Analisi delle edizioni

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L'analisi delle scelte di trascrizione si basa principalmente sul manoscritto O, che è stato preso in considerazione da tutti gli editori, mentre gli altri codici sono trascritti solamente nell'opera di Tischler. Si propone qui un'analisi di alcuni casi esemplari mirati ad esporre i criteri seguiti dagli editori, finora enunciati teoricamente, e dei punti in cui le trascrizioni divergono per lettura dell'altezza dei neumi o per interpretazione ritmica.

1.

O: rigo 1, neumi 1-6. Chiave di do su terza linea; quattro punctus su terza linea, punctus su quarta linea, punctus nel terzo spazio : do – do – do – do – mi – re.

Beck propone un andamento binario, sullo schema del dattilo, dove il primo neuma è considerato una longa, e vale il doppio dei due seguenti punctus, considerati breves. Davison scrive tre note dello stesso valore. Gennrich e Tischler considerano il primo punctus una longa perfecta e trascrivono le note secondo il paradigma del III modo: la prima nota dura tre pulsazioni di battuta, la seconda una, la terza due. Tutti gli editori ripropongono la medesima interpretazione ritmica dei seguenti tre neumi.

2.

K: rigo 1, neumi 1-7                     N: rigo 1, neumi 1-7                X: rigo 1, neumi 1-7
Chiave di do su quarta linea; sei
punctus (virgae, in N ) su quarta linea e una clivis nel terzo spazio - terza linea: do – do – do – do – do – do – si la.

La linea melodica è monocorde rispetto all'articolazione di O.
Tischler non distingue tra breves e longae, punctus e virgae; trascrive neumi e gruppi neumatici con note o gruppi di note che occupano la stessa durata.

3.

O: rigo 1, neumi 7-9; chiave di do su terza linea; clivis su terza linea – terzo spazio, punctus su seconda linea, clivis nel secondo spazio – primo spazio: si la – sol – la fa.
Per il primo neuma Beck e Davison trascrivono due note di uguale durata: in Beck il neuma occupa metà del piede, la posizione della longa, (due note, ciascuna uguale a 1/8) e suddivide a metà il resto della battuta, in due breves: il punctus è trascritto con una nota da 1/8 e la seconda clivis con due note, ciascuna del valore di 1/16.
Davison invece assegna 1/3 della battuta a ciascun neuma; ne risulta che le clivis, qui come in tutta la trascrizione, hanno lo stesso valore indipendentemente dal contesto; il punctus occupa la stessa durata della clivis.
Gennrich e Tischler non assegnano un valore di durata univoco alle clivis; quella che è in prima posizione nel piede ne occupa la metà, ovvero la durata di una longa perfecta: in questo caso la prima nota del gruppo neumatico vale la metà della seconda; la clivis che occupa la terza posizione nel piede, quello della brevis alterata, è trascritta con due note di uguale durata che si spartiscono l'ultimo terzo della battuta (due note da 1/8 in Tischler, due note da 1/4 in Gennrich). Il punctus, che occupa la seconda posizione nel piede, equivale ad una brevis (del valore di 1/3 di una longa perfecta, e di 1/2 di una longa imperfecta o di una brevis alterata).
Gennrich in tutte e tre le edizioni legge la seconda clivis «si la», gli altri editori sono invece concordi nel leggere «si sol».

4.
                                                                             
N: rigo 2, neuma 5.                X: rigo2, neuma 6.              K: rigo 2, neuma 6.
N: Chiave di fa su seconda linea; K, X chiave di do su quarta linea; virga nel terzo spazio: si.

Tischler segnala una variante di N (do) rispetto a KX (si), che non riscontro.

5.

O: rigo 2, neuma 1. Chiave di do su terza linea; virga nel primo spazio, tratto verticale nel primo spazio: sol – pausa.

La virga, in finale di verso, tende ad allungarsi: Davison le conferisce il doppio della durata, per un totale di due terzi della battuta, la pausa occupa il restante terzo. Gli altri editori assegnano alla nota la metà della battuta.

6.

K: rigo 2, neumi 2- 3.      N: rigo 2, neumi 2-3           X: rigo 2, neumi 2-3
KX: chiave di do su quarta linea; N: chiave di fa su seconda linea; punctus su terza linea, clivis su terza linea – secondo spazio: la – la sol.
KNX riportano una disposizione ritmico-melodica opposta a O. Tischler trascrive regolarmente il punctus e la clivis (= 1/8).

7.

O: rigo 2, neuma 5. Chiave di do su terzo rigo; climacus su terza linea – secondo spazio – terza linea: do si la.
Beck mantiene l'andamento binario, e assegna al neuma la durata complessiva della longa: le prime due note valgono la metà della terza (1/16 + 1/16 + 1/8). Davison, ligio all'andamento isosillabico, assegna lo stesso valore[1] a tutti i neumi: trascrive una terzina di crome.
La più evidente discordanza tra Tischler e Gennrich riguarda i gruppi neumatici di tre note, non esente da ambiguità nella notazione modale: entrambi assegnano al gruppo neumatico la durata complessiva di una longa perfecta poiché occupa la prima posizione del piede, ma Tischler trascrive tre note da un 1/8, mentre Gennrich le interpreta con due note da 1/16 legate ad una di 2/4[2]: l'andamento ternario del primo si oppone all'aspetto binario del secondo. Come mostrano le discordanze, questo è un punto che necessita di un particolare sforzo esegetico: la versione di Gennrich comporta un'innegabile forzatura in sede esecutiva, che nessuna trascrizione risolve completamente, né il rigore metodologico di Beck né l'isosillabismo di Davison, che costringe tre note in un terzo della battuta. Tischler offre l'interpretazione più funzionale, ma sembra che le due seguenti note restino irrelate nel contesto, non comportando la ripetizione dei patterns ritmico-melodici sui quali si sviluppa la linea del canto.

8.
       

X: rigo 3, neumi 5-7. Chiave di do su terza linea; plica su primo spazio -primo rigo, due virgae (gambo corto o evanescente) su primo spazio e prima riga: sol fa – sol – la.

X: rigo 4, neumi 1-5. Chiave di do su quarta linea; 5 virgae (di cui la quarta con gambo corto o evanescente) su terza linea: la – la – la – la – la.

N: rigo 3, neumi 4-8. Chiave di do su quarta linea; clivis nel secondo spazio – seconda linea, virga nel secondo spazio, punctus e punctus caudatus su terza linea: sol fa – sol – la – la. N: rigo 4 , neumi 1-4. Chiave di do su quarta linea; virga, punctus, virga (? gambo corto) e punctus (caudatus?) su terza linea: la – la – la – la.

K: rigo 3, neumi 4-7. Chiave di do su quarta linea; clivis e virga nel secondo spazio, due punctus su terzo rigo: sol fa – sol – la – la.

K: rigo 4, neumi 1-4. Chiave di do su quarta linea; punctus e tre punctus (caudatus): la – la – la – la.

 

Tutti e tre i manoscritti sono concordi per la lezione: sol fa – sol – la – la – la – la – la – la. Tischler, forse per non sacrificare la simmetria con la prima strofa, trascrive: si – la – si – do – do – do – do. L'editore, riferito al manoscritto N, nota che la chiave è scritta una linea troppo in alto, perciò le sette note precedenti  ​(Cfr. Nota 2b dell'edizione di Tischler, riportata in calce alla trascrizione, dove dice che le sette note sono le "successive") sembrano essere scritte una terza più basso. Lo stesso sembra dire di X, mentre per K si suppone lo abbia lasciato sottinteso. Si vedano però le note che precedono nel rigo:

K: rigo 3, neumi 1-4. Chiave di do su quarta linea; punctus su quarta linea, punctus nel terzo spazio, pressus nel terzo spazio – terzo spazio – terza linea, tratto verticale nel terzo spazio, clivis nel secondo spazio – seconda linea: do – si – si si la – sol fa. N: rigo 3, neumi 1-4. Chiave di do su quarta linea; virga su quarta linea, virga nel terzo spazio, pressus nel terzo spazio – terzo spazio – terza linea, tratto verticale nel terzo spazio, clivis nel secondo spazio – seconda linea: do – si – si si la – pausa – sol fa. X: rigo 3, neumi 1-5. Chiave di do su terza linea; virga nel secondo spazio, punctus su terza linea, virga nel secondo spazio, pressus nel secondo spazio – secondo spazio – seconda linea, clivis nel secondo spazio – seconda linea: si - do – si – si si la1 – sol fa.

1 Neuma 4: Tischler segnala una variante di X che non riscontro.

Tutti e tre i manoscritti riportano la stessa lezione; Tischler, che riscontra un errore comune alla tradizione nel posizionamento della chiave, non apporta modifiche alle note precedenti alla clivis, seppure esse si trovino sullo stesso rigo e le altezze dei suoni siano perciò soggette allo stesso parametro di notazione.

Oltre alle notevoli variazioni che diversificano la seconda strofa di KNX dalla prima, e volendo considerare legittima la correzione apportata da Tischler, almeno per quanto riguarda la melodia questi tre manoscritti, non sarebbe possibile classificare il componimento come una rotrouenge, perché la struttura delle strofe sarebbe: abc|d, e non aab|c

9.

O: rigo 4, neuma 5. Chiave di do su terza linea; plica nel secondo spazio – seconda riga: si (la).

Tutti gli editori trascrivono la plica con due note di uguale valore; solo Tischler la segnala con un trattino che barra il gambo della nota discendente. Gli altri, che non trascrivono la seconda strofa, ma con un segno di ripetizione rimandano alla melodia della prima, incorrono necessariamente in una semplificazione. Infatti le trascrizioni di Davison e di Beck assegnano le note della clivis (si sol) della sillaba rai(-son), cantato nella prima strofa (Cfr. par 3)​, anche alla sillaba chan(-son) della seconda strofa, alla quale, nel manoscritto, è assegnata la plica in questione; Gennrich al contrario assegna ad entrambe le sillabe le note della plica (si la).

10.

O: rigo 7, neumi 3-8. Chiave di do su terza linea; climacus su terza linea – secondo spazio – primo spazio, tratto verticale nel primo spazio, punctus su terza linea, punctus nel terzo spazio, clivis su terza linea – secondo spazio, punctus su seconda linea, climacus nel secondo spazio – seconda linea – primo spazio: do si sol – pausa – do – re – do si – la – si la sol.

É il passaggio più complicato della melodia: seguendo lo schema del III, Gennrich e Tischler assegnano al primo climacus la durata di una longa perfecta, non interrompono la battuta, e vi accorpano l'inizio del verso finale, costituito da due punctus, per terminare regolarmente il piede (con brevis + brevis alterata); segue il nuovo piede: alla clivis è assegnata la durata della longa perfecta, al successivo punctus la brevis, all'ultimo climacus la brevis alterata. I due studiosi applicano quindi regolarmente i criteri già esposti. Davison e Beck, privilegiano invece la regolare pausa alla fine del verso, evidenziata dal tratto verticale – e obliterata dalle edizioni di Tischler e Gennrich come non significativa in ambito ritmico. Fanno coincidere quindi l'inizio del verso con l'inizio della battuta: entrambi conferiscono ai due punctus una durata uguale (Beck: 1/8 + 1/8; Davison: 1/4 + 1/4), e completano la battuta trascrivendo la clivis con due note di uguale lunghezza (1/8 + 1/8). Perché il mot-refrain cada su un «tempo forte», ossia ad inizio battuta, Davison è costretto ad assegnare una durata eccezionale all'ultimo punctus (=2/4) per terminare la battuta con una terzina di crome. Tischler e Gennrich, che come si è visto, si differenziano nella suddivisione adottata e nella gestione dei gruppi neumatici di tre note in prima posizione nel piede, concordano sul finale, nell'attuare una condensazione degli elementi melodici (clivis, punctus e climacus in una sola battuta) che crea una pregevole fioritura sul finale. Il riposo tra un verso e l'altro è la discordanza più apprezzabile tra gli editori, comporta infatti uno scarto nel numero delle battute. Affiorano allora due diverse concezioni strutturali della canzone: una che vede una serie di tre strofe alle quali segue una strofa più breve "dedicata" al mot-refrain, forma che forse rispecchia più fedelmente lo schema metrico testuale; può essere altrimenti intesa come una canzone di due strofe alle quali ne segue una più lunga che termina con il mot-refrain: questa interpretazione rischia di non dare alla cadenza la risonanza di cui necessita per essere recepita, risultando dispersiva all'orecchio. Beck, nel suo studio sullo chansonnier Cangé, mette in risalto l'accuratezza quasi maniacale del notatore, esperto musicista, che difficilmente scrive indicazioni superflue o confuse: anche se complica il quadro metrico della melodia, la pausa che leggiamo e che divide i due versi probabilmente non è semplicemente una svista o un segno convenzionale.

 

[1] Ma non ai neumi in finale di verso, o eccezionalmente alla battuta 22, per ovviare all'ambigua forma ritmica nel finale della cobla.

[2] Necessario tener presente che Tischler scrive in 6/8 e Gennrich in 6/4.