano nel Medioevo sono spesso intrecciati e permeati l’uno dell’altro. Questa considerazione apre all’esegesi due strade: da una parte quella per cui un testo apparentemente profano ha invece un significato religioso e l’altra dove un testo ricco di riferimenti religiosi conserva tuttavia un senso e un indirizzo profani.[12] A seguito di questa parentesi esegetica per certi versi ampia ma strettamente necessaria, posso ipotizzare con maggiore certezza che il  Reis glorios sembra molto più vicino al genere di un’alba profana o canto di sentinella. Ritroviamo infatti le dinamiche tipiche di cui ho accennato all’inizio di questa breve trattazione: il soggetto esorta il compagno a non dormire e si assicura che faccia attenzione al sorgere dell’alba. Il testo inoltre è dotato di refrain, tipico anch’esso delle albas trobadoriche. Un aspetto invece che ci porta a trovare una differenza con le albas amorose è l’assenza della scena della separazione degli amanti dopo l’incontro notturno, assente quanto un esplicito riferimento o intervento della presenza femminile. Dobbiamo forse considerare la priorità, l’intento e il personaggio su cui l’autore intende mantenere il focus, ovvero la gaita, determinante per il messaggio complessivo dell’alba di Giraut. Non mi sento dunque di considerare quella di Giraut come una mancata e distratta proposizione alla presenza femminile, quanto come una scelta testuale e retorica. Il Reis glorios non vuole presentarci la separazione degli amanti all’arrivo delle prime luci dell’alba, ma ci offre la duplice esperienza dell’avventura amorosa e della lealtà che lega la gaita al suo compagno. Giraut ha sicuramente attinto dalla tradizione il topos del canto di sentinella per ricavarne un componimento “nuovo”, se vogliamo,  all’insegna degli ideali cortesi. Resta il fatto che  il silenzio del companho continua ad aprire sempre nuovi interrogativi, non offrendoci la possibilità di spianare l’ambiguità testuale. L’operazione di Giraut si rivela da una parte come la composizione di un’alba profana a partire dal riuso di elementi religiosi e della tradizione dei canti di sentinella mentre dall’altra ci priva dell’elemento fondamentale del genere, ovvero la separazione degli amanti. Questo forse deriva dalla concezione dell’autore di considerare il servizio d’amore e i doveri del mondo cortese sotto una lente intransigente e rigorosamente attenta ai valori fondativi della società. Se vogliamo dunque considerare il genere dell’alba profano come un rigido contenitore di cui partecipano solo quei componimenti aventi tutti i requisiti tipici del genere, allora l’opera di Giraut ne risulta difficilmente afferibile. Ma tali divergenze non devono trarci in inganno, infatti nonostante l’antichità del nostro componimento dobbiamo pensare che l’alba amorosa, stando agli esemplari a noi noti, fosse ormai diffusa fra il pubblico, che altrimenti non avrebbe potuto riconoscerne i riferimenti che Giraut ha inserito nel suo testo. Ne consegue dunque che il Reis glorios si possa inserire benissimo nella tradizione, certe volte incerta ed ostica, che va dagli inni mattutini e religiosi fino all’alba e alla conseguente lirica amorosa.


[1]C. Di Girolamo, «L’angelo dell’alba. Una rilettura di Reis glorios», Cultura neolatina, 69, 2009, pp. 59-90, a p. 68.
[2]W. Meliga, «Qualche nota su Reis glorios», Lecturae tropatorum 11, 2018, pp. 1-3.
[3] Ibidem.
[4] Ibidem.
[5] Ibidem.
[6] F. Carapezza, «L’alba in forma di romanza: sul tipo strofico e musicale di Reis glorios (BdT 262,64)», Romance Philology, 72, 2018, pp. 35-61, a pp. 48-49.
[7] Meliga, 2018, pp. 4-6.
[8] Meliga, 2018.
[9] P. Simonelli, «Lirica moralistica», S.T.E.M, 1974, pp. 198-207.
[10] Meliga, 2018.
[11] Ibidem.
[12] Ibidem.